16. Quattro settimane

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Non guardare nella direzione di Deva per conservare un briciolo di lucidità, stava costando caro a Theo

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Non guardare nella direzione di Deva per conservare un briciolo di lucidità, stava costando caro a Theo. Sentiva nelle fibre una calda agitazione dopo quello che era successo nel camerino.

Non se lo aspettava e questo aveva reso tutto ancora più eccitante. Si era dovuto liberare troppo in fretta del profumo di lei dalle dita. Troppo in fretta aveva dovuto costringere il suo corpo a raffreddarsi senza aver avuto il giusto sfogo. Smaniava dalla voglia di finire quello stupido servizio fotografico e correre a casa, rinchiudersi in camera con Deva e non uscirne più fino al giorno dopo.

Deva era lì, dietro le macchine fotografiche e tutto lo scenario che era stato allestito. Theo percepiva il suo sguardo addosso ma non osava guardarla. Se avesse incrociato i suoi occhi per un istante soltanto avrebbe mandato a puttane per sempre la sua dignità. Eppure, le immagini di tutto quello che avrebbe voluto farle gli vorticavano nella mente insieme al suono dei suoi gemiti e a quel sì, pronunciato mentre lui le diceva che voleva farla sua, arrendevole, bagnato come la sua intimità.

Theo voleva che lo supplicasse di scoparla. Dopo tutti quei giorni passati a elemosinare briciole di attenzione da parte sua, ora voleva essere lui ad avere il pieno controllo della situazione. Quel sentimento si stava radicando in lui minuto dopo minuto, fino ad arrivare al punto in cui prese la decisione di non chiedere a Deva di seguirlo a casa.

Ora che aveva visto che anche lei lo desiderava, forse quasi quanto lui desiderava lei, si sentiva più sereno. Si ricordò, inoltre, che aveva promesso a Rico di trascorrere la serata con lui. Non sarebbe stato un problema dare buca all'amico, avrebbe sicuramente capito, ma Theo voleva che Deva si struggesse per lui, che fosse lei a chiedergli di vedersi. Voleva farle raggiungere il limite, quello in cui sarebbero cadute tutte le inibizioni e lei sarebbe stata pronta per lui.

Dopo due ore di scatti, pose e fantasie, Theo si rimise una maglietta addosso e si avvicinò al computer dove stavano controllando le foto.

«Sono tutte bellissime» diceva il grafico, mentre sul monitor facevano scorrere le immagini. Erano carine, gli piacevano soprattutto i contrasti di colore e i giochi di luci e ombre che avevano creato.

«Guarda questa.» Il fotografò si fermò su uno scatto in cui Theo aveva lo sguardo rivolto alla camera, il busto leggermente ruotato verso sinistra. Si vedevano i suoi muscoli e un accenno dei tatuaggi sulla schiena, nella mano destra teneva bene in evidenza la boccetta di profumo che stavano pubblicizzando.

«Perfetta» rispose il grafico. «La vedo già su tutti i cartelloni pubblicitari.»

«È molto bella» disse Deva.

Theo si voltò a guardarla e i loro sguardi si intrecciarono qualche secondo. Lei gli sorrise. Theo sentì lo stomaco fare le capriole e il sangue colare come lava fino alle parti basse.

«È bella la foto o sono bello io?» chiese, ad alta voce ma rivolto solo a lei.

Tutti quelli attorno al tavolo risero. I loro occhi rimasero uniti un altro istante, poi Theo vide Deva distogliere lo sguardo e scuotere la testa sorridendo. La vide mordicchiarsi il labbro, probabilmente ricordando come lui l'aveva toccata. Theo stava pensando proprio a quello, alle sue dita piene degli umori di Deva.

Indelebile [Theo Hernandez]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora