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Mi svegliai quando la porta si spalancò improvvisamente. Così come i miei occhi, sopraffatti dallo spavento.

Il braccio di Kyle circondava ancora la mia vita, così come ci eravamo addormentati la sera prima.

Ah, quel bacio. Lo avevo sognato tutta la notte.

"Zio! Svegliati. É arrivato Santa Claus!" cinguettò una vocina femminile dall'ingresso della stanza.

Giurai che si trattasse di Natasha. E la mia intuizione fu confermata quando, con la coda dell'occhio, feci cadere il mio sguardo sulla bambina. Indossava un buffo pigiama natalizio, che mi ricordò immediatamente quello che avevo comprato per Maeve e Mayra. Mi promisi di chiamarle più tardi.

Feci per alzarmi e seguire la bambina entusiasta, ma la mano di Kyle strinse in modo più possessivo il mio fianco.

"Arrivo, Nat. Aspettami giù" mugoló, la voce impastata dal sonno. Si poteva essere così maledettamente sexy anche di prima mattina, appena svegli? Beh, lui lo era.

La nipote prese alla lettera le parole dello zio. Saltelló fuori, chiudendo la porta dietro di sé. Sentii Kyle sospirare, ma non parlò. Si limitò a tenermi stretta a sé, accarezzandomi il fianco con il pollice.

Il cuore mi batteva all'impazzata. Non credevo di essere pronta né ad avere una relazione con lui, né a far finta che non fosse successo niente. Cosa volevo? Non lo sapevo nemmeno io.

"Forse sarà meglio alzarsi" affermai, apparendo molto meno convinta di come avrei voluto. Sgusciai fuori dal suo abbraccio e mi misi in piedi. "Vado in camera a vestirmi. Faccio presto. Ci vediamo giù".

E scappai. Perché? Non lo sapevo nemmeno io.

Corsi per tutto il corridoio, fino alla porta della stanza degli ospiti. Mi chiusi dentro e mi lasciai andare contro la porta.

Chiusi gli occhi. Avevo avuto da poco il mio primo bacio - e che bacio -, mi ero svegliata accanto ad un ragazzo che mi teneva stretta a sé. Ed io, che cosa facevo? Scappavo.

Ero sempre stata brava soltanto a fare quello. A correre via, ad evitare i miei problemi. A chiudermi in me stessa e lasciarmi consumare dai sensi di colpa.

Indossai la calzamaglia sotto al mio vestito preferito per il Natale, una maxi maglietta in lana calda e confortevole, nemmeno troppo corta. Rimisi le babbucce ai piedi, pettinai i capelli e li raccolsi in una coda alta. Mi sciacquai il viso con acqua ghiacciata. Forse, speravo di risvegliarmi da un brutto incubo. Me ne ero andata da Birmingham, qualche mese fa, per ricominciare da capo. Ma per avere una vita senza complicazioni, senza problemi. Io volevo essere il più possibile invisibile. Okay, qualche amico andava più che bene. Ma non ero pronta ad avere nessuna relazione. Non ancora, per lo meno. E non ne sapevo neanche il perché. L'unica coppia che avevo avuto la possibilità di osservare era quella di Robert e Christabel. E che coppia! Solo alleati sul lavoro. Per il resto, due sconosciuti con i soldi che condividevano per caso la stessa abitazione. Come avrei potuto fare, essendo loro figlia, ad avere un buon esempio a cui fare riferimento? Conoscevo solo loro.

La smisi di lasciarmi sopraffare da tutti quei pensieri contorti. Mi tolsi i rimasugli di trucco della sera prima, misi una crema idratante, lavai i denti. Un filo di mascara e correttore, giusto per non sembrare uno zombie.

Ma lo sembravo comunque.

Perché lo zombie, in quel momento, lo avevo dentro. E non sarebbe di certo bastato del trucco a farlo andare via.

Mi posizionai davanti alla porta della stanza e lì ci rimasi almeno cinque minuti. Alternavo una serie di respiri profondi ad istanti in cui chiudevo gli occhi, cercando di cacciare ogni sensazione negativa.

Andava tutto bene.

Afferrai con forza la maniglia, contai fino a tre, infondendomi coraggio, e la aprii. Prima di poco, giusto quello che bastava per controllare che Kyle non fosse nel corridoio.

Solo dopo aver verificato di avere il via libera, la spalancai e mi affrettai a correre giù per le scale. Per poco non inciampai, incastrando le babbucce negli scalini. Ah, che sbadata. Ero e sarei rimasta sempre la solita sbadata.

Non feci neanche in tempo a realizzare di essere nel salotto di casa Hudson, che un grido entusiasta mi giunse alle orecchie.

"Buon Natale!".

L'intera famiglia era riunita attorno all'albero finemente decorato. Palline rosse e dorate pendevano da ogni ramo, accompagnate da altre a forma di campane e di caramelle. In cima, una gigante stella oro troneggiava, facendo splendere la sua luce nell'intero salotto.

Noah mi si avvicinò, mettendomi tra le mani una scatolina blu. Lo guardai incuriosita. Non mi aspettavo un regalo da parte loro. É vero, anche io ne avevo presi per loro. Ma ero l'ospite. Mi sentivo in obbligo, in un certo senso. Loro no, non avrebbero dovuto.

"Buon Natale anche a voi. Grazie, Noah. É per me?" domandai, forse balbettando un po' troppo.

Rispose sua madre. "Un pensiero, da parte di tutti noi. Una sciocchezza, veramente".

Sorrisi raggiante. Era così bello stare lì, in mezzo a loro.

"Anche io ho qualcosa per voi. Vi spiace se salgo in camera a prenderlo? L'ho scordato" dissi, vergognandomi terribilmente.

Lysette mi rimproverò. "Non dovevi, cara. Tu qui sei la benvenuta, sempre".

"Ci tengo molto. Faccio subito" annunciai, voltandomi e sparendo dalla loro vista.

Saltellai sulle scale, gradino dopo gradino. Quello che non avevo calcolato, però, era che Kyle non era ancora sceso in salotto. E fu troppo tardi cercare di evitarlo quando me lo trovai davanti nel corridoio, intento a raggiungere il piano inferiore.

Feci finta di niente, impiegando tutto l'autocontrollo che possedevo. Tentai di scivolargli accanto, in silenzio e con lo sguardo chino. Quanto avrei voluto essere invisibile, in quel momento.

"Fermati" mi disse deciso, afferrandomi il braccio con fermezza.

"Ahi" mi lamentai, facendo un passo indietro.

"Scusami".

Ci guardammo in silenzio, per qualche istante. Una tensione mai notata prima si era instaurata tra di noi, dopo il bacio della sera precedente. Come una calamita, mi sentivo irrimediabilmente attratta da lui.

Volevo fare un passo avanti, poi un altro, un altro ancora. Ma il poco autocontrollo che possedevo mi trattenne. E ne fui felice.

"Dobbiamo fare finta che non sia successo niente?" sussurrò, senza spostare i suoi occhi azzurri e profondi dai miei.

Scossi la testa. "Sì, Kyle, dobbiamo" risposi, rendendomi conto fin troppo bene della fatica che quelle parole mi costarono.

"Perché?". Una semplice domanda, in fondo. A cui io, però, non potevo rispondere. Semplicemente perché nemmeno io lo sapevo con precisione.

"Non sono pronta" mi limitai a dire, scrollando le spalle. Chinai il viso, interrompendo quel contatto che era veramente troppo intenso per me.

"Quello che é successo ieri sera è stato tutto vero. É il tuo primo bacio, io voglio che tu ne abbia un bel ricordo. Non vorrei mai che resti uno sbaglio per te" mi spiegò con dolcezza. Accidenti, che parole. Nessuno me ne aveva mai dette di così belle. Nessuno prima di incontrare lui mi aveva fatto sentire così bene.

Sorrisi timidamente. "Non penso sia stato uno sbaglio. In quel momento, lo volevo. É andata così, non posso più tirarmi indietro. Non voglio dimenticarlo, non voglio far finta che non sia mai successo. Però non voglio che ricapiti, perché io non sono pronta".

Kyle mi guardò come non aveva mai fatto prima. Sembrava quasi.. spaventato, da me. Nei suoi occhi c'era qualcosa di diverso, di strano, di nostalgico.

Restammo a contemplarci per altri minuti. Interminabili.

"Anche io ho paura, scricciolo. Quanto te, forse più di te. Io.. nemmeno io sono pronto" disse, scuotendo la testa "Non potrei darti quello che ti meriti. Io non posso. Non sono pronto".

E se ne andò, lasciandomi imbambolata nel bel mezzo del corridoio, a chiedermi con insistenza il significato di quelle strane parole.

InconsapevolmenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora