Nessuno parlava.
La tensione si tagliava conil coltello. L'antro era buio e l'aria sempre più appestata;l'eco si era dissolta, si udiva soltanto qualche goccioliosommesso, e ogni tanto qualche gelida goccia stillava a tradimentosui capelli.
Era un corridoio di unadecina di metri. Tre torce roteavano tra i muri e il soffitto,illuminando solo melma e mattoni.
"E io ti seguirò ovunque.Anche in questi androni claustrofobici e terrificanti. E io non titradirò, nemmeno sotto la minaccia di stupri e torture. Nonconsegnerò mai il libro sacro ai persecutori. E tu saprai sempredove trovare la mia anima.
È difficile calarel'eccitazione nell'angoscia. Sono due dimensioni cosìdistanti... Eppure questi muri esalano qualcosa di riconoscibile,qualcosa che è sempre lo stesso nei secoli e che fluttua visibiledietro una vetrata antiproiettile."
Un movimento nell'oscuritàdistolse Stella dai suoi viaggi mentali.
Tutti e tre fecero un balzoindietro, Stella impugnò il rastrello. Il fascio di luce immortalòper un istante l'essere che sgattaiolava sul pavimento, e unluccichio familiare balenò nell'oscurità, ma meno lugubrerispetto al precedente: l'essere che si precipitava verso di loroera molto più piccolo.
Dopo vari squittii esfregamenti metallici tutto tornò come prima.
«Ecco, secondo me Jacobpensava a questi topi, non alle pantegane» Stella piantò ilrastrello sul pavimento. Poi si schermò gli occhi: una luce la stavaaccecando.
«Sembri un vecchiocontadino ubriaco» disse Thomas, e Christian ridacchiò. Stella, cheindossava una vecchia camicia a quadri e larghi pantaloni infilati instivali di plastica verdognola, si voltò e procedette lungo ilcorridoio.
Raggiunsero un buco quadratosul pavimento. Una scala a pioli metallica scendeva di sotto.
«Bene, si va nelle visceredella terra».
Stella afferrò la torciaelettrica con i denti e scese. I compagni la osservarono incertimentre si calava.
«Dopo di lei, signore».
«Ma si figuri».
«Ah, grazie eh!»
L'aria del nuovo localeera ancora più pesante. Ogni tanto ciascuno di loro inspiravaprofondamente, ingoiando l'intenso fetore umido che sembravaportarsi dietro la melma e le spore di muffa sradicandoledirettamente dai muri. A parte una grata a mezzaluna non si notavanulla di particolare; pareva una stanza vuota, con una bella moquettepaludosa e fetida che si appiccicava alle suole.
La parete di fronte, però,rifranse la luce in modo differente rispetto ai mattoni. Stella laesaminò, raschiando il sudiciume che colava dal soffitto, e siaccorse che aveva un colore diverso. Chiaro e scuro: di nuovo queisegni.
Non erasoltanto una fila, però. E neanche un pezzetto. E nemmeno un'area.Continuò a raschiare melma, con foga sempre maggiore, e non riuscivaa trovare il limite di quelle tracce. Saltava, si accucciava, sispostava a destra e a manca e tutto quel che otteneva era sudore eaffanno. Infine indietreggiò per osservare il muro nel suocomplesso. Tutta la parete ne era ricoperta.
«Mio dio... Come diamineavrà fatto?» sentì Thomas mormorare dietro di lei.
«Con il tempo... e lapazienza...» disse Stella incerta.
«Bisognerebbe ripulirel'intera parete... ci vorrebbe una scala... Quanto tempo cimetteremo a scoprire quello giusto?»
Il muro era di circa quattrometri per quattro. Sedici metri quadrati ricoperti da decine diquadratini con decine di segni. Da figure geometriche a silhouette dianimali, da oggetti stilizzati a sagome umane. Stella li osservavauno per uno e la mente si svuotava.
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Le Fronde del Salice
Teen FictionQuando il quindicenne scavezzacollo Christian si trasferisce con la madre nel vecchio Condominio del Salice Argentato, non sa ancora cosa lo attende. Un gatto misterioso, un vecchio nottambulo, rumori dietro le pareti... Quale grottesco segreto nasc...