8. Patto col diavolo

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Theo era di cattivo umore

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Theo era di cattivo umore. Già dalla mattina si era sentito nervoso ed era peggiorato via via che si avvicinavano al momento della partita. Lo agitava la comparsa di Deva nella sua vita, che continuava a dirgli quello che doveva o non doveva fare. Bellissima e stronza, che lo trattava come se fosse un ragazzino viziato. Lei non era nessuno per dirgli come comportarsi, però sapeva che aveva ragione e questa consapevolezza creava un conflitto dentro di lui.

La partita era andata male. La squadra se l'era cavata alla fine, ma lui aveva giocato malissimo. Se ne rendeva conto e se ne rammaricava. Una stanchezza infinita gli piombò addosso, tanto che gli risultava difficile anche camminare per uscire dallo spogliatoio. Sentiva di avere bisogno di una dormita di dodici ore consecutive.

Salutò i compagni e si diresse nei parcheggi. Evitò il mister, ci avrebbe pensato il giorno dopo ad analizzare quello che non era andato. Intercettò Rico poco prima di uscire, aveva un'aria allegra e quello sguardo che preannunciava guai.

«Ohi, che facciamo? Seratina in disco?»

Theo sospirò fiacco. «Non lo so, Rico...»

«Hermano non mi puoi dire di no. Abbiamo il tavolo prenotato, facciamo in tempo a mangiare qualcosa prima che inizi lo spettacolo. Ci sono delle ballerine che...» fece un gesto con le mani, alludendo alle loro forme, e ammiccò. «Le ho viste oggi quando sono arrivate.»

Theo sorrise. Rico si stava riferendo al locale di un loro amico, dove nel fine settimana, in tarda serata, c'erano sempre degli spettacoli, soprattutto di ballo. Loro ci andavano spesso, Rico adorava quel genere di spettacoli. Si lasciò contagiare dall'entusiasmo dell'amico. In effetti aveva proprio bisogno di una seratina in disco, era quello che ci voleva per eliminare il cattivo umore.

«Non facciamo tardi, però.»

Rico accelerò il passo verso la macchina. Theo rimase indietro, camminando lentamente per via dei muscoli contratti. Aveva bisogno di un massaggio. Oltrepassò un paio di persone camminando a testa bassa, controllando le decine di notifiche sul telefono.

«Soddisfatto della prestazione di stasera?»

Theo si voltò verso quella voce, bloccandosi sul posto. Appoggiata al fianco di una macchina nera, braccia e gambe incrociate, c'era Deva. L'aveva vista, prima, in tribuna, accanto a Gianfederico. Sapeva che era lì per lui, per osservarlo. Sapeva di aver fatto schifo. Ora lo guardava con uno sguardo canzonatorio.

Si avvicinò sorridendo. «Guarda un po' chi c'è.»

La tentazione di infilare la mano tra i suoi capelli e baciarla di nuovo era forte. Sin dalla mattina si era imposto di non pensare più al loro bacio nel tentativo di concentrarsi solo sulla partita e fare bella figura davanti a lei. Aveva fatto una figura pessima. Sperava di non incontrarla, lei lo costringeva a fare i conti con sé stesso e Theo in quel momento non ne aveva proprio voglia.

Rico si era accorto che Theo non lo seguiva e li raggiunse. «Ciao Deva.»

Lei sorrise al suo amico, più dolce rispetto a come si stava rivolgendo a lui. «Ciao Rico.» Si scostò dalla macchina e poggiò una mano sulla maniglia, indicando con un cenno del capo il lato del passeggero. «Sali in macchina, Theo.»

Indelebile [Theo Hernandez]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora