L'enigma delle valvole

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Thomas rimase di sassoquando scoprì la tomba sotterranea. Incapace di aprire bocca, silimitò a gesticolare in modo incomprensibile accennandoall'inquietante blocco di pietra.

Stella lo guardò: le facevatenerezza. Di recente aveva sperimentato una strana repulsione perlui, una sorta di risentimento, come quando si trovava chiusa incamera con tre bambini tutti a strillare a più non posso.L'irritazione cresceva se si domandava che diavolo lui le avessefatto. Ogni volta che gli si avvicinava avvertiva strane vibrazioni.Lei percepiva le vibrazioni di chiunque, e quelle erano vibrazionicattive. Prima di entrare nel tunnel aveva cercato mille scuse pernon farsi accompagnare, ma alla fine, con riluttanza, aveva dovutocedere.

Ora, inquel buio spettrale e di odore aspro, profanato dai raggi di lucedelle torce, le loro posizioni sembravano parificarsi. Thomas eratornato il bambino indifeso che lei sopraffaceva quand'era piccolae più sviluppata fisicamente. Forse era l'influsso perturbante diquella tomba trascurata, che custodiva un segreto colossale,inimmaginabile, tale da rendere qualsiasi persona al suo cospettominuscola e vulnerabile, suscettibile della compassione altrui.

«Ma... è sepolto veramentequalcuno, qui?» domandò Thomas.

Stella gli rivelò labustina con l'antica foto e la ricostruzione allo scanner. Avevaatteso il momento giusto per mostrargliela: le piacevano le sortitead effetto.

«Chi è?» chiese Thomas.

«Non l'ho ancora capito,ma penso di conoscerla».

«Beh, èun viso abbastanza comune di donna».

«Invece no. Guarda ilmento, e il naso. Hanno una forma particolare, pronunciata».

«Come no» disse Thomas frai denti, certo che fosse affetta da suggestione cinematografica.

«Okay, lasciamo perdere,per ora. Concentriamoci su quella grata».

Stellasapeva bene come rosolarsi nella suspense. Tenne fissa la chiavettadavanti a sé come per propiziarsi gli dèi, poi s'inginocchiòpresso la grata e fece gemere la serratura cigolante.

Il varco che aprironoconduceva a un breve corridoio affine ai precedenti, con murigocciolanti e melmosi e tanfo di muffa. Tre gradini logori verso ilbasso e un nuovo corridoio. Qualcosa di inquietante si andavadelineando dal lato opposto, con uno strano luccichio.

Ma era solo una portametallica. Arrugginita in più punti, era provvista di tre grossevalvole circolari posizionate una sotto l'altra: sembrava ilportellone di una nave. Che ci faceva un portone del genere làsotto?

Ripresosi dallo stupore,Thomas provò a stringere una valvola fra le mani e spinse con tuttele sue forze. La valvola, però, emise un cigolio beffardo e ruotòdi poco. Provò nell'altro senso. Armeggiò con le altre due,strinse i denti fino a farsi fuoriuscire le budella, ma niente dafare. Alla fine, stremato, si lasciò andare contro la parete. Stellaera rimasta a scrutarlo con le mani ai fianchi.

«Che hai da fissare?» feceThomas irritato. «Hai un'idea migliore?»

«Sì. Un po' d'olio.Andiamo».

Thomas esitò.

«Ehi, unmomento. Non è che c'è sotto qualche altra diavoleria del tuoamico? Una qualche "cosetta semplice" che io non riesco a capiree tusì?»

«Appunto. L'olio». Lavoce di Stella echeggiò da lontano. «Ma questa è una diavoleriadel tempo per complicarci le cose. La soluzione dell'enigma stanell'iscrizione sulla tomba».


«Ed ecco il mio ultimotatuaggio. Questo è il fuoco, e questo è un drago stilizzato».

Aveva una voce piuttostorauca il tizio che cercava di intrattenere i ragazzi nel campo.Capelli lunghi ma molto radi, sciupati e sul grigio andante,tarchiato, la pelle del dorso e delle spalle tappezzata di disegnipsichedelici.

«Sapete quanto sono rimastolì? Due ore. Sissignori, due ore esatte sotto i ferri. Eh, ma quellici sanno fare...»

Una sigaretta schiacciatagli ballava in bocca, il suo fiato fetente investiva i ragazzini chesi ritraevano nauseati. Si muoveva tranquillo sull'erba con un paiodi ciabatte consunte, pantaloni sgualciti e una canotta decisamentefuori stagione. Il suo incedere era pesante, faticoso. Ma lui non siponeva alcun problema nell'avvicinarsi oltre il limite ai suoiinterlocutori.

«Ilsoggetto me l'ha suggerito lei.Mi ha detto: "c'è l'acqua, l'aria, la terra, manca solo ilfuoco con le sue creature." Così sono tornato in bottega e hosuggerito l'idea al mio amico».

«E... e... e ora guardate imiei tatuaggi» intervenne il piccoletto, sfoderando i bicipiti.«Guardate, eccoli qui i miei tatuaggi! Sì sì!»

E con il dito indicò isolchi dei bicipiti. Christian osservava la scena basito, Monica sivoltò dall'altra parte, disgustata. In quell'attimo le parve discorgere un'ombra ferma in lontananza, ma attribuì al sole quellafugace apparizione.

Rumori nella botola.

Due voci emersero dalleprofondità, e poco dopo la coppia di pionieri apparve in superficie.

«Che c'è lì sotto,ragazzi?» domandò il tatuaggio vivente, con la sua voce cavernosa.

«Niente» rispose Thomas.«Solo fogne e topi morti».

«Voi due, smettetela diimportunare i ragazzi. Andate a fare la guardia alle mie statuette diplastilina» ordinò Stella Maris.

In primavera le piacevafabbricare oggetti con la creta (miniature, posacenere, portapenne),li dipingeva e li disponeva ad asciugare su un fazzoletto stesosull'erba. Se non aveva niente da fare, rimaneva pressol'esposizione a conversare con le sue creazioni.

Thomas scrutò conimpazienza l'orologio, mentre Stella chiariva la situazione.

«Ci sono delle valvolemolto ostinate là sotto. Vanno oliate. Qualcuno di voi ha dell'olioa portata di mano?»

«Che domande» disseMonica, alzandosi.

Mentre buttava all'arial'autorimessa in cerca di olio lubrificante, Thomas gettavafrequenti occhiate apprensive al suo orologio da polso.

«Ma chehai? Cos'è questa fretta?» s'insospettì Stella.

Monica sorrisemaliziosamente. Thomas tentò di intimidirla con un'occhiataccia, malei aveva già aperto bocca.

«Esce con una».

Tradito, il ragazzo non potéche rivolgere a Stella un sorrisetto di sfida in attesa del solitocommento mordace. Ma lei si limitò a un...

«Congratulazioni. Cerca divenderle questo al miglior prezzo». E gli lanciò un oggetto sottilee colorato: un bracciale di perle dai colori dell'arcobaleno.Mentre lui tentava di elaborare mentalmente quella raccomandazione,la sorella lo riportò alla realtà.

«Ma non c'è!»

«Comesarebbe nonc'è?»

«Non lo so, è sempre statoqui! Papà deve averlo finito, oppure se l'è portato in officina».

Tutti e tre rimasero aguardarsi per qualche istante. Poi Stella decise di aprire il suogarage. Si udì un trambusto terrificante, come se stesse facendo apezzi qualcosa; infine emerse completamente spettinata reggendo unflacone di vetro verde.

«Potrà andare bene l'oliod'oliva?» chiese, seria.

«Non dire stronzate!»replicò Thomas. «Andiamo a comprarne uno».


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