Theo era pensieroso. Nella macchina la musica era sparata a tutto volume, l'aveva alzata per poter concentrare i suoi pensieri, per metterli in ordine, per creare una barriera tra lui e Fatima che gli sedeva accanto.
Era stato uno sbaglio portarla con sé. Si era fatto ingolosire dalla possibilità di far vedere a Deva che a lui non importava niente se lei aveva deciso di sbattergli la porta in faccia, che non era rimasto a struggersi per lei nemmeno un giorno. Voleva gonfiare il suo ego. Ma aveva finito per rincorrerla non appena l'aveva vista piangere.
Si era comportato da stronzo e non se ne pentiva, Deva aveva fatto altrettanto con lui, l'aveva solo ripagata con la stessa moneta. Però era rimasto spiazzato dalla sua reazione. Deva ci era rimasta male e non aveva fatto niente per nasconderlo, aveva guardato lui e Fatima col dolore che si incuneava nei suoi lineamenti, senza mai distogliere lo sguardo. Forse quello era stato l'unico momento in cui aveva capito la reale portata dei sentimenti di Deva nei suoi confronti. E Theo l'aveva odiata con tutto sé stesso, perché lei aveva scelto di far soffrire entrambi invece di essere felici insieme. Aveva scelto una vita che neanche la ripagava dei sacrifici che faceva.
Quando l'aveva raggiunta, poiché vederla piangere era stato troppo per il suo cuore, Theo era nel pieno di una crisi: aveva giurato che non l'avrebbe mai più cercata, ma in quel momento avrebbe voluto soltanto stringerla e dirle che sarebbe andato tutto bene, che lui c'era e non l'avrebbe lasciata sola. Non sopportava di vedere quegli occhi lucidi, quelle guance bagnate e quel viso triste. Perché Deva si maltrattava in quel modo? Per un istante, un solo istante, Theo aveva visto nei suoi occhi un lampo di consapevolezza e aveva avuto la certezza che Deva stesse per dirgli che voleva stare con lui.
Ne era convinto anche in quel momento e per questo la presenza di Fatima accanto a lui gli risultava insopportabile. Se non l'avesse portata non li avrebbe interrotti. Theo non la guardava. La sua Urus ruggiva per le strade di Milano, il suo umore andava incupendosi di minuto in minuto.
Quel tipo che lavorava con Deva non gli piaceva per niente. Mentre si avvicinava a loro due, Theo aveva sentito una frase che gli aveva fatto ribollire il sangue nelle vene. "Io ti distruggo prima o poi." Perché tanto astio? Poi gli aveva parlato di fragole e Theo era subito tornato con la mente a quando aveva mandato a Deva le fragole al lavoro. Una sensazione di fastidio gli faceva formicolare la pelle. Forse la "voce" che girava su loro due era partita proprio da quelle fragole, forse quel tizio aveva visto anche il bigliettino.
Poggiò il gomito sulla parte alta dello sportello e si martoriò il labbro con le dita. Ricordava perfettamente il silenzio di Deva dopo quelle fragole, la sua preoccupazione, il cambio repentino del suo umore, la freddezza che all'improvviso aveva ammantato tutte le loro conversazioni.
Era colpa sua, cazzo. Se non le avesse mandato quelle fragole, forse sarebbe andato tutto diversamente. Forse lui stesso non avrebbe avuto tutta quell'urgenza di chiederle di fare le cose alla luce del sole. Chissà che cosa le aveva detto quel coglione con quel sorriso da iena stampato sul volto. Gli tornarono in mente ancora una volta le parole di Deva, quella mattina a casa sua. Tu non hai idea di quello che devo subire al lavoro ogni giorno. Quel pezzo di merda del suo collega doveva esserci andato giù pesante. Chissà come doveva essersi sentita Deva.
STAI LEGGENDO
Indelebile [Theo Hernandez]
FanfictionDeva ha sempre saputo che sarebbe diventata un procuratore sportivo ed ora, a trentatré anni, convive ogni giorno con le difficoltà che comporta essere donna e lavorare in un ambiente prettamente maschile. Ma ama quello che fa e, anche se non viene...