Capitolo 28

6 3 0
                                    

Paolo gettò l'arma a terra.

Iniziò a imprecare e a urlare: "Cosa ho fatto! Che cazzo ho fatto!".

Poi si buttò a terra sulle ginocchia, con le mani sulla faccia.

Piegò il busto e iniziò a battere i pugni sul marciapiede e a dire frasi sconnesse.

Cominciò a piangere, a disperarsi e a colpire così forte l'asfalto che si ferì le mani.

Andrea era rimasto scioccato, immobile come un sasso.

"Chiama l'ambulanza! Alessandro è a terra!" urlavo io, come se fossi viva, come se qualcuno potesse sentirmi.

Il sangue aveva tinto di rosso la maglietta bianca di Ale, all'altezza del torace.

Ero disperata e, come un lampo, un incubo mi passò in testa.

Avevo paura, tanta paura che avrei assistito alla morte del ragazzo che amavo.

Nel frattempo Paolo non si calmava, era sempre più esagitato e urlava, farfugliava e si dava tormento.

"Ahh! Noooooo!!" continuava a gridare.

Poi si alzò in piedi e disse a voce bassa: "basta, io la faccio finita. Mi vado ad ammazzare".

Sentii benissimo quelle parole e le udirono anche Andrea e Alessandro.

Ebbi i brividi.

Paolo iniziò a correre, verso il ponte che sovrastava l'autostrada.

Andrea, una volta che Paolo si allontanò, si riprese e corse da Ale.

"Come stai? È grave?" gli chiese.

Alessandro lo guardò, poi tirò un sospiro.

"Andrea, è andata bene, sono stato miracolato" gli rispose.

Poi continuò: "Mi ha sferrato la coltellata all'improvviso, non me ne sono quasi reso conto. Solo all'ultimo, d'istinto, mi sono spostato di un passo verso destra e il coltello mi ha ferito solo in maniera superficiale."

"Ma stai sanguinando!?" domandò preoccupato Andrea.

Alessandro si alzò la maglietta, dicendo: "guarda, è solo un graffio. Sono stato fortunato. Ora andiamo da Paolo!"

Mi ero tranquillizzata vedendo che non era nulla di grave e mi stavo di nuovo agitando.

Perché voleva tornare da Paolo? Che intenzioni aveva?

Andrea provò a fermarlo, per l'ennesima volta.

"Dove vai! Fermati per l'amor del cielo" gli disse

Ma Ale replicò: "Scusami Andrea. Hai ragione. Ti ho coinvolto in una cosa che non ti riguardava e ti ho messo in pericolo. Perdonami. Tu rimani qui ma io devo andare."

"Ma perché? Lascialo suicidarsi a quel pazzo!" insistette Andrea.

Alessandro gli rispose: "Sai Andrea, io non lo perdonerò mai per quel che ha fatto ad Anna. Ma io non mi perdonerei mai se una persona si ammazzasse dopo aver avuto un diverbio con me"

E poi iniziò a correre nella stessa direzione di Paolo.

Dopo circa duecento metri, io e Ale assistemmo a una scena terrificante.

Paolo era sul cavalcavia che sovrastava l'autostrada.

Si era arrampicato sulla barriera di protezione ed era in bilico, sul ciglio del ponte e pronto a buttarsi di sotto.

Se lo avesse fatto, sarebbe morto per l'altezza. E io suo corpo sarebbe stato martoriato dalle auto e dai camion che sfrecciavano a tutta velocità.

Sarebbe stato investito. Come lui aveva fatto con me.

Alessandro, a circa cinque metri da lui, gli gridò: "Paolo! Scendi da lì"

"La faccio finita! La faccio finita!" rispose disperato lui.

"Fermati! Non fare cazzate! Puoi tornare indietro!" Gli disse Ale.

Paolo piangendo, gli rispose: "Sai, non è assolutamente questa la vita che mi doveva essere consegnata.

Che prospettive ho davanti? Ho desiderato sempre tanto, ma non ho mai ottenuto niente.

Ho sbagliato tutto o forse sono gli altri che hanno sempre pensato che fossi sbagliato. Sono stato tradito dalla vita. E troverò pace solo nella morte".

Queste parole, mi fecero venire rabbrividire.

Forse, dietro quel ragazzo che sembrava così sicuro e strafottente, si celava un disagio profondo, un'insicurezza aggravata dalle continue sconfitte e umiliazioni che aveva subito.

Alessandro, con voce ferma, gli rispose: "Paolo, puoi non credermi, ma io ti capisco. Anche con me, la vita non è stata generosa. Sono nato, abbandonato dai miei genitori e cresciuto in orfanotrofio. Nessuno mi portava via con sé. Sentivo di non essere amato per via di una malattia che presupponeva denaro per le cure. Da piccolo vedevo bambini felici, coccolarsi con la mamma e divertirsi a giocare col papà. Io ero solo.

E mi domandavo: perché mi è stata data questa vita? Cosa vivo a fare se ho solo tristezza, indifferenza e sofferenza? Poi però, un giorno tutto è cambiato. E sono cambiato io. Ho capito che il mondo, a volte, ci mette a dura prova. Ma se abbiamo fiducia nella vita e in noi stessi, tutto può cambiare"

Paolo rimase per un attimo in silenzio. Poi chiese: "Ma che ne sarà di me, andrò in galera? Come posso accettare questo futuro"?

Alessandro gli rispose: "Non so se andrai in galera. Forse pagherai per i tuoi errori. Ma ti aiuterà a crescere e cambiare. Abbi fiducia nella vita. Sai, oggi proprio un professore ci ha detto una cosa: La speranza non deve mai abbandonare i nostri cuori. Paolo, per favore, vieni."

In quel momento accadde l'incredibile.

Paolo si allontanò dal ciglio del ponte, andò verso Alessandro e lo abbracciò.

Poi gli disse: "Perdonami Alessandro. E se solo Anna potesse sentirmi, le chiederei di perdonarmi."

Nel frattempo, arrivarono due pattuglie di carabinieri.

Andrea, nel frattempo, li aveva avvisati.

Atterrarono Paolo e lo ammanettarono. Poi lo fecero vigorosamente salire sull'auto.

Prima che gli chiudessero lo sportello, Paolo si voltò verso Alessandro e fece un sorriso sincero.

"Grazie" gli disse, prima che il carabiniere chiudesse la portiera della volante.

Endless RainDove le storie prendono vita. Scoprilo ora