24. I padroni della notte

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Deva uscì dalla doccia e corse, lasciando dietro di sé una scia di vapore e goccioline d'acqua sul pavimento, in cerca del cellulare che stava squillando

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Deva uscì dalla doccia e corse, lasciando dietro di sé una scia di vapore e goccioline d'acqua sul pavimento, in cerca del cellulare che stava squillando. Gli occhi le si illuminarono quando lesse il suo nome.

«Theo?»

«Ehi, Deva, sei a casa?»

Non si aspettava una sua telefonata, né tantomeno quella domanda. Forse aveva deciso di andare da lei così all'improvviso. La scarica di desiderio che sentì tra le gambe a quel pensiero la costrinse a stringere le gambe.

«Sì, perché?»

«Puoi scendere davanti al portone? Devo darti una cosa.»

Ah, non voleva andare da lei per fare sesso, voleva solo darle qualcosa. Deva ci pensò un istante, ragionando per allontanare la delusione. «Va bene, ma non fermarti davanti al portone, vieni nei garage.» Il suo era un condominio abitato da gente famosa, molto spesso c'erano paparazzi che sorvegliavano il portone d'ingresso in cerca di scoop. Meglio non farsi fotografare insieme a Theo.

«Ok. Arrivo tra una decina di minuti» rispose lui.

Deva tornò in fretta in bagno, finì di asciugarsi, pettinò i capelli e infilò una tuta.

Dalla sera della telefonata Theo sembrava non avere più quell'urgenza, quella smania di fare sesso con lei in ogni momento. Il giorno dopo si era presentato alla cena con il suo sorriso più bello e si era limitato a guardarla e ascoltarla. Niente battutine a sfondo sessuale, nessun tentativo di approccio fisico. Eppure era tutto nei suoi occhi il desiderio che nutriva per lei. Lo teneva lì e glielo trasmetteva ogni volta che la guardava.

E la guardava sempre, i suoi occhi non la lasciavano mai. E sembrava che la volesse in maniere diversa, come se stesse dando seguito alle parole che le aveva detto al telefono, parole che in quel momento si spogliavano della leggerezza con la quale lei credeva fossero state pronunciate e cominciavano a brillare di verità.

Theo si stava innamorando di lei veramente. Al telefono lo aveva bloccato perché non voleva sentire qualcosa che aveva bisogno di sentire. Aveva paura di crederci davvero e aveva paura che lui lo dicesse con superficialità. D'altronde le aveva appena detto con altrettanta superficialità che era stato a letto con una tipa conosciuta quella stessa sera; Theo era un ragazzino e come tale si comportava. Ma più i suoi occhi indugiavano su di lei, più Deva sentiva.

Comunque, non avevano resistito a lungo. Era bastato che Theo si alzasse da tavola per aiutarla con i piatti e le loro mani si sfiorassero accidentalmente per far esplodere come una bomba tutta la voglia che avevano trattenuto fino a quel momento. Theo l'aveva guardata come in cerca del permesso di baciarla, e una volta calatosi sulla sua bocca non si era fermato più. Avevano passato il resto della serata in camera da letto, Deva che studiava le clausole del contratto di Theo e Theo che mangiava la cena disteso nudo ai suoi piedi e di tanto in tanto la imboccava.

Indelebile [Theo Hernandez]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora