La prima cosa che la torcia di Stella Maris illuminò fu un tavolo di legno marcio e bucherellato. Era legno massiccio, la struttura era pesante e spessa, tuttavia anche questa aveva subito le ingiurie del tempo e giaceva imballata dai veli delle ragnatele. Attorno al tavolo c'erano quattro sgabelli, zoppi e conciati similmente.
La stanza era ampia una trentina di metri quadri, il soffitto era basso e le pareti nude. A sinistra del tavolo si delineò la struttura di un letto matrimoniale. Il legno era della stessa fattura di quello del tavolo, la rete metallica era completamente arrugginita e una distesa di ragnatele e schifezze melmose sostituiva il materasso. Accanto alla porta c'era un vecchio comò da una parte, scaffali ricolmi di vasi di vetro dall'altra. Anche qui i ragni imperavano tra cocci, tappi di sughero, utensili e altro ciarpame.
Sulla parete di destra campeggiavano un canterano con un vecchio lume in ferro battuto, una vasca metallica con un tubo che sbucava dal muro, dal quale si originava una striscia nera e viscida fin dentro la tinozza, e, nell'angolo più lontano, una tazza in maiolica, scrostata e semi divelta dal suo alloggiamento: sopra di essa c'era un cordone metallico, ormai arrugginito, che un tempo probabilmente agganciava una tendina.
La parete di fronte era interamente occultata da un grosso scaffale, che girava ad angolo retto poco prima del water e straripava di libri antichi, erosi e avviluppati dalla lieve carezza delle ragnatele.
Superato il primo momento di trance, i ragazzi si dispersero nella stanza esaminando affascinati da ogni dettaglio. Stella iniziò dallo scaffale accanto alla porta, che accoglieva meraviglie ricoperte da una spessa glassa di polvere. Trovò una scatolina di metallo e riuscì a forzarla: ospitava due stilografiche vecchissime. Accanto c'era un involto di tela perforata, contenente posate annerite. Poi venne il turno di una spazzola da bucato incrostata. Cesti di vimini, un paiolo deformato, un borsone contenente attrezzi da cucina ormai privi di funzionalità. Da una pochette melmosa e molliccia saltarono fuori, oltre a un paio di ragnetti, un pettine con tre denti residui, una spazzola, frammenti di uno specchio annerito. In un pacco di cellophane era ripiegato un lungo paltò grigio stile anni Quaranta, bucherellato e pieno di pallini.
Guardando oltre lo scaffale intravide un particolare che le era sfuggito: una leva interna accanto alla porta. Si avvicinò e la studiò: avrebbe potuto spalancare la porta girevole. Ottimo.
Diana intanto esaminava il vecchio water sbilenco, cosparso di calcina. All'interno, una piccola e densa voragine sembrava condurre all'infinito: lo scarico era ostruito da melma nera su cui non volle ulteriormente indagare. Poi sfiorò il bordo della tazza e questa scricchiolò, facendola sussultare.
«Il tuo interesse per i cessi rasenta la morbosità» commentò Thomas, passandole accanto.
«Cazzone» replicò Diana, che comunque non conosceva il significato di "morbosità".
Improvvisamente si udì un gran fracasso all'ingresso del rifugio.
Tutti si voltarono, e dapprima non capirono. Stella era piegata in due davanti a una leva spezzata, reggeva qualcosa fra le mani. Thomas puntò la torcia sulla porta di cemento e constatò con orrore che la fenditura non si vedeva più.
L'uscio si era richiuso.
«No... Che diavolo hai combinato?»
Stella si voltò verso di loro, le brillavano gli occhi di uno strano languore.
«Volevo soltanto aprire la porta... ma il meccanismo era montato al contrario...» E rise come un'allucinata.
Thomas contò fino a tre ed esplose.
«Cioè? Fammi capire... Hai rotto un'altra leva?»
«Già» sospirò Stella come se nulla fosse. E annunciò, raggiante: «Ora siamo chiusi dentro!»
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Le Fronde del Salice
Teen FictionQuando il quindicenne scavezzacollo Christian si trasferisce con la madre nel vecchio Condominio del Salice Argentato, non sa ancora cosa lo attende. Un gatto misterioso, un vecchio nottambulo, rumori dietro le pareti... Quale grottesco segreto nasc...