La tomba

1 0 0
                                    


Non sapeva da quanto tempofosse lì a osservare quella tomba. Sembrava una vera e propriacamera mortuaria sotterranea. La terra era nuda; qua e là vasipolverosi riempiti di fiori finti anneriti e avvolti da bozzoligrigiastri, un lumino spento, una lapide in pietra con incisioninere, un ghiaietto.

Stellaera rimasta a bocca aperta. Si trovava in una piccola cappellasegreta puzzolente e assalita dalle alghe, la quale aveva un ché dideprimente ma di concreto allo tesso tempo: esattamente l'oppostodelle tombe pulite e ben curate del cimitero, con i fiori freschi, isassolini bianchi nelle vasche di marmo screziato, la pietra candidacon incisioni dorate.

Un senso di stantio subentròin lei. Ora si trovava in una palude maleodorante, sempre al cospettodi quella tomba marcia e nera, ma stavolta circondata da sterpirinsecchiti. Il cielo era violaceo e oscurava la terra, sembravanotte benché fosse ancora giorno. Attorno era la solitudine piùcompleta, non si udiva altro che il vento, qualche tuono lontano, ilamenti sommessi di upupe e civette.

Quelposto era reale, era immagazzinato in un angolo del suo cervello comericordo e non come fantasia. L'abbandono.Ecco cosa voleva comunicarle quella tomba. Parlava soltanto quando ilcielo diventava così livido da anticipare la notte.

Sentì che stava perdendol'equilibrio; allungò la mano per aggrapparsi a qualcosa e siritrovò di nuovo in quell'antro oscuro, con il braccio proteso. Lostesso cupo sepolcro era lì ora; cambiava soltanto l'ambientazione,sottoterra invece che all'aperto, ma era sempre intriso di quellamalinconia gotica da casa vittoriana abbandonata.

Si avvicinò e rimosse lamelma che ghermiva la pietra. Qualcosa era incastonato nella lapide.Un riquadro di materiale plastico completamente imbrunito, comearrostito dal fuoco. A giudicare dalla cornicetta annerita dovevatrattarsi di una fotografia.

Stella la afferrò con leunghie e se la ritrovò in mano. Dentro alla protezione di plexiglasc'era un frammento molto fragile, tanto fragile che rischiava didisintegrarsi all'aria. Ne sollevò un lembo con la punta delledita e puntò la torcia. L'umidità della sua pelle sudicia loscioglieva.

La superficie era crepata;non poteva dirlo con certezza ma le pareva di scorgere al centro unamacchia bianca, un'evanescenza dalle parvenze umane. Di nuovo quelsenso di stantio. Era come scivolare in un pozzo profondo o vorticaresu una giostra, in preda a un terrore mescolato a intenso piacere.

Quelfantasma bianco e marrone era impressionante. Lo osservò perinterminabili minuti, sentendo crescere dentro sé una curiositàmorbosa. L'antico e il deteriorato l'attraevano in modoformidabile. Amava i film annosi dove il bianco sovrastava il nero,le foto color seppia, i nastri che riproducevano canzonisbrindellate.

Chi eraquella donna? Perché, ne era sicura, eraunadonna. Il marrone dei capelli scendeva obliquo dando un taglioparticolare al viso bianco.

Risistemò il frammento dicarta nella protezione e se lo infilò in tasca. Si guardò attorno:era quello il capolinea? Pareva di sì, doveva solo scoprire a chiapparteneva quella tomba. Eppure c'era qualcosa che non quadrava:un'altra grata a mezzaluna.

Ispezionò la lapide, ma irilievi erano consumati: c'era un nome pieno di A e di R, e sottouna serie di numeri irriconoscibili, dei quali solo un 8 era statorisparmiato dallo sgretolamento.

Convinta che non fossefinita lì esaminò i vasi dei fiori. Li sollevò con non pocafatica, parevano ormai un tutt'uno con la pietra tombale. L'acquaputrida accumulata all'interno gorgheggiò, e un fetore di lumachemorte per poco non la fece svenire. Svuotò i vasi ed estrasse uno auno i fiori che ormai parevano letteralmente palle di sporcizia,ottenendo in cambio solo vermi e marciume.

Poi se ne accorse.

C'era un'altraiscrizione, prima occultata dai vasi di fiori. Stavolta era incisaprofondamente nella pietra, bastava ripulirla per poterla leggere.

Le Fronde del SaliceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora