Il diario rubato

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«Ho l'impressione chequalcuno ci stia tenendo d'occhio. Sarà meglio cercare un postopiù sicuro» disse Monica.

«Cosa? Ma non direcretinate!» reagì Stella. «Qui non c'è nessuno che abbia unquoziente intellettivo sufficientemente elevato, mi sembra diavertelo già detto».

«Lo so, ma andiamo nelcampo» insistette Monica, e li spinse su per le scalette di pietra.

«Come sta il diamante?»chiese Thomas, con una punta di malizia nella voce. O invidia,ritenne Stella. La sorella gli fece cenno di abbassare il volume.

«Sta bene, è nascosto inuna bella scatolina di velluto. Mia nonna non vuole farlo sapere lanonno perché ultimamente è un po' smemorato e teme si dimentichidi tenerlo segreto...»

«Cosa le hai detto riguardoil diario?»

«Non gliene ho parlato. Leho raccontato che quando ero piccola Jacob mi aveva posto unindovinello che ho saputo risolvere soltanto adesso. I miei fratellisanno tutto, ma loro sono capaci di tenere la bocca cucita».

«Che ne farai di queldiamante?» chiese Thomas, di nuovo con quel tono ambiguo.

«Non ho ancora deciso... Ioe la nonna pensiamo di tenerlo nascosto finché non ci viene qualcheidea. Non capisco che senso abbia questa faccenda... Perché era lì?Cosa mi vuole comunicare?»

«Fatti una canna e losaprai» disse Thomas, ma la sorella gli parlò sopra.

«Magari è scritto neldiario, da qualche parte».

«Già, ci avevo pensato».

Al riparo dietro il murodelle autorimesse, seduti fra l'erba, i tre amici aprirono ildiario segreto e la magia delle sue pagine li avvolse per ore.

Gatti e cani razzolavanotutto intorno. Di tanto in tanto qualcuno di loro spiccava un balzo,rotolava per terra, emetteva versi strani o scappava giù per lescale: ogni minimo rumore faceva sobbalzare i tre ragazzi,completamente assorti nella lettura. Qua era un soldato appostatodietro il muro, là una mina antiuomo che saltava, qui un civile infuga che strisciava tra l'erba, lì una granata lanciata dalontano.

Stella alzò gli occhi,inaugurando una pausa meditativa. Rifletteva su come si potessevivere per giorni e giorni immersi nella frustrazione enell'angoscia, senza un minuto di tregua. In condizioni normalianche lei aveva sperimentato la disperazione, ma non era mai duratacontinuativamente per più di un mese. A lungo andare si dovevatrovare uno sfiatatoio, una scappatoia mentale con cui spezzare iltedio. Ad esempio, un gioco di logica.

I suoipensieri s'interruppero: uno strano borbottio acuto giunse dalcortile. Non ci voleva molto a capire chi fosse.

«Quel vecchio potrebbesapere molto più di quello che dice» ragionò Stella. «Abitavaqui, un tempo. E ultimamente si avventura troppo spesso nel nostroterritorio. Chissà come mai?»

«Ma piantala!» feceThomas. «Quello è rimbambito, punto e basta».

«Mah, sai, a volte i pazzinascondono delle verità dietro la loro follia».

«Stai parlando di testessa?»

«Dovremmo porgli domandemirate» meditò Stella ignorando l'insinuazione, e si alzò.Monica e Thomas la seguirono, quest'ultimo sbuffando apertamente.

Nel cortile il vecchiopasseggiava da solo gesticolando a vuoto. Quando udì i passi dietrodi lui si voltò lentamente.

«L'ho detto, io, l'avevodetto!» inveì, puntando il dito tremante verso di loro. «L'hodetto che bisognava andarcene prima! Tanto per loro non c'era piùnulla da fare!»

«Loro chi?» chiese Stella.

«Come chi? Loro, no?»

«Ma loro chi?

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