Trenta ☾

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Kael

C'è un numero preciso di volte in cui la vita ti può spezzare prima che tutto si riduca a una manciata di briciole impossibili da ricucire insieme. 

Duecentosei.

Il numero delle ossa che si sono rotte la prima volta che mi sono trasformato. Il numero delle volte che ho urlato e pregato che tutto finisse.

Il mio numero.

Il numero che mi ha reso un mostro.

«No che non lo sei»

La sua dolcezza e la sua bellezza d'animo sono disarmanti ed io crollo, come un armatura vuota.

La mia forza cade a pezzi davanti a lei.

«Sei forte, bellissimo e... Speciale»

Ci sono tante parole per descrivere ciò che sono, ma quella non mi aveva mai sfiorato la mente.

Mai.

Forse solo una volta mia madre, nei ricordi lontani e sfocati che ho di lei mi aveva parlato allo stesso modo, con la stessa dolcezza.

Dopodiché tutto quello che avevo sempre visto guardandomi nello specchio era il riflesso un abominio.

Né uomo, né lupo.
Come in quel cartone animato che guardavo da bambino. Sa soltanto quello che non è.

È così che mi sono sempre sentito.
Non mi sono mai integrato.
Ma ora con lei mi sembra di aver trovato il giusto posto nel mondo.

Voglio tutto di te, perfino le parti che non sopporti, le sento dire, mentre mi guarda come se non vedesse nulla di sbagliato.

Riflesso in quegli occhi quasi riesco a credere di poter essere migliore.

La guardo immagazzinando e memorizzando ogni minuscolo dettaglio del suo corpo: la pelle bianchissima, il neo sulla guancia, le labbra piccole e rosee...

E poi il suo profumo.

La potenza dell'imprinting mi devasta in tutta la sua potenza: so che Selene è la mia compagna dalla prima volta che l'ho vista ma ora, ora è come se avessi la certezza assoluta di ciò che vorrei fare con lei ed essere al suo fianco.

Immagino la famiglia che potremo diventare.
Il mio morso sulla sua pelle...

E poi, come una doccia fredda, mi assale la realtà. L'assoluta incompatibilità dei nostri corpi, la fragilità del suo contrapposta al mio che è a prova di proiettile.

«Ti prego, non respingermi...» sussurra, giocando nervosamente con la medaglietta metallica sopra la maglia prima di scendere sotto la stoffa. Inspiro tra i denti, nel momento in cui la sua mano segue la scia di peluria sul mio addome fino all'elastico degli shorts.

I miei fianchi si sollevano, implorando il tocco di quelle mani, ancor prima che possa rendermi conto di quanto sia sbagliato.

«Hai qualcosa d'argento?» mormoro, trattenendo a stento un gemito roco mentre le dita scorrono sulla stoffa morbida, all'altezza dell'inguine. Vedere i suoi occhi riempirsi di desiderio e di sorpresa mi dà il colpo di grazia.

«Te l'ho detto. Non voglio che tu ti faccia del male per stare con me...» mormora, corrugando la fronte e poggiandola contro la mia mentre le nostre labbra si incontrano in un bacio prudente.

È una tortura.

Con una mossa controllata, ribalto la nostra posizione facendola finire con la schiena sul materasso e mi sollevo prima che possa cambiare idea. La frustrazione sul suo viso è la stessa che provo io mentre mi guardo attorno, alla ricerca di un modo qualunque per mitigare la mia forza e i miei istinti.

LONE WOLFDove le storie prendono vita. Scoprilo ora