Ventinove ☾

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Selene

«Sei qui...» mormoro, seguendo la luce del giorno che entra dalle serrande e gli illumina gli zigomi. Non sono del tutto sicura di non stare ancora, profondamente, sognando ma, se è così, allora non voglio svegliarmi.

Kael ha l'aria di uno che non ha chiuso occhio per tutta la notte ed è ingiustamente bello, anche ora, mentre chiude il libro che sta leggendo e mi rivolge un'occhiata da sopra la spalla.

«Ti avevo detto che sarei tornato...» corruga la fronte mentre le sue labbra si curvano in un sorriso. È poggiato contro la testiera del letto, con la schiena sollevata e le lunghe gambe distese sopra il lenzuolo. Non ha oltrepassato il confine di stoffa che separa i nostri corpi durante la notte e non sembra intenzionato a farlo neanche adesso.

«...Perciò, eccomi qui»

Riesco a malapena a respirare in questo momento, figuriamoci trovare una frase di senso compiuto che renda giustizia a quello che ha appena detto.

Tutto ciò che riesco a fare è rendermi conto della pioggia che scroscia violentemente contro le finestre e dell'orario indecente impresso sul quadrante digitale della sveglia sul comodino.
10:40.

Avrei dovuto essere in piedi già da due ore, preparare la colazione, sistemare...
Faccio per alzarmi ma il braccio di Kael mi trattiene dolcemente a letto.

«È...terribilmente tardi» dico, con un'espressione mortificata sul viso.

Oggi Adam iniziava le lezioni e Hyden usciva presto per un'escursione. Avrei dovuto far trovare loro qualcosa di pronto ma ero troppo occupata a baciare il fratello maggiore per rendermi conto che, al di là di tutto, sono qui per lavorare come aiuto nella loro casa. Devo aver completamente perso il senso delle cose e la colpa è qui, sdraiata accanto a me, con la più indecifrabile delle espressioni stampata sul volto.

«Perché non mi hai svegliata? Dovevo...»

Il pollice di Kael traccia distrattamente dei cerchi sulla mia spalla e, perfino da sopra la stoffa, la mia pelle brucia.

«Ci ho pensato io» sussurra, contro il mio orecchio, con il tono basso e ruvido che riserva solamente a me. Almeno dentro questa casa. O questa stanza...

«Tu cosa?»

«Mi occupo di loro da sempre, Selene. Non è un dramma...» minimizza, alzando gli occhi al cielo.

«Sì, invece» protesto «Natan già mi odia e ora...posso aggiungere alla lista anche il resto della tua famiglia»

Gli sfugge un rantolo divertito.

«Non tutta. C'è un Hastings che non riesce a staccarsi da te, se non l'hai notato»

«Mi piace molto questa cosa» ammetto, tentando di salire a cavalcioni sul suo corpo.

«Non mi chiedi come è andata ieri?»

Ieri. Le immagini della notte precedente tornano ad alternarsi nella mia mente, così vivide da non lasciare spazio a dubbi sulla loro veridicità.

«Non voglio saperlo...» ammetto «Non ancora»

«Selene, se c'è una cosa in cui ho miseramente fallito è starti lontano...» nel dirlo, afferra i miei fianchi e mi rovescia sulla schiena come fossi senza peso, con una manovra che ricorda una tecnica di lotta.

Il letto cigola rumorosamente e il ritmo del mio respiro si fa vergognosamente rarefatto.

Sono sotto di lui, imprigionata tra le sue braccia che affondano sul materasso e ne sostengono il torace. La piastrina mi sfiora la pelle e la maglia grigia che indossa Kael scivola sopra i fianchi scolpiti, lasciandomi accesso alla sua pelle. Cerco di tirarlo verso di me, sentendo aderire la sua durezza contro di me.

La razionalità che lo immobilizza in quella posizione tesa sembra abbandonarlo quando infilo la punta delle mie dita al di sotto dell'elastico dei pantaloncini da basket.

«Ma...vorrei tenermi ben stretto il poco autocontrollo che mi rimane se sei d'accordo» la frustrazione nella sua voce è palpabile mentre sposta la mia mano.»

«E io vorrei che questo momento non finisse...» protesto, con una nota di malinconia nella voce. Ho quasi paura di aprire gli occhi e scoprire che è stato tutto un sogno.

«Non vado da nessuna parte, Selene» Le sue labbra si rendono nel sorriso sghembo che tanto adoro.

«Allora perché ho la sensazione che sto per perderti?»

Mi accarezza lentamente il viso.

È a poca distanza dalle mie labbra, con gli occhi che ardono della stessa lussuria che mi priva della logica.
Mio, continuo a ripetermi, guardandolo incredula e chiedendomi cosa abbia mai fatto per avere la fortuna di catturare l'attenzione di un maschio simile.

La sua barba mi solletica la guancia nell'istante in cui le nostre labbra si sfiorano, trovandosi alla fine di un lungo e ruvido sospiro. La mia mano scorre sotto la sua maglietta e traccia i confini definiti di quel busto scolpito. Quando raggiungo i fianchi, chiude gli occhi e lotta tra i fianchi che spingono contro i miei e la parte di lui che invece, evidentemente, gli ricorda di doversi fermare.

«Tu non mi...vuoi?» mormoro, con gli occhi che si fanno lucidi, cercando di rimettermi a sedere sul letto e di evitare i suoi occhi.

«Ti voglio così tanto che ho paura di non riuscire a controllarmi...»

«Allora non farlo»

Scuote la testa, come se non capissi.

«Non voglio che prendi la verbena per indebolirti, non voglio che ti nascondi, che ti trattieni...» mentre parlo, lo sento inspirare profondamente. Il respiro è carico d'eccitazione.

«Voglio tutto di te, Kael» dico «Perfino le parti che non sopporti»

LONE WOLFDove le storie prendono vita. Scoprilo ora