Capitolo 29

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JACOB

Linda chiude la porta, lasciando me e Lydia soli.

"Scusami se non ti ho scritto, ma fra una cosa e l'altra me ne sono completamente dimenticata."

"Fa niente, figurati. Come mai qui?"

"Per passarti i compiti e gli appunti presi a lezione."

"Non potevi mandarmi una foto?"

"Potevo, ma così posso sfuggire per qualche minuto da mia madre."

"Va bene, basta che non ti prendi l'abitudine eh!" provoco.

"Sbaglio o eri tu quello che ha corso le scale per farmi entrare in casa?" Mi risponde, passandomi davanti con aria soddisfatta. Inutile, con Lydia non vincerò mai uno scontro.
Saliamo le scale, dirigendoci in camera mia. Mi butto sul letto, mentre lei si siede sulla mia scrivania.

"Allora, sei veramente malato o fai finta? Dimmi un po'." mi domanda, nel mentre che è indaffarata nel trovare qualcosa all'interno della borsa.

"Guarda che ieri sera ero salito fino a 38.7! Avevo un mal di testa che non ti dico."

"Poverino! Vuoi il bacino per la bua?"

"Mi vuoi baciare?" vediamo se è capace di rispondermi adesso.

"No grazie, sei occupato con Juliette." Cazzo. Mi sono dimenticato di scriverle la buonanotte ieri, e di chiamarla questa mattina. Devo assolutamente rimediare.

"Cazzo è vero, non le ho scritto, grazie Lydia che me l'hai ricordato, sei una grande amica."

"Bah...Figurati."

Afferro il telefono, ma appena lo accendo, rivedo la schermata che avevo lasciato, nonché l'homepage della scuola. Aggiorno accidentalmente nel tentativo di uscire dal sito, ma prima di togliere la schermata, una foto sorprendente mi colpisce: Juliette, appoggiata sulle spalle di Charlie, come se fosse un sacco di farina. Faccio uno zoom sul suo viso, ed osservo, vedendo un divertimento, ed un sorriso su di lei, che con me non ha mai mostrato. Mi chiedo se vale la pena provarci.

"Hey? Ti sei incantato guardando una tua foto oppure sei nel mondo delle favole?" fortunatamente Lydia mi interrompe dalle mie paranoie, riportandomi alla realtà.

"Secondo te cosa dovrei fare con Juliette? Tu la conosci molto meglio di me... Come posso migliorare?"

LYDIA

"Secondo te cosa dovrei fare con Juliette? Tu la conosci molto meglio di me... Come posso migliorare?" mi domanda Jacob, con tanta tristezza nel suo volto. Come se fosse stato ferito.
Sinceramente, non sono più entusiasta all'idea di vedere assieme Juliette e Jacob. Ho un leggero timore che uno dei due mi possa abbandonare per l'altro. Ma anche se questa mia paranoia mi annebbia la logica che ho sempre avuto, decido di fare piazza pulita e fissarmi su un singolo obiettivo che mi porto avanti da molti anni: rendere felice le persone a cui voglio bene.

"Allora...Potreste fare un uscita molto più semplice. Come primo appuntamento, portarla al ristorante era oggettivamente troppo. Sii onesto, falla ridere, non essere noioso. Dovrebbe riuscirti facile." consiglio.

"È per caso un complimento l'ultima frase?" mi chiede con un leggero sorriso abbinato all'aria altezzosa che solo un vero egocentrico può avere.

"Guarda che quando parlo, dico anche delle verità. Non sono così dura dai!"

"Mhh facciamo che questa volta ti credo."

Rifocalizzo il mio sguardo nella mia borsa, riportando il punto a dove ci eravamo fermati, dicendo finalmente i compiti che dovevo consegnargli.

CHARLIE

Juliette mi stringe forte la vita, in modo tale da non sfuggirmi dalla moto. Questione di pochi minuti, e siamo già arrivati all'ospedale.
Juliette toglie il casco velocemente, precipitandosi all'entrata dell'ospedale. La inseguo, standole un passo dietro, per non farla sentire invasa dalla mia presenza.

"Buongiorno, scusi, sono Juliette Marzi, sono venuta qui con un amico. Avevo chiamato per chiedere informazioni su Melissa Cravi, e mi avevano comunicato che potevo venire a trovarla quando volevo. Potrebbe gentilmente guidarmi da lei?" Sentire il tono di voce tremante di Juliette, mi fa venire voglia di abbracciarla e calmarla in qualche modo, per farle sentire che io sono qui. Con lei. Sempre.

"Guardi signorina, la signora Cravi può essere visitata solo da parenti stretti. Leggo dalle carte che lei è sua figlia. Perciò se vuole può entrare nella stanza, mentre il suo amico può aspettare nella sala principale."

"La ringrazio."

Juliette accelera il passo, sembra quasi correre. Vorrei prenderla per un braccio e chiederle se è effettivamente pronta per guardare sua madre in quelle terribili condizioni, ma non voglio allontanarla. Non so come, ma oggi ha trovato il coraggio di affrontare questa situazione, ed io non voglio toglierglielo.
Mi fermo, prendendo posto su una piccola sedia vicino ai bagni. Probabilmente ha sentito che mi sono fermato, per questo si gira verso di me, con uno sguardo implorante, che mi chiede aiuto.
Non mi avvicino e non mi alzo, perché se mi alzassi l'abbraccerei e la porterei via con me, perciò mi limito a sussurarle "Vai tranquilla, sono qui, io non me ne vado."

Fatto un profondo sospiro, Juliette entra nella stanza, chiudendo la porta.

JULIETTE

La stanza è poco illuminata, l'unico spiraglio di luce è provocato da una lampadina posizionata al centro della stanza, sopra una barella, coperta da una tenda.

"Juliette... Non sei costretta a farlo." Questo è Mason.
Mi giro con gli occhi lucidi, e il corpo leggermente tremante.

"Devo farlo, deve sapere, che non l'ho abbandonata..." dico, con un nodo alla gola talmente stretto da soffocarmi.
Mason si avvicina con passo lento verso di me, prende il mio volto tra le mani con molta fatica, e posiziona le sue labbra sulla mia fronte, sussurandomi "Sei molto forte July..." separa le labbra dalla mia fronte, osservandomi le pupille ed ispezionandole, probabilmente gli angeli vedono cose che noi esseri umani non possiamo neanche sognare.

"Ora vai... Vai da lei." E così, Mason sparì dalla mia vista.
Mi giro verso la tenda, stringo i pugni e mi mordo la lingua. Devo riuscirci. Per mia madre.
Afferro la tenda e la sposto completamente, chiedendomi amaramente, se merito di vivere tutto questo. Un corpo bianco, e stato macchiato da lividi, sangue, cicatrici e segni di ago e filo. Il volto ha un occhio nero, ed una sopracciglia e stata completamente rasata a causa dei punti.
Una maschera è stata appoggiata sul volto di mia madre, per permetterle di respirare.

"Ma-mamma che t-ti è suc-successo!" Dico tra un singhiozzo ed un altro.
Le mie ginocchia cadono, facendomi appoggiare la testa sul materasso, vicino alla mano di mia madre.

"Perché...Per-che proprio a te!'

"Juliette..." sento Mason dietro di me. È ritornato.

"Juliette so che è difficile, ma lei ti sente e non vorrebbe sentire questo..."

"E cosa dovrei fare?!" Dico alzando i toni.

"Parlare come se fosse tutto normale..."

"Ma nulla è normale!"

"Juliette... Fammi spieg-"

"Vattene per favore!" È Mason, sparì di nuovo.

Un amico immaginarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora