Il vecchio e altri misteri

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Lisa camminava per icorridoi con un bel bicchiere di cioccolata calda, ridacchiando conle amiche.

Il bagnoera piccolo e affollato. Stella Maris stava svolgendo il suoesercizio preferito: appendersi al chiavistello della finestraarrugginita e dondolarsi. Aveva una ciocca di capelli più cortadelle altre: il giorno prima Lisa le aveva lanciato un chewinggumin testa e, per risolvere il problema dell'impiastro, Stella avevareciso l'intera ciocca.

«Maris, ti piace lacioccolata?» chiese Lisa.

«Oh,adoro la cioccolata, specialmente quella fondente!» rispose Stellalasciandosi cadere sul pavimento. Ma appena si voltò, cambiòradicalmente espressione. «Attenta, Katia!» esclamò, e spinse lacompagna contro la porta di un gabinetto. Ci fu un'improvvisaesplosione scura, accompagnata da un rumore viscido poco degno di unbotto, e mille gocce brune schizzarono dappertutto. Le due ragazze siappiattirono contro la parete, ma l'occhio sinistro di Stella sioscurò e le scarpe di Katia s'insozzarono.

Avevano avuto fortuna. Unagrande macchia scura si protendeva tra la finestra e il pavimento,risaltando orribilmente sulle pareti chiare. Le sue propagginicontaminavano angolo del vetro già patinato dallo smog. Se qualcunosi fosse trovato in quel punto, una calda glassa di cioccolatol'avrebbe ricoperto da capo a piedi.

Angela, sulla porta di ungabinetto, fissava incredula la scena che le si era parata davantiagli occhi, mentre le autrici di quello spettacolo si sganasciavanodalle risate.

«Bruttaputtana!» ringhiò Angela, scagliandosi contro Lisa. Colta disorpresa, la biondina gettò un urlo. Le amiche le vennero insoccorso.

«Sììì! Una rissa!Fantastico!» gridò Stella eccitata, e con impeto si gettò nellamischia, facendo saltare via le avversarie come Bud Spencer.

Non civolle molto prima che un bidello intervenisse. Ma dovette chiamare irinforzi, poiché le ragazze se lestavano dando di santa ragione. Poco dopo si ritrovarono tutte quantenell'ufficio del preside, stordite, le chiome spettinate, il voltoinfuocato e graffiato, i vestiti sciupati.

Ilpreside studiò le fanciulle una per una, poi guardò Stella Maris, einfine si chiese cosa avesse fatto di male.


Christian aveva appenascaraventato la bicicletta nel garage e si accingeva a calare laserranda. Evitava di andare a scuola in scooter, temeva sabotaggi. Ela contrattazione per il motorino nuovo si era arenata: non vedevaMonica da un pezzo, da quel fatidico giorno in cui era stato sultetto del palazzo e poi aveva perso trenta euro, e non aveva ilcoraggio di tornare a tampinarla. Si strofinò le mani impolverate,si voltò e la figura che vide in mezzo al cortile lo lasciò disasso.

Era quello strano vecchioche bazzicava intorno al condominio. Ma adesso era lì, nel cortile.Di fronte a lui.

Portava il solito cappellogrigio, la giacca nera consunta ma inspiegabilmente pulita, ipantaloni coordinati, le eleganti scarpe di vernice scrostata achiazze. Christian lo fissò sospettoso. Il vecchio sembrava gobboall'inverosimile, camminava con piccoli faticosi passettini emugolava tra sé e sé. Gli occhi stretti erano puntati sui suoipiedi. Poi, tra i monosillabi, pronunciò qualcosa che aveva il vagosentore di una frase.

«Eh... bisognerebbe andarea prenderla. Chissà da quanto tempo è là!»

Le sillabe eranoirriconoscibili, il vecchio parlava senza denti. Ma il senso dellafrase era quello.

In quel momento si udironodei passi sul selciato.

Era Stella Maris che tornavada scuola. Benché si fosse lavata l'occhio sinistro migliaia divolte, una lieve opacità le velava la vista ed era un gran fastidio,poiché quello era l'occhio da cui vedeva meglio, l'occhio daundici decimi. Da lontano, però, non poté non udire la vocesconnessa del vecchio. Si affacciò incuriosita nel cortile.

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