CAPITOLO 34

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Rinchiusa nelle mie mura mentivo a me stessa. Dicevo che mi proteggevo ma non facevo altro che limitarmi. Chiusa nella mia campana di vetro come la rosa del Piccolo Principe.

L'oggetto ha nel racconto una duplice funzione: per il Principe è una protezione del fiore nei confronti del vento, per la Rosa è un modo per isolarsi dal mondo e ribadire la sua superiorità nei confronti di tutto ciò che la circonda.

Ma.. mi impedivo anche di vivere.

Ad un certo punto devi prendere una decisione.

I confini non esistono per tenere fuori gli altri, a volte servono solo per soffocarti.

La vita è un problema.
La mia vita è un gigantesco unico problema.

Ma siamo fatti così.. puoi sprecare la tua vita tracciando confini infiniti oppure puoi decidere di vivere, superandoli.

Però una cosa la so, sei sei pronto a correre il rischio, la vita dall'altra parte.. è spettacolare.

E, anche se è andata come è andata, prenderei lo stesso la decisione di oltrepassare la barriera.

15 ANNI FA

Arrivo a scuola con un pacco sottile di cartone sottobraccio "Ho una cosa per te.." è il mio buongiorno per Zulema.

Tiene gli occhi sul cellulare, sta giocando ad un gioco di guida.
Quando entro, alza un sopracciglio e mi guarda sospettosa, ho imparato che non è affatto una persona mattiniera nonostante vada a dormire prima degli anziani nell'ospizio "Cosa c'è dentro?"

Glielo metto davanti "Aprilo e scoprilo.." so bene che per lei sono importanti gli spazi, per questo appena lo prende io esco e vado a posare giacca e borsa in aula.

Mi piace questo momento della mattinata.

Il silenzio nelle aule appena tiepide grazie ai caloriferi in ghisa.
Le stanze profumano di pulito.
Le luci fioche sopra le nostre teste.
Tra colleghi ci si saluta, beviamo a volte insieme il primo caffè della mattinata a scuola, ci diciamo qualche parola, ci prepariamo il materiale per la lezione. Sembra la routine che un atleta fa ai blocchi di partenza poco prima della gara.

Esco nel corridoio e vengo direttamente travolta da Zulema, mi abbraccia.

Mi abbraccia di sua spontanea volontà, il che è del tutto anormale e strano ma anche molto dolce.

Mi stampa un bacio sulla guancia e con un sorriso a trentadue denti mi fa vedere il mio regalo: una maglietta nera con la stampa di un microfono e il battito cardiaco.

"Ma.. è bellissima! Grazie!" Esclama contenta, è bello vederla così trasparente e genuina, senza dubbio la sua versione migliore.

"Figurati.. ho pensato che dal momento che stai per firmare con un discografico e hai già buttato giù le bozze della tua prima canzone ci voleva un pensiero che potesse ricordarti questo momento importante" le spiego semplicemente. È la prima volta che faccio un regalo ad una persona senza essere nei pressi di una festività comandata, un regalo perché lo sentivo giusto. Non dice altro perché le parlano gli occhi, ed io mi ci perdo con troppa facilità.

Innamorarmi di lei è stato lento, graduale, improvviso e del tutto impossibile da evitare.

Un giorno mi sono semplicemente accorta che lei aveva un valore più degli altri, mi mancava quando non la vedevo e il mio sguardo era attratto magneticamente su di lei ogni volta che eravamo insieme nella stessa stanza.

Mai sentita una sensazione così prima.

Mi faceva ridere, la mia vita era meno buia con lei accanto, mi sentivo più leggera ed era come se fosse una bolla d'ossigeno quando io in realtà stavo soffocando da mesi.

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