47 - Pull

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Kara



La mia spada.

Non riesco a sollevare la mia spada.

I mostri non mi tengono giù. Non c'è davvero un giù. L'oscurità mi comprime in ogni direzione, tanto che le ossa mi fanno male. Sento la mia gabbia toracica sul punto di frantumarsi, il mio sterno incrinarsi.

I mostri sono fisici, qui. Anche se non riesco a vederli, il loro tocco è reale.

Questa è la loro casa. Io sono solo una minuscola preda che ha disturbato il loro riposo. E loro hanno fame di tutto ciò che si trova dentro di me.

Ma sono solo un guscio vuoto, pieno di un liquido rosso anziché nero, caldo anziché freddo. Possono svuotarmi e poi riempirmi, e abitare dentro di me. So che è ciò che vogliono. E non riesco a ribellarmi a loro.

La mia spada.

È l'unica cosa che possiedo che non riusciranno a spezzare.

Il mio Spirito innocente è irraggiungibile, qui. Ho provato a chiamarlo a me, a pensare alla Morte, ma non riesco a evocarlo. Lo sento, ma è distante. Mi sento esausta solo a immaginare la forma di quello scheletro di plastica.

E ormai non riesco più a muovermi. I miei occhi scattano in direzione dei bagliori che si generano di tanto in tanto agli angoli della mia visuale, ma sono sempre più sicura che sia solo uno scherzo della mia mente, o una conseguenza della compressione.

Mi sento come se mi stessero schiacciando gli occhi, come se volessero spingerli all'interno del mio cranio. Vedo delle linee profonde come tagli, anche mentre li tengo chiusi. E da ogni angolo c'è qualcosa che vuole scavare, graffiare, schiacciare.

Il mio stomaco è contorto dalla sensazione che non uscirò viva di qui, mentre tentacoli viscidi si attorcigliano attorno alla mia vita, e stringono.

I miei polmoni sono svuotati dalla voglia di urlare, ora che un liquido gelido scorre giù per la mia gola, e io non riesco nemmeno a sputare.

Il mio cuore è oppresso dal senso di impotenza.

Il calore delle mie lacrime riesce a rassicurarmi e farmi disperare allo stesso tempo. Non c'è nient'altro che posso fare se non piangere.

Sprofondo piano, e mi sembra di cadere non verso il basso, ma dentro me stessa. Come se mi stessi rimpicciolendo. Le orecchie fischiano, la testa mi fa male, mi manca l'aria.

La pressione è insopportabile, come se la gravità mi stesse comprimendo e io fossi sul punto di esplodere.

Poi tutto cambia. Di colpo. Ed è ancora peggio.

Adesso i mostri stanno tirando.

Strattonano da destra e sinistra. Da direzioni che non comprendo, poiché il sopra e il sotto hanno smesso di esistere nel momento in cui la mia testa ha cominciato a girare, prima compressa e ora dilatata.

Si attorcigliano attorno alle mie gambe, risalgono le mie braccia, si aggrappano alla carne lacerando i vestiti strappati, facendomi sanguinare. E tirano. Tirano in ogni direzione.

Anche la gravità di questo posto reagisce allo stesso modo. Forse sono i mostri stessi a crearla.

Ora si stanno concentrando verso quello che forse è il basso, o come minimo è la metà inferiore del mio corpo. Come se togliermi i vestiti non fosse stato abbastanza, e adesso volessero spogliarmi anche della pelle, della carne, delle ossa.

Come se volessero spezzarmi in due.

Come Taylor.

Sento ancora la sua voce, ma è disperata. Non sento più i suoi consigli. Dosare e direzionare la paura? Come? La paura è troppa per essere misurata, ed è ovunque. È inafferrabile, ma è sempre lì. Dentro e fuori di me.

The Darkest ThingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora