CAPITOLO 47

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Non sono sicura che quello fosse un segno ma decisamente era un bel problema.

"Stai bene?" Chiede lei per prima, io devo ancora registrare il danno che ho appena fatto.

"Sì.. e tu?" Chiedo di rimando, rispondo in automatico ma non ne sono nemmeno sicura.

"Sì!" Esclama lei.

Il fumo esce ed ho il terrore a guardare ma devo farlo.

Scendo dal mezzo e mi viene quasi un infarto quando mi rendo conto che la macchina non ha più il muso davanti ma un gigantesco ammazzo di lamiera schiacciata. I pezzi della mia auto sono sparsi per tutta la strada.

"Ma porca puttana!" Quasi lo urlo mantre mi vedo davanti una strada tortuosa piena di curve e non sto parlando di questa, ma del fatto che la macchina appartiene a mia madre e che non so assolutamente come posso spiegare una cosa così.

Come se non fosse sufficiente, non so come spiegare la mia presenza qui dal momento che non sanno dove mi trovo tantomeno con chi.

E poi c'è il pensiero più grande di tutti: la macchina è distrutta più dalla parte del passeggero dove era seduta lei.

È in piedi e sta bene ma non significa nulla, ne ero responsabile.

Non dico altro perché nella mia testa sono scattati tutti questi pensieri insieme.

Lei, invece, più fredda e razionale cerca di farmi ragionare "Sei in piena curva, la macchina non può restare qui.."

Devo spostarla ma ben presto mi rendo conto che il danno non è solamente estetico "Non va! Il cambio è rotto! Non c'è più il cazzo di cofano!"

"Okay.." mi risponde prendendo in mano il cellulare, non mi chiedo cosa sta facendo perché il mio sguardo è interamente rapito da quello che ne resta della mia macchina e della mia libertà. Ma la sento parlare "Saray? Senti.. puoi raggiungerci? Abbiamo fatto un incidente, stiamo bene ma la macchina è in mezzo alla strada" non doveva andare in questo modo, mie te fa come dovrebbe e adesso non so cosa fare. Entro in panico che soffoco dietro la mia maschera ma il mio sguardo sbarrato non le passa inosservato infatti, chiusa la telefonata, cerca di occuparsi di me "Maca, guardami.."

Il tono dolce, di richiesta, conforto, presenza.

Potevo farle male.
Proprio lei.

"No.." mi oppongo al suo atteggiamento di apertura verso i miei confronti, devo rinsavire da sola.

Lei è decisamente più testarda di me, mi appoggio al guard reil e punto lo sguardo in basso mentre lei mi si mette davanti "Guardami.. ehi.."

Stessa situazione di qualche minuto fa, con un finale totalmente diverso.

"Lasciami un attimo, Zulema.. non respiro" glielo chiedo con lo stesso tono di supplica mentre scivolo via da lei.

È tutto troppo.
Il bacio.
L'incidente.
I sensi di colpa.

Lei mi lascia spazio ma non mi abbandona "Stai bene, andrà tutto bene.."

Me la prendo con lei anche se sono arrabbiata con me "Come puoi dirlo?! Guarda!" Indico l'auto, o quello che ne resta, che continua a sputare fumo.

"Siamo entrambe vive, sulle nostre gambe e completamente senza un graffio.." rammenta razionale e sono sicura che ha ragione, in parte questo mi conforta, ma non è sufficiente. Afferro il cellulare "e ora chi stai chiamando?"

"Non posso andare a lavorare, Zulema.. e devo anche trovare il coraggio di chiamare i miei" rispondo aprendo la rubrica, con questa chiamata so che scaturisco una serie di meccanismi.

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