Il rumore del silenzio

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Ron era steso a terra e si massaggiava la testa dolorante.
Lo aveva colpito proprio sulla nuca.
Hermione aveva ancora le lacrime agli occhi. Non era possibile, no.
Ron, il suo migliore amico, che la maltrattava? Forse stava sognando di nuovo.
Sì, sicuramente era così. Eppure sembrava tutto reale. E lo era.
Poi alzò gli occhi dall'amico a terra e guardò in quegli occhi infiniti, che a loro volta stavano guardando i suoi, vuoti e sofferenti. Draco.
«Ma che succ...Ron!» urlò Ginny.
Ancora nessuno si era reso conto della ferita di Hermione, che sembrava carbone ardente sulla sua pelle candida.
La garza si era staccata e ora si poteva benissimo vedere il sangue.
«Ginny, portiamolo al San Mungo, presto. Malfoy, resta con Hermione. Toccala e ti faccio fuori» disse Harry e subito dopo se ne andò con i due Weasley.
«La ferita, Granger. Bisogna medicarla o...» iniziò Draco, ma appena incrociò lo sguardo di Hermione, si bloccò.
Tremava. Dalla punta dei piedi in sù. E non era per l'aria fresca primaverile, ma per come l'aveva trattata Ron. Nessuno l'aveva mai toccata in quel modo.
D'impulso, Draco le prese la mano e la portò nella sua stanza.
Ormai più che una stanza, sembrava un ospedale.
Le rimise la garza, ma la ragazza continuava a mantenere quell'espressione sconvolta di poco prima.
Poi, finalmente parlò.
«L-lui v-voleva che lo b-baciassi. Mi ha p-presa per il braccio e...» sussurrò Hermione e non riuscì più a parlare.
«Granger, non sono bravo a consolare, ma ti dico solo che non tornerà dall'ospedale per un po'»
«Perché lo hai fatto? Tu mi odi» disse lei.
«Non hai capito nulla, Granger. Sai, ho imparato molto da ciò che ti ho fatto e una cosa è certa: non si toccano le ragazze. Tantomeno tu. Io ti ho già detto che mi dispiace per quello che ti ho fatto. E poi, posso capire cosa tu abbia provato prima con Ron. Non avere il coraggio di ribellarsi ad un qualcosa che ci sembra più forte di noi, ma che invece è più codardo di chiunque altro» disse Draco.
Hermione aveva capito tutto. Parlava di suo padre, probabilmente. Malfoy non si è potuto godere la sua infanzia per colpa del padre e della sua mania del controllo, mania della perfezione, mania della superiorità.
Lo guardò. E poi lo abbracciò. Decise che non le importava nulla delle loro vecchie liti, ora voleva solo abbracciarlo.
Il ragazzo ricambiò il gesto, come fossero amici da sempre.
«Granger, dovresti riposare»
«E tu?»
«Lo so che vuoi che io rimanga» disse Draco, con il suo solito sorrisetto maledettamente accattivante.
«Oh, beh, no, cioè, non devi per forza...» mormorò Hermione, mentre andava a fuoco.
Ma il biondo non l'ascolto e si sdraiò accanto a lei, tenendole il braccio ferito.
Dopo un minuto di imbarazzante silenzio, Draco parlò.
«Sai, Granger, a volte penso a quanto il mondo sia strano. Prima nasciamo in un modo e poi, subito dopo, ti ritrovi nel corpo di una persona totalmente diversa da quella che eri. A volte cambiata in meglio, a volte in peggio»
«A chi ti riferisci?» chiese la ragazza.
«A tutti. Prendi Potter: è cresciuto con l'idea di essere un normale ragazzino e invece ora è colui che ha sconfitto il Signore Oscuro. Oppure Weasley: da bambino maldestro e buffo, a brutto defic...»
«Draco, evita»
«Scusa. Oppure, prendi te: eri la sapientona del gruppo, non che tu non lo sia ancora, sempre pronta ad intervenire durante le lezioni per farti notare. E ora sei...»
Il ragazzo si bloccò.
«Ora sono?»
«Nulla»
«E dai, voglio saperlo!»
Ad un tratto, la porta della stanza si aprì.
«Tesoro, sono tornata. Oh, scusate» disse la madre di Hermione, vedendo Draco.
«Stiamo solo parlando. Gli altri sono, ehm, usciti» disse la ragazza, ben poco convincente.
«Va bene, se avete bisogno sono sotto» disse e chiuse la porta.
«Allora, cosa sono adesso?» chiese ansiosa Hermione.
«Sei insistente, ecco cosa sei!»
«Cattivo»
«Guarda che me ne vado, eh!» disse,sorridendo, Draco.
«Uff, scusa»
«Vuoi proprio che resti, vero?»
«Zitto», rise anche Hermione.
Il biondo continuava a tenere la mano sul braccio della ragazza,come se volesse proteggerlo. E lei sembrava non aver intenzione di spostarsi.
E si addormentarono così, col rumore del silenzio che invadeva la stanza, come il profumo di gelsomino.

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