Capitolo 48

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Salii sulla sua moto.

Un giorno lontano, eravamo scappati dalla Baia per fuggire al Monte dei Gabbiani.

Questa volta, scappavamo da Torre Picena per tornare a casa.

Lo abbracciai, stretto ai fianchi, per tenermi salda e perché per nulla al mondo lo avrei più lasciato.

La sua moto tagliava l'asfalto mentre io, poggiando la mia testa sulla sua schiena, vedevo scorrere il panorama nei miei occhi e mille ricordi correvano nella mia testa.

Pensavo a prima dell'incidente, a quando ero in perfetta salute. Poi, in un attimo tutto era cambiato. Senza preavviso, senza che neanche me ne fossi resa conto. Da allora, avevo capito che ogni giorno trascorso è un regalo. Che ogni giorno in cui stiamo bene è un dono.

Avevo imparato che dovremmo spendere meno tempo a essere divisi e più tempo ad amare e perdonare. Perché la vita non è infinita e dovremmo valorizzarne la bellezza che c'è fuori e dentro di noi.

Per questo, una volta arrivata a casa, abbracciai forte i miei genitori, che mi guardarono stupiti. Giocai con Max, che scodinzolante mi portava sempre il suo giochino e che mi voleva un mondo di bene.

Chiamai Martina e Micol e le ringraziai per l'amicizia indissolubile che c'era tra noi e che sarebbe durata per sempre.

Telefonai ad Asia, dicendole che se ce l'avevo fatta era stato anche e soprattutto merito suo.

La sera stessa, Alessandro passò a prendermi a casa. 

"Ho una sorpresa per te" mi disse dolcemente.

Aprì la mano: aveva due biglietti per un concerto all'arena del Giglio.

Questa volta, eravamo soli, io e lui.

Una volta varcato l'ingresso, quasi istintivamente, le nostre mani si sfiorarono, per poi stringersi l'una all'altra.

Quando il concerto iniziò, una canzone romantica rese l'atmosfera magica.

Le note si perdevano nella notte, rincorrendosi e abbracciandosi, come si cercano due amanti.

Le melodie sembravano intrecciarsi come mani che si cercano, sussurrando segreti e lasciando che l'aria profumasse di amore.

Alessandro si avvicinò a me e mi abbracciò.

Poi, accostando le sue labbra al mio orecchio, mi disse: "Anna, non immagini quanto abbia pianto per te. Quanto sia stato male sapendo che non ti avrei più rivista. Ma sai una cosa? Le lacrime più amare le ho versate per le parole che non ti avevo mai detto. Per tutto quello che provavo per te e mi tenevo dentro. Quando ti ho conosciuta per la prima volta, non avrei mai pensato di innamorami di te. Poi però, mi hai rubato il cuore. E non avrei voluto altra ragazza al di fuori di te. Non avrei voluto conoscere altro bacio che non fosse il tuo. Non mi sembrava vero che potessi andartene per sempre. Ma un giorno, mentre ero disteso sul letto della mia camera, ti ho sentita vicina. Ti cercavo con lo sguardo ma non ti vedevo. Ma se chiudevo gli occhi, so che tu eri lì, abbracciata a me. Ti sembrerà assurdo, ma..."

"Alessandro" gli risposi io interrompendolo: "io ero lì".

Lui scosse la testa e sorrise, come se fosse impossibile. Ma in fondo, sapeva che era tutto vero.

Poi, a bassa voce gli raccontai: "È stato l'amore a tenermi in vita, perché il mio cuore batteva per te.

La rosa blu, che sognai tanti anni fa, eri tu."

"Anna" mi sussurrò lui delicatamente e guardandomi negli occhi in tutta la sua arrendevolezza.

"Che c'è Ale..." chiesi io, perdendomi nella luce dei suoi occhi.

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