Quarantasette ☾

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Kael

Per molto tempo sono stato convinto di essere stato destinato alla solitudine.

Ho visto i miei fratelli trovare la loro compagna, sistemarsi, mentre per me tutto ciò continuava ad essere precluso.

Guardavo la loro vita andare avanti mentre la mia in qualche modo era ferma, in pausa.

Ora so, guardando Selene, che ero solo in attesa della mia compagna.
E so che tutto quel tempo da solo non è stato sprecato.

Lei ne vale la pena.
Ogni singolo istante.

E, anche quando continuo a credere di essere troppo mostruoso per meritarla, lei mi riesce a convincere del contrario.

Osservo la sua pancia tonda, la pelle biancastra tesa per un calcio del nostro piccoletto. O piccoletta.

Selene ha detto di non voler sapere niente, se non che stia bene. Che sia in salute.

«Potevamo prendere un'infermiera privata...O lasciar fare a Faye. Metà dei cuccioli del branco sono nati grazie a lei»

Selene mi lancia un'occhiataccia.
«Sono umana, ricordi?»
Mormora, stringendo il volto in una smorfia di dolore dovuta ad una contrazione.

«E poi se gli esami rivelassero qualcosa di anomalo, potresti sempre cancellare la memoria alle infermiere»

Mi sfugge un sorriso davanti alla sua reazione. So che sta solo sfogando il dolore.

«Non smetterai mai di rinfacciarmelo non è così?»

Scuote la testa e stringe ancora di più la mia mano.

«No» mormora a denti stretti, con un sorriso dispettoso che però si spegne tropo in fretta, sostituito da un'altra espressione sofferente. È pallida e il ritmo del suo respiro si sta facendo troppo irregolare.

È su quel lettino da ore. Vorrei poterle essere d'aiuto, ma non davvero idea di cosa poter fare. Se potessi, prenderei quel dolore su di me...
O farei in modo che durasse il meno possibile.

Mi siedo accanto a lei e le prendo la mano. Lei la stringe così forte che per la prima volta dubito che sia umana. Il bip sul monitor aumenta e una delle dottoresse entra con un espressione tranquilla, come se situazioni del genere fossero per lei all'ordine del giorno.

«Lei è il compagno?» chiede, mentre controlla le condizioni di Selene.
«Ovviamente» quasi le ringhio contro.

«Kael...»mi rimprovera Selene, con la voce troppo bassa. Troppo.

«Sta bene?» chiedo alla dottoressa, con rabbia. «Insomma, quanto ancora deve soffrire in questo modo? Faccia qualcosa!»

Selene alza gli occhi al cielo e la dottoressa sorride.

«Stia tranquillo, ci siamo quasi» mi rassicura, mentre poi, rivolgendosi a Selene aggiunge «È davvero un tipo apprensivo eh?»

Selene annuisce, con il fiato corto e un sorriso debole. «Oh, non sa quanto» ride, ma di nuovo, quel suono è debole e lontano dal suo solito brio.

Non ho mai pensato di avere un punto debole. Forse perché non ne ho uno nel mio corpo, ma fuori.
Il mio punto debole è lei.

Vederla soffrire mi distrugge.
Su di me riesco a sopportare qualunque cosa, ma lei...

Voglio che stia bene.
Voglio che tutto quel dolore cessi di farla gemere e sussultare.

«Credo che sia il momento» sentenzia infine la dottoressa, mentre Selene grida di dolore e si posa una mano sulla pancia.

«Non voglio che tu mi veda così» mormora, con le lacrime agli occhi, mentre divarica le gambe su indicazione dei dottori e delle infermiere.

Le tengo la mano, ma lei chiude gli occhi. «Selene, guardami»
Scuote la testa.

«Se mi vedrai così...in queste condizioni...Non mi vorrai più»

Le prendo la mano e le bacio la guancia.
«Ricordi cosa mi hai detto?»

Lei si morde le labbra e poi scuote la testa. «Hai detto che non sono un mostro. Hai visto tutto di me e sei ancora qui...» le dico, accarezzandole il viso sofferente.

«Quindi no, non me ne andrò e non smetterò mai di amarti e desiderarti, soprattutto dopo aver visto quanto sei forte...»

Selene si lascia sfuggire una lacrima mentre il dottore le inizia a chiedere di spingere.
Gli infermieri maneggiano strumenti dall'aria pericolosa e le urla di Selene mi gelano il sangue nelle vene.

«Stai andando benissimo, piccola»

Le faccio coraggio, mentre la vista di tutto quel sangue mi fa raggelare.
Voglio essere forte per lei, ma la verità è che è lei la vera roccia tra noi due.

Lancia un ultimo urlo agghiacciante e poi, esausta, si abbandona sul cuscino del lettino su cui è adagiata.
È pallida, ansimante e ha perso troppo sangue...

«Sta bene?» chiede, con un filo di voce. «Dimmi che sta bene»

Il dottore ha tra le braccia una piccola creatura coperta di sangue.
Sta piangendo e agita le braccia e le gambe, come se chiedesse di azzerare la distanza da sua madre.
Sorrido come un ebete, mentre vedo il volto perfetto, le mani, il naso rotondo...

«È una femmina» dice il dottore, mentre la rimette tra le braccia di Selene. Lei sorride e mi guarda, senza smettere di piangere.

«È...È perfetta»

«Come te» le dico, baciandola.
È davvero perfetta. La guardo mentre si calma, trovando il seno di Selene e aggrappandovisi con tutta la sua giovane forza.

«Come noi» mormora Selene, senza smettere di guardare quella creatura appena venuta al mondo.
Qualche secondo dopo, scoppia a ridere.

«Sai, credo che mi abbia appena morso...» ride ancora, mentre la bambina apre per la prima volta i suoi occhioni, rivelando le iridi color ambra, gialle, come le mie.

«Dovremmo trovarle un bel nome da lupo allora...»

«Che ne dici di...Janice

«Come mia madre...»

Selene annuisce, con un sorriso compiaciuto.

Amo davvero tutto di lei, soprattutto il fatto che sappia sempre quale sia la cosa migliore senza neanche chiedermelo. Mi legge dentro e non si spaventa mai, neanche quando vede le mie ombre.

«Ciao Janice»
Mormoro, mentre quelle manine mi afferrano un dito e lo mordicchiano.

«Selene, sai già che ucciderò ogni lupo che le si avvicinerà, non è vero?»

Lei scoppia a ridere.

LONE WOLFDove le storie prendono vita. Scoprilo ora