45 - Ray of Hope

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Kara



Il sonno di Ray è agitato. Immagino che lo sia sempre, ma questa notte dev'essere peggio del solito. Il suo corpo è scosso da brividi, le sue dita si stringono attorno alle coperte, o a qualcosa che non c'è. Il suo respiro è irregolare. Il suo viso è una maschera di sofferenza.

Non pretendevo di riuscire davvero a dormire. Ma speravo che, svegli o addormentati, saremmo riusciti a essere un po' più sereni.

Stringo la sua mano destra tra le mie. Mi aspetto di vederlo sussultare, svegliarsi bruscamente e chiedermi perché penso di avere il permesso di toccarlo senza preavviso.

Invece lo vedo sbattere le palpebre ripetutamente, e poi deglutire. Ha ancora gli occhi rivolti al soffitto, quando una lacrima scivola lungo la sua guancia destra.

Solo allora sembra accorgersi che la sua mano è intrappolata tra le mie. Non prova a sgusciare fuori da quella prigione. Usa la sinistra per asciugarsi gli occhi, e poi piega la testa verso di me.

«È morta, vero?» sussurra. «Non l'ho sognato.»

Annuisco.

Lui prende un lungo respiro. Vedo il suo petto gonfiarsi, e poi abbassarsi piano, mentre espira dal naso. Osservo la piccola cicatrice che lo percorre da parte a parte.

Lui nota il mio sguardo, e punta i suoi occhi grigi su di me. Non sono solo assonnati. Sono stanchi. Stanchi di combattere, e di perdere.

Mi rivolge il più tenue dei sorrisi. «Cerchiamo di dormire ancora un po'.»

«Sì» sussurro io, anche se la sua non era una domanda.

Mi sistemo una ciocca di capelli che mi solletica la spalla, poi torno a stringere la sua mano.

Lui sospira, e chiude di nuovo gli occhi.

Lo copio, e mi concentro sul suo respiro. Poi sul mio. Identico.

Stringo più forte la mano di Ray, e lo sento ricambiare appena.

Il buio attraverso le mie palpebre è fermo, ora. L'oscurità non si piega, non si deforma. I demoni sono spariti. Non sono qui.

Questo è l'interno della mia testa, e qui sono al sicuro.

Questo è l'interno della mia testa, e qui sono al sicuro

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Non so se ho dormito. So solo che, quando riapro gli occhi, il sole filtra dalla finestra, e Ray non c'è.

La sua tunica nera non è più sulla sedia. Si è alzato ed è uscito.

Quando tento di tirarmi a sedere, scopro che ho più muscoli che mi fanno male di quelli che riesco a contare.

Fa freddo, fuori dalle coperte. Le mie braccia nude si riempiono di pelle d'oca. Mi massaggio il collo e i polsi, ancora dolenti sotto le fasciature. Le caviglie sembrano stare già meglio.

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