Il diario

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"Anton mi haconsigliato di scrivere. Questo, sostiene, dovrebbe apportarmi deibenefici. Innanzitutto, tenendomi la mente occupata, mi distoglieràda mille inevitabili preoccupazioni. In secondo luogo riempiràqueste giornate tediose in cui, obbligata in uno spazio angusto, nonmi rimane molto da fare. Terza cosa, aiuterebbe una donna letterata eintelligente come me (così dice) a tenere la mente allenata.

Non da ultimo egliauspica che un giorno, usciti da qui, i miei pensieri diventinotestimonianza di ciò che abbiamo patito perché il mondo, ancoraignaro della nostra condizione, capisca.

Comincerò quindi adescrivere la nostra situazione attuale.

Forse dovrei definirmifortunata, anziché piangermi addosso. Siamo nascosti in una cellasotterranea, ricavata da un rifugio costruito nella prima guerramondiale, a sua volta derivato da un sistema di cunicoli cherisalgono a tempi ancora più antichi. Anton ha fatto collegare,tramite un tunnel, l'edificio in costruzione con questisotterranei. Ma forse dovrei prima spiegare chi è Anton.

Io emio marito eravamo proprietari terrieri. Parlo al passato perchéOrlando, prima di volatilizzarsi nel nulla, ha venduto quasi tuttoquello che non ci era già stato espropriato da queste strane leggiimportate con la guerra. Anton era architetto e capomastro delcantiere e ha comprato lui questo appezzamento. La costruzione cheOrlando aveva progettato di edificare, un palazzo di quattro piani,aveva già le fondamenta. Appena Orlando ha fiutato le crescentirestrizioni a cui stavano sottoponendo la comunità ebrea e glioppositori politici, appena è venuto a conoscenza dei dissidentideportati verso mete sconosciute di cui poi non si è avuta piùnotizia, è scomparso. All'inizio temevo fossero andati a prenderloin ufficio... Poi mi è stato detto che invece era passato da lìsoltanto per ultimare le pratiche della vendita dei terreni, e poi sen'era andato volontariamente... In pratica era da tempo checontrattava tacendomi tutto. Io avrei dovuto capirlo, tutte quellestrane telefonate, le assenze ingiustificate... Ma poiché mio maritoè sempre stato un estraneo nel mio letto, non ci badavo nemmeno.

Quello che più mi fasoffrire è che non ha pensato minimamente a noi! Nemmeno a suofiglio, sangue del suo sangue! Probabilmente aveva già pronta la viadi fuga, chissà dove, ed era una via per una sola persona. Così hapensato bene di abbandonarci al nostro destino. Come potrei tornarecon lui se un giorno tutto dovesse finire?

Ora però è meglio chelasci perdere. Ho già scontato troppi giorni di rabbia e sofferenza,e non voglio ulteriormente inondare queste pagine di frustrazione.

Anche perché poi hotrovato Anton. Lui è... diverso. All'inizio mi pareva strano chequalcuno dedicasse così tante attenzioni a me. Pensavo lo facesseper i soldi. Ormai era ricco e poteva permettersi di sposarmi, orache mio marito era scomparso. Con gli anni ho scoperto che invece eratutt'altra persona. Aiutava gli ebrei a fuggire. Costruiva rifugisegreti e procurava viveri ai malcapitati. Era, come ama definirsi,un dissidente.

Quando entrammo inconfidenza, mi disse che stava rendendo agibili i tunnel sotterranei,venuti alla luce durante gli scavi. Alcune zone erano semidistrutte,ma lui era riuscito a ricavare da quelle antiche rovine un rifugioper i fuggiaschi dell'invasione dei nazionalsocialisti. Il destinoha voluto che poi ci finissimo noi.

Noi non siamo ebrei, maaveva ragione Orlando ad avere paura.

Veramentemi costa molto parlare di ciò che ho subìto. Dio che orrendogiorno. Non me la sento di descrivere l'angoscia che ho provato,passo oltre.

Dico solo che Anton,appena appresa la notizia, non ha perso tempo. Nell'arco di dueminuti mi ha fatto preparare pochi bagagli e mi ha condotto in questorifugio, con mio figlio quattordicenne.In questo intervallo di tempoi cani sono passati a casa mia, hanno bussato alla mia porta enessuno ha risposto. Così avranno pensato che siamo fuggitiall'estero, e invece siamo qui nascosti a pochi chilometri da casae a pochi metri sotto il terreno.

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