Theo Hernandez viveva fuori città, in una villa immersa nel verde circondata da pesanti inferriate scure. Deva fu stupita quando suonò al citofono fuori dal cancello e le fu subito aperto, senza che nessuno le domandasse chi fosse. Forse il ragazzo era stato avvertito del suo arrivo.
Parcheggiò nel parcheggio esterno, accanto ad una Lamborghini arancione fiammante. La strada proseguiva verso un garage sotterraneo e al lato destro il prato verde si estendeva fino alla porta di ingresso. Piccole pietre giallo pallido delimitavano il vialetto, con cespugli dai quali spuntavano allegri fiorellini colorati. Deva si destreggiò tra le pietre, attenta a non inciampare. A casa sua aveva raccolto in fretta qualche vestito ma non si era cambiata e indossava ancora i tacchi a spillo.
Suonò al campanello.
Un ragazzo ricciolino, moro e con addosso solo una maglietta e un paio di mutande aprì la porta e la guardò, spalancando gli occhi.
‹‹Che visione. Cerchi qualcuno? Forse proprio me.››
Aveva un accento spagnolo, i capelli neri come l'inchiostro apparivano un groviglio di ricci e gli occhi castani, attorniati da ciglia folte, erano arrossati e gonfi. Doveva essersi appena svegliato. Deva ebbe timore di essere finita nella casa sbagliata.
‹‹È casa di Theo Hernandez?››
Il ragazzo annuì. Non smetteva di fissarla, le sopracciglia alzate e un sorriso da ebete.
‹‹Ti ha chiamato lui? Prego, entra.››
Deva lo scrutò un attimo prima di entrare. Doveva trattarsi di un amico di Theo, probabilmente uno che viveva in pianta stabile con lui. I calciatori giovani quando cambiavano nazione di solito si circondavano di amici per non sentire troppo la mancanza di casa. Questo poteva rappresentare un problema, in alcuni casi. Poteva essere una distrazione per gli atleti. Ne aveva visti parecchi perdersi per mancanza di amici, ma ne aveva visti altrettanti fallire per le amicizie sbagliate.
‹‹Theo Hernandez? Theo?›› chiamò Deva ad alta voce, muovendo alcuni passi nel salone.
Grande come un appartamento, era circondato da vetrate su due lati. Le tende erano ancora tutte tirate nonostante fosse quasi mezzogiorno e sul divano c'erano un ragazzo e una ragazza seminudi avvinghiati. La ragazza sollevò la testa e le lanciò un'occhiata ostile, innervosita per essere stata svegliata. Uno stretto corridoio, illuminato da una serie di aperture nel soffitto che facevano filtrare il sole, portava alle altre stanze.
Nel salone aleggiava un odore di erba, mischiato all'alcool e all'odore di corpi che si erano divertiti parecchio. A giudicare da quello che stava vedendo, gli amici di Theo erano un problema.
‹‹Theo?›› chiamò di nuovo. Non voleva essere costretta ad invadere la sua privacy e cercarlo in tutta la casa.
‹‹Che c'è? Chi è che mi sta chiamando?››
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Indelebile [Theo Hernandez]
FanficDeva ha sempre saputo che sarebbe diventata un procuratore sportivo ed ora, a trentatré anni, convive ogni giorno con le difficoltà che comporta essere donna e lavorare in un ambiente prettamente maschile. Ma ama quello che fa e, anche se non viene...