Pov's Athena
Un pianoforte.
Un pianoforte è dinanzi a me, con i suoi tasti perfettamente accordati. Elegante, raffinato, alto.
Ed è nel mio nuovo soggiorno.<<ma che cazz>>la mia imprecazione non è così bassa come la mia mente vuole credere. Non saprei descrivere le mie sensazioni al momento; se da un lato sono furiosa con la nonna per il suo inaspettato "regalo", dall'altro sento una strana sensazione infondo allo stomaco.
E dovrei urlare, sbraitare, incazzarmi, e probabilmente è ciò che farò dopo, ma adesso l'unica cosa che faccio è avvicinatmi a quello strumento, mai stato bello come adesso e poggiare lentamente le dita su quest'ultimo.
Solo due note. Niente di più. Perché proprio mentre sto per continuare, un faro di luce si insinua nella mia mente.
<<È talmente bella che nemmeno sembra reale>>. <<Tristan mi stai facendo venire il mal di testa>>gli lancio un cuscino addosso. <<Principessa, sarai gelosa?>>il suo tono canzonario non mi sfugge. <<Gelosa? Io?>>incarco le sopracciglia.
<<Beh non devi. Sappi che per me l'unica principessa resti tu>>mi fa l'occhiolino ed io scuoto la testa quasi offesa. Anche se lo ammetto, la cosa mi fa piacere. Tristan è sempre stato l'unico a darmi la priorità, sempre, in ogni momento.
<<parlando di cose serie. Chiedi a Margot di uscire>>scrollo le spalle. <<Nah! Sarebbe poco da bad boy>>. <<Tu non sei un bad boy>>mi spiaccico una mano sulla fronte. <<Già ma questo loro non lo sanno>>mi dice girando sulla sedia girevole.
<<è abbastanza ridicolo. Sei cotto di quella ragazza... corteggiala>>. <<Beh, Beethoven non siamo tutti capaci di suonare il pianoforte ed incantare la gente con la musica come te>>mi dice inarcando le sopracciglia mentre sistemo lo spartito. <<puoi suonare la mia preferita?>>chiede d'improvviso. <<La tua preferita? E da quando ascolti la musica classica?>>chiedo ridendo.
<<Si quella che mi hai suonato l'altra volta>>sussurra. <<Si chiama "al chiaro di luna" e indovina?>>. Mi osserva incarcando un sopracciglio. <<È di Beethoven>>parlo riferendomi al parallelo di prima e lui ridacchia.
Mi siedo e in un secondo, poso le dita sui tasti del pianoforte.
La melodia suona da sola.Tocco i tasti delicatamente ma con decisione, sfioro i miei dolori e le mie gioie mentre la musica risuona nell'abitacolo. In questo conservatorio, qui, ci siamo solo io, Tristan e la musica. Ma sono troppo estraneata dal mondo per osservarmi intorno.
Suono, ascolto, tengo il ritmo.
Mi muovo nel mio mondo fatto di note e spartiti, vivo nella mia nebbia composta da suoni e melodie. Mi lego alla musica in una maniera indissolubile, la faccio sindrome del mio coraggio, causa della mia sofferenza, residenza dei miei sorrisi.E alla fine, sulle ultime note è come se stringessi il pianoforte in un abbraccio, come a ringraziarlo di avermi concesso tale priviligio.
Quando sollevo lo sguardo, Tristan ha gli occhi socchiusi. <<Mi sbagliavo quando ti dicevo che meriti di entrare alla scuola di musica di New York>>i suoi occhi sono ancora chiusi ma i miei si spalancano. <<Nessun essere umano merita il privilegio di sentirti suonare>>
Con lo sguardo puntato ai tasti, una goccia scivola e finisce dritta sul tasto bianco. Sollevo gli occhi, asciugando la lacrima al bordo degli occhi.
Non so cosa voglia da me la nonna, ne cosa si aspetti ma so solo che non posso farlo. Non ora.
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The First Moonlight
RomansVi è mai capitato di vedere la galassia che esplode? O di sentire la magia di una stella? O di ascoltare la voce velata di una dea? Se lo avreste chiesto a lui, avrebbe risposto dicendo che una dea lui l'ha vista, toccata, annusata, baciata, scopata...