Capitolo 12

17 2 0
                                    

LYDIA

Odio camminare sotto il sole. La pelle mi si brucia e il corpo si surriscalda. Per non parlare del sudore, che lascia una fragranza unica.
Cammino, un passo dopo l'altro, e arrivo a casa mia.
La prima persona che vedo, davanti all'entrata sul divano è mia madre.

"Amore mio, come è andata?"

"Beh diciamo più o meno bene."

"Lydia, hai preso un altro brutto voto?" Tipico di mamma, potrebbe essere successo qualsiasi cosa: mi hanno bullizzato, la professoressa mi ha umiliato davanti a tutti, mi sono rotta una spalla a motoria oppure sono arrivati gli alieni e hanno rubato il cibo dalle macchinette. Ma indipendentemente da tutto ciò di catastrofico che potrebbe essere successo, mia madre si preoccuperà solo dei miei voti.

"La professoressa ha voluto interrogarci a sorpresa. Ha interrogato me e Juliette. Io purtroppo ho preso cinque..." Abbasso lo sguardo, non voglio azzardarmi a incrociare gli occhi delusi di mia madre.

"Bene... E Juliette quanto ha preso?"

"Sei meno" non comprenderò mai perché i miei traguardi, belli o brutti, debbano essere sempre paragonati a quelli altrui.

"Sempre un voto più alto di te Lydia! È possibile che non riesci mai a essere costante con lo studio? L'anno scorso mi portavi solo dall'otto in su. Mentre nell' ultimo mese mi porti solo sette, sette e mezzo e sei ... Ed ora pure un cinque!"

"Grazie mamma, sono contenta che sottolinei sempre l'orgoglio che provi nei miei riguardi" penso con un nodo alla gola.
Mia madre non è una persona egoista o cattiva, è una buona madre, solo che pretende sempre il massimo da me. Devo essere la prima della classe, la cugina o nipote più sveglia, la lavoratrice migliore e la figlia perfetta. Un ruolo estremamente complicato, poiché io di perfetto, non rappresento nulla.

"Scusa mamma... Studierò, ho comunque il 6.8 di media adesso, non rischio alcun debito. Cercherò comunque di alzare..."

"Tu DEVI alzare! Perché se inizi ad accontentarti adesso, domani non avrai nulla in mano!" Cala il silenzio, io sono sul margine di una crisi di pianto che sto trattenendo e che probabilmente sfogherò dopo con Charlie e Juliette al telefono quando mia madre uscirà per andare in palestra.

"Ora vai a mangiare... E dopo voglio vederti studiare, non azzardarti ad usare il telefono! Hai il blocco!" come non detto, devo soffocare me stessa con questo nodo alla gola.
Il "blocco" è un programma collegato al telefono di mia madre che l'avverte ogni volta che il mio telefono è acceso. Non abbiamo altri telefoni per casa, il mio sfogo dovrà morire con la mia rabbia.

CHARLIE

Quando torno a casa, dopo una giornata stressante, l' unico mio pensiero è suonare oppure dormire.
Fortunatamente, grazie all' interrogazione di Juliette e Lydia, la professoressa si è dimenticata di assegnare i compiti, perciò mi aspetta un pomeriggio libero senza alcun pensiero o preoccupazione.
Suono al citofono di casa mia

"Fammi indovinare, sei quel coglione del mio fratellastro?" Questa è Sarah, la mia sorellastra.

"Vaffanculo Sarah, aprimi."
Sarah è una ragazza estremamente aggressiva e arrogante, ma dietro questa sua armatura da scorbutica si nasconde un gran cuore caldo che ho scoperto essere il cuore di mia sorella.
Quando infatti, ho passato i miei periodi bui, di giorno mi sfogavo con Juliette e Lydia che mi ascoltavano e mi consigliavano tutte le soluzioni possibili ed immaginabili da afferrare per risolvere i miei problemi. Durante la sera invece, mi ritrovavo a piangere sul cuscino e a strozzare le urla con la mano, e l' unica anima ad essermi stata vicino è Sarah, che mi accarezzava il volto, asciugandomi le lacrime e dandomi ogni tipo di rassicurazione.
Salgo i gradini due a due, prima finisco le scale, prima arrivo sul mio comodo letto.
Mi sdraio ed indosso le cuffiette.
Dopo pochi minuti dal mio arrivo, ricordo a me stesso che non ho mangiato e che effettivamente devo cibarmi se voglio sopravvivere in questo mondo.
Apro il frigo e l' unica cosa invitante che trovo è una fetta di torta al cioccolato con la panna.
Le torte della nonna sono imbattibili.
Mangio con gusto, d'altronde dopo nove ore di scuola, alle 18.00 del pomeriggio, mi meritavo una merenda gustosa e prelibata come questa.
Come sempre, appena finisco di mangiare, lavo i piatti ascoltando la musica a tutto volume, fino a non sentire neanche un rumore dell'ambiente che mi circonda.
Lavo "appassionatamente" , alternando un lavaggio ad un passo di danza improvvisato, ma quando meno me lo aspetto, una sensazione si calore e dolore mi invade la schiena... Qualcuno mi ha tirato uno schiaffo.
Le cuffie cadono all' interno dell'acqua, ormai saranno rotte, ma la mia ira sta crescendo costantemente.
Mi volto verso la persona che ha provocato questo danno, e quella rabbia iniziale che stava crescendo, inizia ad accelerare quando vedo il provocatore: mio padre.

"Brutto stronzo sto parlando con te! Hai mangiato tu l' ultima fetta di torta che mi ero salvato?!" Mi devo trattenere, la mia sorellastra ha solo quattordici anni e non voglio che assista ad una rissa tra me e nostro padre.

"Scusa, avevo le cuffie. Si, ho mangiato io quella fetta, non credevo fosse tua. Te la ripago, se questo ti rincuora." Affermò con tono deciso e scazzato.
Ma nel sentire la mia mezza provocazione, mio padre non manca di colpirmi con un ulteriore schiaffo in pieno viso, quasi ribaltandomi. Mi afferra per i capelli e avvicina il mio volto al suo.

"Figlio di puttana vedi di non provocarmi! Perché sennò ti faccio uscire il sangue dal naso!" Sento il suo alito che brucia nelle mie narici: ha bevuto alcool. È ubriaco.
I miei occhi però si concentrano su Sarah, che al momento sta osservando la scena con gli occhi lucidi, di nascosto, dietro la porta...

Io e Sarah siamo rinchiusi in camera, cercando di giocare a monopoli, anche se come banca lei è un po incapace, e giocare in due è assolutamente difficile, ma d'altronde non abbiamo altro. Mia sorella è piccola, per questo non sa il significato di alcune parole: tasse, vendite, investimenti e così via. Ma io ho tutta la pazienza del mondo per spiegarglielo.

"Questo è il cane, lo vedi? Bau bau!" Fingo di abbaiare, avvicinando il piccolo cagnolino sul suo viso, per farla divertire.

"E se mi mordesse?" Domanda mia sorella, con tono innocente.

"Non lo permetterei, tata." Rispondo. Al nomignolo "tata", Sarah allarga la bocca in un enorme sorriso. Ama quando la chiamo così, molte volte mi ha rivelato che questo semplice nomignolo la fa sentire amata e coccolata. E se per renderla felice, basta dire "Tata" allora lo ripeterei all'infinito.
Iniziamo a giocare, ma prima, sono costretto a rispiegare le stesse regole per la settima volta in una serata.
Lanciamo il dado, e diamo inizio alla sfida. L' attenzione era minima, poiché non ero concentrato a vincere, ma a far vincere Sarah, perciò l'impegno era di basso livello, ma ad un certo punto sento dei rumori venire dal piano sotto: papà è tornato dal pub.

"Dove siete brutti marmocchi!?" Domanda quel mostro. Sarah mi guarda spaventata, poiché nonostante mio padre non si sia mai permesso di sfiorare mia sorella, lei sa ciò che succede quando quell'uomo ha il mio corpo tra le sue mani.
Sarah inizia a tremare dalla paura.

"Charlie...Per favore... Non andare, non voglio. Per piacere... Ci vado io" Inizia ad insistere. Mi avvicino abbracciandola, poiché sono costretto ad andare nonostante le sue implorazioni. Se quell'uomo non sfogherà la sua ira su di me, potrebbe attaccare entrambi, sfiorando anche Sarah, e questo non lo permetterei per nulla al mondo.
Una volta rinchiusa tra le mie braccia, la rassicuro dandole dei teneri baci sulla testa.

"Tata, torno subito ok? Vado a preparare soltanto una camomilla a papà. Tu intanto fai questo..." mi stacco, afferrando le cuffie e l'MP3. Gliele appoggio sulle orecchie.

"Adesso, metto la tua canzone preferita. Il tuo compito è quello di cantarla a squarciagola da questa stanza. Così posso sentirti anche dal piano inferiore, e potrò cantarla con te, va bene?"

"Mh-mh" mi afferma, con il broncio.

"Vado tata, ci vediamo tra qualche minuto." La saluto, dandole un bacio profondo sulla fronte. Sento che i passi di papà, stanno per raggiungerci. Devo muovermi. Metto play sulla canzone, alzo il volume, ed esco da quella stanza...

Ordino a me stesso di mantenere la calma e di lasciarmi sottomettere da questa umiliazione. "Pochi minuti e poi potrai uscire da questa casa." Questo è ciò che riesco a pensare, in maniera lucida al momento.

Un amico immaginarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora