4 - Kicks

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Ray



All'inizio, ce l'ha lei il vantaggio. Mi ha appena lanciato contro una cazzo di molotov.

Stringo i denti, e mi riparo il viso con le mani, mentre un fiore di fuoco esplode davanti a me. Le fiamme divampano alte, in una frazione di secondo. Sento il calore sulla mia pelle esposta.

L'intrusa approfitta del momento per tentare di scappare, ma non andrà lontana. Sono sicuro di saper correre più veloce di lei.

Mi aggrappo a un lembo del velo che ha usato per coprirsi la faccia, ma lei ruota su se stessa, svolgendo il nodo, e riprende a correre, lasciandomi con solo un pezzo di stoffa e la mia frustrazione.

Impreco, e parto all'inseguimento.

È più veloce di quanto mi aspettassi, ma non è solo questo a sorprendermi. È la sua direzione. Non sta andando verso l'uscita, verso il portone. Sta andando verso la forgia.

I miei occhi si spalancano, quando intuisco le sue intenzioni. Deve aver capito che sono uscito da lì, e che ero solo lì dentro. E che ci sono attrezzi pericolosi. Incandescenti.

Merda.

Lo stomaco mi fa ancora male. Corro, per raggiungerla, mentre spero che nessuno noterà le fiamme, e che si spegneranno da sole, presto. Non c'è molto da bruciare, qui attorno. Tuttavia, è probabile che Senan abbia assistito all'intera scena, dalla finestra della biblioteca.

Almeno lui non tenterà di mettermi in imbarazzo davanti a tutti per come mi sono fatto prendere a calci da una ragazza.

Quando arrivo sulla soglia della forgia, mi blocco, e rimango a bocca aperta. L'intrusa ha già messo le mani sul cannello a idrogeno, e me lo sta puntando contro.

Rimango in silenzio, e continuo a guardarla. Cerco timore e paura nei suoi occhi grigioverdi. Cerco un tremore, nelle sue mani. Cerco la pelle d'oca sulla sua carnagione scura.

Non c'è niente di tutto questo. Davanti a me c'è solo una ragazza determinata a fare danni e a rovinarmi la giornata.

Tsk.

«Fammi uscire da qui.»

Pure la sua voce è ferma. Non ha paura di me.

Incrocio le braccia al petto, e mi appoggio allo stipite della porta. Più tempo aspetterò, più sarà probabile che qualcuno noti il piccolo incendio che l'intrusa ha creato. Se la terrò chiusa qui fino a quando arriveranno altri adepti, anche lei capirà che è il caso di arrendersi.

Ma lei non sembra innervosirsi. Si ostina a osservarmi. Tanto che sono io a sentirmi a disagio per primo.

Mi allungo per recuperare la mia maglietta bianca, abbandonata su uno sgabello vicino al tavolo che mi separa dalla ragazza.

Mi osserva anche mentre la indosso. Me ne accorgo non appena i miei occhi spuntano dal buco in cui ho infilato la testa.

Li assottiglio, fulminandola con lo sguardo. Ed è la prima volta che lei batte ciglio.

«Fammi uscire» ripete lei, subito dopo, rafforzando la presa sul cannello a idrogeno.

Sbuffo, quasi divertito. «Non sei nella posizione per darmi ordini. Non sono io, l'ostaggio.»

Ha bisogno di una chiave elettronica per riaprire il cancello dal quale dev'essere entrata, sgattaiolando chissà come mentre veniva aperto. O forse ha scalato le mura, e poi è balzata all'interno? Sono curioso, ma non abbastanza da chiederglielo.

The Darkest ThingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora