31-Forse non c'è fuga che conduca all'evasione

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(Ormai è abitudine 🥲.
No scherzo dai)

Pov's Athena

A volte mi chiedo cosa mi riserverà la vita, se un giorno sarò contenta delle scelte che ho fatto e se invece, avrei preferito farne delle altre.

A differenza di come molte persone dicono e pensano, io non voglio non avere rimpianti dalla vita, voglio solo capirli.
Capire il perché le mie azioni hanno condizionato o influito in modo negativo o positivo la mia vita, e se, alla fine, ne è valsa la pena.

Perché ogni errore, per me, ha il fine di costruire qualcosa nella nostra vita.

Ed è poetico che io lo pensi mentre guardo il mondo dall'alto, sul sedile di un aereo verso Perth.
Anche se, di poetico non c'è proprio niente, data la mia inquieta preoccupazione.

Stamattina, io e Thomas ci siamo svegliati presto, abbiamo salutato la mamma, Paul e Betty e abbiamo finalmente lasciato Londra, assieme. Devo ammettere che quando sono partita, non avrei mai immaginato di ritornare con lui, ma la vita è imprevedibile ed io sono folle come lei, quindi lo accettiamo.

E sarebbe tutto perfetto se non fosse che mi divora un senso di colpa asfissiante; non ho ancora parlato con Thomas della lettera che ho ricevuto ieri.
Semplicemente l'ho infilata nella mia valigia, evitando qualsiasi tipo di discorso con lui che riguardi ieri sera o qualunque mia ipotesi di malinconia.

Sono ancora scossa in realtà, ho riletto quella lettera così tanto da impararla a memoria, ma non ho la più pallida idea di chi sia stato a mandarla.
Una parte di me è sollevata dal fatto che mi trovassi a Londra, e che di conseguenza, chiunque fosse, pensa che io abiti lì e quindi non potrà disturbarmi a Perth, d'altra parte, temo per la mia famiglia, che ora è lì, da sola.

<<Questi sedili sono talmente scomodi>>si lamenta Thomas con voce rauca accanto a me.
Si è appena svegliato dopo qualche ora che ha passato a dormire, ed è talmente bello con i capelli arruffati e la voce rauca, che per un attimo mi fa dimenticare ogni mio problema.

<<È pur sempre un aereo>>mormoro, tenendo la testa china.
<<Un aereo scomodo>>precisa.
<<Tu hai dormito?>>mi chiede poco dopo, infilando la mano nel retro della mia coscia. Ogni mia terminazione nervosa aumenta con quel gesto.

<<In realtà no. Stanotte ho dormito molto>>mi giustifico, scrollando le spalle.
<<C'è qualcosa che non va?>>mi domanda.
I miei occhi incontrano i suoi, e questo è ahimè, un grande errore.

<<È da ieri sera che sei strana>>. <<Non è niente, Thomas>>.
<<Beh, ieri non eri della stessa idea. Athena si può sapere cosa sta succedendo? Sei strana, fredda..>>mormora a bassa voce.
Mi mordo il labbro inferiore.

<<Ho fatto qualcosa di sbagliato?>>mi chiede, in tono piatto.
<<No, tu non c'entri niente>>gli sussurro, sospirando.
<<E allora cosa c'è?>>il suo pollice mi sfiora lo zigomo.
<<Sono in ansia>>confesso.

<<Per cosa?>>.
<<Non lo so>>scuoto la testa.
Non so per quale motivo io non voglia dirglielo. Ma in realtà, qualche piccola ipotesi si instaura dentro di me.

Thomas è estremamente attento a me, alla mia sicurezza e crede che in ogni modo che qualsiasi suo passo, possa ferirmi in un qualche modo.
Ho paura che lui si allontani da me, perché pensi che quella lettera possa essere collegata in un qualche modo a lui, ma se così fosse, non sarebbe stata indirizzata a me.
E forse invece, quella lettera, è solo uno stupido scherzo da ragazzini.

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