Nove anni dopo
Bussai ripetutamente alla porta di quello che sarebbe dovuto essere il mio appartamento. Il palazzo era quello giusto, perché il numero civico coincideva con quello che mi era stato comunicato dai proprietari. Non ero sicura sul portone, perché avevo dimenticato se fosse quello di sinistra o quello di destra.
Avrei abitato lì, al secondo piano. Per il momento avevo lasciato le valigie in macchina. Il mio adorato pick up blu metallizzato mi aspettava nel parcheggio. L'avevo ritenuto subito la mia auto perfetta. Al contrario di quello che solitamente si dice delle donne, me la cavavo alla guida. Ero venuta con il pick up dall'Alabama fino a Stockton, a due ore da San Francisco. La California mi aveva sempre incuriosito parecchio, ma non ci ero mai stata. Nonna Philippa mi aveva sempre detto di inseguire i miei sogni e così, quando decisi di andarmene, scelsi una località piuttosto distante. Il più distante possibile dai miei genitori.
Una ragazza bionda e minuta fece capolino da dietro la porta. Le sorrisi, tentando di apparire rassicurante. O per lo meno tentando di avere un'aria cordiale.
"Tu devi essere la nuova inquilina. Piacere, Mayra" mi porse la mano, strigendola calorosamente. "Maeve! É arrivata".
Un'altra ragazza sbucò dal corridoio. Poco più alta di quella che si era presentata come Mayra, aveva il suo stesso colore di capelli. E anche gli stessi occhi verdi.
"Ciao, mi chiamo Maeve Hamilton. Sono sua sorella" indicò l'altra. Ora capivo la somiglianza, si trattava di un legame di sangue. "Tu chi sei?".
"Oh, giusto. Non mi sono ancora presentata. Phoebe, Phoebe Parker" le porsi la mano.
"Non hai delle valigie?" chiese Mayra.
"Sì, le ho lasciate in macchina. Volevo prima verificare che fosse il posto giusto" risi.
"Il pick up blu é tuo?" domandò Maeve, che nel frattempo si era affacciata alla finestra. Il tono della domanda era ricco di sorpresa, di meraviglia, direi anche di incredulità.
"Sì, é mio"."Lo adoro! Ti aiuto con i bagagli, così posso vederlo da vicino".
Un ascensore avrebbe fatto comodo, ma ce la cavammo ugualmente. D'altronde, non avevo portato con me molta roba. Mi mostrarono la mia camera e fu amore a prima vista. Era piccolina, ci stavano a malapena un letto matrimoniale e l'armadio, oltre ad un tavolino ma che avrei usato come scrivania, ma la trovavo adorabile. Il legno bianco e antico le dava un'aria molto curata. Le lenzuola rosse rendevano il tutto più vivace.
L'appartamento in sé era molto grazioso. Oltre al salotto ampio e confortevole vi era un piccolo cucinotto con tutto ciò che serviva a tre studentesse del college che di certo non avevano tutto questo tempo da dedicare ai fornelli. Avevamo quattro camere, una era vuota, e due bagni. Le sorelle ne avrebbero condiviso uno, per cui l'altro era di mia proprietà. Ero già entusiasta.
"Ti va se ci sediamo e parliamo un po' di noi?" mi chiese Mayra, quando ebbi finito di riordinare la mia nuova stanza.
"Volentieri" la seguii in salotto.
"Allora, da dove vieni?" iniziò Maeve.
"Birmingham, Alabama".
"Lontano. E il pick up, te lo sei fatto portare?".
"Oh no, ho guidato io".
"Ma deve essere lontanissimo! Troppo lontano" esclamò la sorella, mettendosi le mani nei capelli per ravvivarli.
"Un giorno e otto ore. Ci ho messo due giorni e mezzo, calcolando che mi sono fermata più volte" spiegai. Non era stato pesante. Avevo potuto osservare l'America, dato che non mi ero allontanata da quella che sarebbe dovuta essere casa mia. Christabel e Robert, che da nove anni rifiutavo di chiamare genitori, viaggiavano molto, ma sempre da soli. Non avevano mai portato me o Pearle con loro, probabilmente perché avremmo intralciato i loro piani. E dopo la morte della mia gemella mi rivolgevano a malapena la parola. Di certo, non mi avrebbero portata in vacanza.
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Inconsapevolmente
RomanceDall'Alabama alla California con il suo pick up blu. Phoebe sta scappando da una vita che non sentiva più sua, o che non era mai stata sua. Stockton é il luogo giusto per inseguire i suoi sogni, cancellando tutto ciò che é accaduto prima del trasfer...