25. Notte perversa a Madrid

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Quando il minivan sul quale viaggiavano Theo, Rico e Rafa si fermò davanti al locale nel quale avrebbero passato la serata, Theo fu il primo a scendere

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Quando il minivan sul quale viaggiavano Theo, Rico e Rafa si fermò davanti al locale nel quale avrebbero passato la serata, Theo fu il primo a scendere.

Si guardò intorno in cerca di Deva. Le aveva mandato un messaggio col nome del locale appena atterrato a Madrid e dieci minuti prima lei gli aveva scritto di essere arrivata. Davanti all'ingresso c'era una lunga fila di persone. Il freddo della sera faceva condensare il loro fiato in una sottile nube sopra le loro teste. Qualche metro più in là, Deva stava ferma vicino al muro e di tanto in tanto gettava occhiate qua e là, aspettando di vederlo.

Rico e Rafa scesero ridendo per qualcosa che Theo ignorava in quel momento. Si mosse verso Deva, con i due amici che lo seguivano e chiacchieravano a voce molto alta, soprattutto Rico. Prima di arrivare al locale erano stati a cenare e avevano bevuto un po'.

Riconoscendoli, Deva andò loro incontro con un sorriso che sembrava illuminare tutta la strada. Theo fu il primo ad abbracciarla, la strinse forte, lasciandola andare subito, sfiorando la sua guancia arrossata dal freddo con le labbra. Rimase a guardarla mentre salutava gli altri due.

«Come è andata la partita, ragazzi? Non ho avuto modo di vederla» si informò Deva, mentre entravano saltando tutta la fila.

«Abbiamo pareggiato. Brutta partita» rispose mesto Rafa.

«Sì, brutta partita. Erano molto chiusi, non riuscivamo a trovare gli spazi» gli fece eco Theo.

Deva scambiò uno sguardo con lui. Di sicuro voleva chiedergli se la sua era stata una buona partita, ma Theo in quel momento voleva solo baciarla. La musica alta li investì, insieme al calore quasi soffocante, quando Rico aprì la porta che separava lo stretto corridoio di ingresso dalla grande sala che avrebbe ospitato il concerto.

Molti ragazzi giravano, bevevano e ondeggiavano al ritmo della musica che veniva sparata dalle casse in attesa del concerto, ma il locale non era ancora pieno. Theo poggiò la mano sulla schiena di Deva e la guidò verso il lato della sala, dove c'erano delle scalette che portavano al piano rialzato su cui erano disposti dei tavoli, uno dei quali era stato riservato a loro. Il tizio addetto alla sicurezza li lasciò passare dopo aver salutato Rico con una stretta di mano e una pacca sulla spalla. Al tavolo c'era già León, un loro amico di Madrid. Stava chiacchierando con quelli del tavolo vicino e quando li vide si alzò in piedi e abbracciò forte Theo e Rico.

«Finalmente» disse León, squadrando Theo che non vedeva da tanto tempo e tastando più volte le spalle e le braccia per valutarne la massa. «Ti trovo in forma.»

Theo non poté fare a meno di notare che Deva si era soffermata a guardare León. Non traspariva nulla dal suo viso, lo guardava e basta, ma non gli risultava difficile immaginare cosa potesse passarle per la testa. León era un bellissimo ragazzo. Alto quanto Theo, carnagione olivastra, capelli scuri e occhi verdi, e un fisico modellato da ore e ore di palestra. La maglietta nera che indossava in quel momento sembrava sul punto di esplodere sui bicipiti. Si scostò dall'amico e fece un gesto con la mano, a indicare Deva e Leao.

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