Per quanto si sforzasse di respirare in maniera regolare Deva non riusciva a fermare il tremito che avvertiva nelle mani e nelle gambe. Era difficile guidare in quelle condizioni, con i nervi tesissimi e le lacrime che le offuscavano la vista. Non riusciva ancora a processare quello che era successo, sentiva solo un gran dolore al cuore, che era quello che l'aveva fatta scoppiare a piangere appena entrata in macchina. E aveva paura che Vincenzo potesse inseguirla, per questo procedeva spedita verso casa, pulendosi di continuo gli occhi appannati: era quella l'unica forza che la teneva ancora in piedi.
Una volta al sicuro nel parcheggio sotterraneo del suo palazzo, tirò fuori il cellulare e chiamò sua sorella, sperando che fosse in casa. Tirò su col naso e gettò un rapido sguardo tutt'intorno.
«Ehi, ciao.» Amara rispose con voce squillante.
«Amara, sei a casa?»
«Sì, perché? È successo qualcosa? Ti sento strana.»
Deva tirò un sospiro di sollievo. Quella sera non sarebbe riuscita a stare da sola e in più sapeva di doverne parlare con qualcuno, anche se la testa stava già prendendo strade diverse, rifiutandosi di rivivere quello che era accaduto nella camera d'albergo.
«Posso dormire da te?»
«Certo. Deva, che succede?» Il tono di voce si fece più preoccupato.
«Sto salendo» tagliò corto lei.
Uscì dall'auto con le gambe che faticavano a reggerla. Tremava. Un tremito che non riusciva a calmare in nessun modo. Era stata sul punto di essere violentata. Aveva quasi ucciso un uomo. E Theo... scoppiò a piangere di nuovo. Quando sua sorella aprì la porta la trovò intenta a passarsi un fazzoletto sul viso. Il sorriso le morì sulle labbra, la prese per le braccia e la portò dentro.
«Ohi, che c'è? Stai piangendo.» Le accarezzò la schiena. Deva prese un respiro tremante e si schiarì la gola. «Ti prego, non mi dire che c'entra Theo» aggiunse Amara, provocandole una nuova crisi di pianto. Deva le gettò le braccia al collo, Amara la strinse. «Che succede? Deva, dimmi qualcosa per favore, mi stai facendo spaventare.»
Deva si strofinò di nuovo il viso, Amara la accompagnò verso il divano e la fece sedere. Non sapeva da dove cominciare, non sapeva come raccontarglielo. Ingoiò la saliva impastata. «Ero al Domus Duomo...» cominciò. Prese un respiro. «Ho incontrato un ragazzo per lavoro, stavamo prendendo accordi su suo fratello. Stava andando tutto bene, ma poi...» strinse le labbra e chiuse gli occhi, cercando di scacciare via le lacrime e la sensazione di disgusto. «Mi ha quasi violentata.»
Accanto a lei, Amara si paralizzò. «Deva...» La avvolse in un abbraccio forte, le accarezzò la schiena. «Ci sono io adesso, stai tranquilla.» Poi le prese il viso tra le mani e accennò un sorriso. Aveva gli occhi lucidi. La baciò sulla guancia. «Vado a prenderti un pigiama.»
Deva annuì. Si sentiva un pochino meglio, aveva anche quasi smesso di tremare. Si chiese se non dovesse fare qualcosa, come parlarne con le forze dell'ordine. Gli aveva spaccato la testa, Vincenzo avrebbe potuto denunciarla. Doveva farlo prima lei, ora che sul suo corpo erano ancora visibili i segni dell'aggressione subita: i polsi arrossati, il suo stato di shock. Quando Amara tornò alzò gli occhi su di lei.
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Indelebile [Theo Hernandez]
FanfictionDeva ha sempre saputo che sarebbe diventata un procuratore sportivo ed ora, a trentatré anni, convive ogni giorno con le difficoltà che comporta essere donna e lavorare in un ambiente prettamente maschile. Ma ama quello che fa e, anche se non viene...