44 - Night

111 19 354
                                    

Ray



È il mio cuore.

Non può essere il suo. È il mio cuore, quello che vedo davanti a me, quello che sta morendo tra gli ultimi battiti, quello che sta sanguinando tra quegli artigli sporchi.

Perché mi sento morire.

«Tessa...»

Pulisco il sangue agli angoli della sua bocca. Cancello le lacrime dalle sue guance. Sento il suo ultimo respiro sulle dita.

E chiudo la mano, come a raccogliere quel soffio di vita. Come se potessi afferrare la sua anima, e tenerla al sicuro.

Ma non ce l'ho fatta. Ho fallito. Ho passato la mia vita a tentare di proteggerla, e ho sempre fallito.

La mano nera sgocciola, dissolvendosi. L'impostore è morto. L'oscurità se ne sta andando.

Entra un raggio di sole, dal soffitto della Cattedrale. Illumina il centro della navata, dove Kara è ancora distesa. La luce non ci raggiunge.

Gli occhi di Tessa si chiudono. Io sono l'ultima cosa che ha visto.

Io. Il mio viso sporco di nero e di rosso. I miei occhi pieni solo di odio e di lacrime.

Non si meritava questo. Non si meritava niente di tutto questo. Si meritava di morire felice e serena, vecchia, in un letto caldo, lontano da qui.

Non tra le mie mani fredde. Non davanti ai miei occhi.

Non per colpa di quel bastardo.

La faccio sdraiare, piano, come se potesse ancora provare dolore. Ha smesso di soffrire. Questo è l'unico sollievo, forse. Ma non riesco davvero a provarlo.

Provo solo rabbia, ora.

Uso una Lángkard per sorreggermi, e mi tiro in piedi, barcollando. Quasi inciampo giù per la breve scalinata che precede l'altare.

Tengo gli occhi fissi sul corpo immobile al centro della navata. E cammino. La punta della mia spada striscia accanto a me. Il suono stridulo del cristallo sul marmo mi fa stare male, ma lo ignoro.

Quando raggiungo Kara, lei allunga una mano verso di me. Io noto il suo movimento con la coda dell'occhio, ma non le rivolgo lo sguardo.

Devo solo raggiungere lui.

«Impostore...» sibilo, ora a un passo dal corpo riverso sul terreno. Gli tiro un calcio, per costringere quegli occhi vuoti a ricambiare il mio sguardo. «Impostore!»

La mia spada affonda nel suo petto. Sento le sue ossa rompersi. Voglio ridurle in briciole.

Cado in ginocchio, troppo debole per stare in piedi. Mi accascio sulla Lángkard, aggrappandomi alla guardia con entrambe le mani. Urlo. E lascio scorrere le lacrime.

La mia schiena è una costellazione di ferite brillanti causate dai frammenti della vetrata da cui ho riparato Tessa.

E non è servito a niente. A niente.

Lascio andare la spada, e torno a guardare il viso di Heinrich Woolf. L'impostore.

Grido, mentre i miei pugni deformano la sua faccia. Piango, mentre gli cavo gli occhi con le unghie. Impreco, mentre gli strappo i capelli.

Bestemmio, di nuovo, in questa chiesa distrutta. Perché non posso ucciderlo.

Mi aggrappo di nuovo all'impugnatura della mia spada, incapace di reggermi in piedi, di trattenere le lacrime, di smettere di urlare.

The Darkest ThingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora