Capitolo 22

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Arrivò quel sabato. Quel maledetto sabato.

Quel giorno in cui i sogni si spezzarono, i desideri svanirono e la felicità lasciò lo spazio allo strazio e alla disperazione.

In quel giorno, il mondo intorno a me si fermò, senza preavviso e senza che me ne rendessi conto.

Rimase solo lo sgomento, il dolore e il tormento, di chi mi voleva bene, di chi mi era amico e anche solo di chi mi conosceva.

Eppure quella giornata era iniziata così bene.

Il sabato mattina i miei genitori non lavoravano e le loro coccole erano tutte per me.

La sveglia non c'era.

Mia mamma veniva in camera e mi svegliava con un bacio, come quando ero piccola.

Lo faceva da sempre e nonostante fossi cresciuta, il bacio di una mamma è la cosa più dolce che vorresti sempre conservare per te.

Poi andavo in cucina, dove il mio papà mi dava il buongiorno con una sculacciata e un bacio sulla fronte.

Si alzava prima il sabato, per cucinarmi i pan cake, che io amavo così tanto.

Li riempivo di nutella e mi prendevo qualche occhiataccia, perché non voleva che esagerassi!

Ma io ero così golosa!

Presi lo zaino e salutai i miei, andando verso la scuola.

Era una splendida giornata di sole, l'estate era alle porte e tutti iniziavamo a pensare alle vacanze.

L'aria profumava di verbena appena sbocciata e io, spesso, ne raccoglievo un fiore, stropicciandolo tra le mani e gustandomi quell'odore che mi ricordava un po' il limone e un po' il mandarino.

I campi erano pieni di girasoli che coloravano di giallo le dolci colline che si affacciavano sul mare.

Li adoravo, mi davano un senso di libertà! Pensavo: "I girasoli amano vivere con il sole in faccia!"

Quando entrai in classe, Marty e Micky mi abbracciarono!

"Pronta per stasera?!!" mi chiesero.

"SSSssshh!!" le zittii io, avendo paura che Alessandro le sentisse.

All'improvviso, iniziai ad avere un nodo in gola.

Quel "pronta per stasera?" mi aveva messo ansia.

Quella sera, avrei voluto aprirmi nel modo più trasparente e intimo ad Alessandro, parlandogli a cuore aperto dei sentimenti che provavo per lui, di quanto avessi iniziato a volergli bene, fino ad amarlo con tutto il cuore.

Iniziai a pensare se ne avessi avuto il coraggio, se avessi fatto bene e a quale reazione avesse potuto avere lui. Forse avrei dovuto aspettare, forse non era ancora il momento e lui non mi avrebbe compresa. Dei dubbi terribili mi assalirono.

Poi, forse per coincidenza o per segno del destino, il professor Giunta, che insegnava italiano, ci consegnò delle fotocopie.

"Oggi vi parlerò di un poeta maledetto, uno scrittore atipico, che non trovate sul nostro libro" ci disse il prof.

"Però volevo farvelo conoscere, quindi ho stampato per voi delle copie".

Poi continuò: "si tratta di un uomo che ha vissuto fuori dagli schemi, dipendente dall'alcol, amante del sesso, scontroso e irascibile con le persone. Parleremo di Charles Bukowski".

Rimasi colpita dalla presentazione che il prof aveva fatto di questo poeta, che non conoscevo.

Così iniziai a sfogliare le fotocopie, sbirciando tra le sue poesie.

Quando lessi la prima che mi capitò, rimasi folgorata dalle sue parole.

Recitava: "Volevo urlare quelle che sentivo, ma sono rimasto zitto per paura di non essere capito".

Quella frase, come un fulmine a ciel sereno, bruciò una parte dei miei dubbi.

Sarebbe stato meglio aprirsi ad Alessandro e rischiare, oppure rimanere zitta e vivere col rimpianto e col rimorso?

Ero assorta in questo pensiero quando il professor Giunta mi chiamò: "Anna, leggi lo scritto a centro pagina della seconda copia. Se vuoi, puoi leggerlo anche al femminile."

Così, a voce alta, iniziai a leggere, davanti alla classe, le parole di Bukoswki.

"Quando tutto sarà finito, sono sicura che mi verrà concesso un minuto per ripensare a tutte le volte che volevo urlare cosa sentivo, ma sono stata zitta per paura di non essere capita, e rimpiangerò gli obbiettivi che ho abbandonato perché il timore di fallire mi ha impedito di perseguirli. Questa vita è una puttana e probabilmente mi spezzerà il cuore, ma cazzo, sono innamorata."

Terminata la lettura, il cuore mi batteva a mille e mi sembrava di essere senza fiato.

Alzai gli occhi e incontrai lo sguardo di Alessandro, che si era voltato verso di me, quasi incredulo di ciò che avevo letto, come se avesse fatto sua ogni parola uscita dalla mia bocca.

Mi sentivo strana, come se la vita mi stesse parlando, come se l'esistenza avesse un suo disegno già scritto per me.

Il professore mi chiamò: "Anna, hai capito il senso di questo scritto?".

Lo guardai attonita e risposi: "Fin troppo bene, prof".

Le parole di quel poeta mi avevano dato forza. Ormai ero certa, quella sera avrei parlato con il cuore aperto ad Alessandro. Senza paure, perché una delusione mi avrebbe fatto male qualche giorno, ma un rimpianto, lo avrei avuto con me per tutta la vita.

Intanto però, il pomeriggio si stava avvicinando e la mia vita stava per essere spezzata.

Se però pensate che l'incidente fu per puro caso o per una semplice distrazione, vi sbagliate.

Quell'incidente fu voluto.

Perché a volte, anche se non ce ne rendiamo conto, in mezzo a tante persone che ci vogliono bene... ce ne sono alcune che ci vogliono davvero male.

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