Sette ☾

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Selene

Tutti mi fissano e non so se ad incuriosirli sia stata la mia reazione esagerata alle avances di Keller oppure il modo in cui Kael lo ha aggredito subito dopo.

Contro la tua stessa gente...
Aveva detto quello, guardandomi con disprezzo, come se fossi di una classe inferiore.
Eppure non mi sono mai sentita così parte di qualcosa come da quando sono qui. Gli Hastings sono accorsi in blocco solo per vedere come stavo, solo per assicurarsi che non mi fosse capitato nulla di male. Avrei voluto che qualcuno si fosse preoccupato per me anche quella notte, quando chiedevo aiuto ma nessuno sentiva.

«Sali» Il tono di Kael non ammette repliche.

«Non voglio andare a casa»

Esito e lo osservo sporgersi fino al lato del passeggero per aprire lo sportello.

«È esattamente quello che farai invece» dice, a denti stretti «Perché, se vedo di nuovo Keller Wright metterti le mani addosso in quel modo, giuro di entrare in quella villa e fare un casino»

Affondo nel sedile, lasciandomi cullare dalla sensazione di protezione che provo ogni volta che sono accanto a Kael. Il suo odore mi rassicura.

«Keller non c'entra niente, il problema sono io...» mormoro, senza riuscire a guardarlo negli occhi.

«Non vuoi dirmi cos'è successo?»

«Nulla, quel contatto mi ha solo sorpresa»
Non so mentire e Kael di sicuro non si beve quella scusa.

«Ho visto la stessa reazione nei miei compagni di plotone, quando qualcosa ricordava loro la guerra...» dice, facendosi serio «Si chiama disturbo da stress post traumatico»

«Sei stato in Iraq?»

«Stai cambiando discorso ragazzina?»

«è una domanda retorica. Ti ricordo che sono la tua domestica» sottolineo volutamente il termine «Ho pieno accesso alla tua stanza. Ho visto le foto e le divise appese nell'armadio e so già la risposta»

Sembra tornare indietro con la mente.
«Ero Sergente Maggiore dei Marines» dice, con una punta di orgoglio e di qualcosa che sembra essere un misto di nostalgia e tristezza.

«Sono stato in missione fino a quando la morte di mio padre mi ha costretto a tornare...»

Si rabbuia.
«Mentre ero sul volo di ritorno, gli altri sono stati presi in un'imboscata e due dei ragazzi del plotone sono morti calpestando una mina...»

Respira profondamente, abbassando le spalle.
«Se fossi rimasto con loro non sarebbe successo...»

«Non avresti potuto impedirlo»
Mi guarda come se non fosse affatto d'accordo.

«Ho degli ottimi riflessi»

«Apprezzo la tua modestia, davvero» Lo prendo in giro «Ma penso che la tua presenza sia più necessaria qui, con i tuoi fratelli»

«Parli come se li conoscessi già a fondo»

«No, ma è lampante che ti vedano come un esempio...una guida»

«Mio padre era così. Io sto solo occupando il suo posto in modo indegno. Non mi sono preso cura del mio plotone, non sto riuscendo a gestire la mia famiglia e...tutto il resto»

«Tutto il resto?»

«Basta con le domande, ragazzina»

Guardo le luci che scorrono fuori dal finestrino, affondando nel sedile.

Non mi toccare!
Grido inutilmente. La musica è troppo alta e sovrasta le mie urla.

Chiudo gli occhi cercando di ricacciare indietro il passato.

«Non parlarne non lo renderà meno reale» dice Kael, notando la mia espressione «Qualunque cosa sia»

«Voglio solo fingere che tutto sia normale» mormoro, dopo un lungo silenzio.

«La normalità è banale»
Mentre lo dice sento la sua mano cercare la mia.
«E tu non lo sei affatto»
Non si volta, continua a guardare la strada, ma le sue dita si allacciano alle mie, in un groviglio impacciato, imprevisto e, malgrado ciò, così necessario.

È un gesto di una dolcezza ruvida e improvvisata. Di quelli che lui non sembra avvezzo ad elargire e che io non sono abituata a ricevere.

Rimango immobile lottando tra i miei incubi e il presente.
Le mani viscide di quel ragazzo vengono sostituite dalla sensazione del tocco di Kael. E, per la prima volta, da quando hanno tentato di violentarmi non ho nessuna reazione folle al tocco di un uomo...Solo la voglia che quel contatto semplice, spontaneo e casto tra di noi duri per sempre.

Ma nel momento esatto in cui le luci dello chalet compaiono in lontananza, la sua mano torna a riprendere il posto che occupava sul volante, come se nulla fosse mai accaduto.

Si vergogna di me? Di cosa poi...

LONE WOLFDove le storie prendono vita. Scoprilo ora