Una foto color seppia e un insulto

1 0 0
                                    

«Diventi grasso Yuri.Smettila di mangiare cioccolatini».

«Vaffanc... c... culo».

«Arrangiati, cotoletta dimaiale, lo dicevo per te. Ma sentilo, com'è diventatostrafottente».

«Dia... Diana, p-portamila-la macchinina nera».

Yuri si prese un lievescappellotto.

«Stella!» la riprese lanonna, scandalizzata.

«Oggi "portami lamacchinina nera"» si giustificò lei, «domani evasore fiscale.Non bisogna commiserare le persone. E poi non gli ho fatto male».

Poi aggiunse, rivolta a lui:

«E tu piantala di dareordini a tua sorella o ti strappo tutti i capelli, chiaro? Le bracciasai usarle e scommetto che, se ti metti d'impegno, sai muovereperfino le gambe. Me l'ha detto il dottore. Quindi non fare larogna».

«Vaffanc-culo! Vaff...anculo!» gridò Yuri, battendo i pugni sui braccioli della sedia arotelle.

Stella inforcò lacarrozzina e la spinse veloce per il corridoio.

Yuri sentì aprirsi la boccadello stomaco come su una giostra, poi vide una mensola schizzareverso di lui, inchiodando in tempo prima di colpirlo in fronte.

«Eccolaqui la tua macchinina».

Yuri afferrò con rabbia ilmodellino sulla mensola, si torse più che poteva sulla sedia e loscaraventò contro la sorella. Ma il giocattolo si schiantò control'armadio.

«Pessima mira, ragazzino.Riprova, sarai più fortunato».

Detto questo se ne andò,lasciando il bambino a dimenarsi e a farneticare in solitudine.


La porta di vetro sispalancò, la campanella trillò con violenza.

Un ragazzo si voltòallarmato; i suoi occhi si dilatarono tentando di focalizzarel'autore di quella burbera entrata. Un'ombra di tedio attraversòil suo volto, alla vista della ragazzina che gli sorrideva raggiante.Poi tornò a sistemare lo scaffale come se niente fosse.

«Buonasera,ragazzo-di-cui-non-ricordo-mai-il-nome!» salutò. «Dov'è l'altroragazzo-di-cui-non-ricordo-mai-il-nome?»

«Di là»rispose il giovane senza nome, rivolto verso lo scaffale. «Nondisturbarlo, perfavore».

«Grazie mille!» esclamòStella Maris con un tono esageratamente gioviale. E seguì il tappetoverde fino alla stanza attigua.

Un giovanotto dallacapigliatura ribelle era impegnato a fotografare un uomo sedutodavanti a un telo celeste. Stella Maris decise di seguire il monitodel collega e sedette a sfogliare un catalogo matrimoniale. Gli sposierano tutti belli e sorridenti, senza una virgola fuori posto, e iloro vestiti candidi o neri brillavano tra fronde verdi o zampillid'acqua sfolgorante. Purtroppo non riuscì per molto a mantenere ilproposito di attendere in silenzio.

«Santo cielo. Questovestito deve essere stato ritoccato al computer. Guarda la luce. Conun sole così, al tramonto, è impossibile che la piega del vestitoabbia questo colore».

I due sobbalzarono. Ilragazzo sollevò la testa imbarazzato.

«Ne riparliamo un'altravolta, okay?»

«Se io un giorno mi dovessisposare» proseguì incurante Stella Maris, riponendo il bookfotografico, «non metterei in piedi questo casino. Niente fotografo,niente chiesa traboccante di fiori, niente musica solenne, nientecantanti, niente riso sprecato, niente banchetto, niente parenti allalontana. E neanche alla vicina. Non voglio neanche il prete. Anzi,sai che faccio? Non invito neanche lo sposo. Mi sposo con me stessa!»

Le Fronde del SaliceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora