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Mi fece entrare nella stanza e richiuse la porta alle mie spalle, dopo aver acceso la luce. L'intera camera si illuminò. Era la prima volta che mi trovavo lì e mi presi qualche istante per osservarla.

Feci vagare lo sguardo dal grande armadio bianco, in buona parte ricoperto di fotografie, al letto matrimoniale con le lenzuola di un giallo tenue, alla scrivania ricoperta di libri e fogli sparsi. Però. Non era esattamente il genere di stanza che avrei immaginato per lui. Pensavo fosse molto più... maschile. Era anche vero che, ormai, lui non viveva più lì.

D'un tratto mi ricordai di aver dimenticato una cosa. Di fondamentale importanza. "Non ho preso il pigiama" feci per uscire dalla stanza "torno tra un secondo".

Non feci neanche in tempo ad abbassare la maniglia della porta, che una presa stretta sul polso mi trattenne. "Non serve. Ti posso prestare qualcosa di mio".

Lo osservai di sbieco. Cavolo, indossare i suoi vestiti era una cosa così intima. Eppure, mi ritrovai ad annuire. Sentire il suo profumo sulla mia pelle mi rendeva euforica.

Aprì un cassetto del comodino e mi lanciò una t-shirt. Bianca, con qualche scritta sul davanti. Mi piaceva, molto. Fremevo di impazienza: non vedevo l'ora di poterla indossare.

Mi rigirai tra le mani quel pezzo di tessuto, in attesa che Kyle mi desse segni di vita. Poco ma sicuro, non potevo cambiarmi, mettermi a nudo davanti a lui.

"Emh emh" richiamai la sua attenzione "se vuoi che me la metta, devi voltarti. Oppure vado in bagno, come preferisci".

"Oh, okay. Cioè, mi giro. Non sbircio, te lo giuro" balbettó, dandomi le spalle.

Mi spogliai, restando in intimo, il più velocemente possibile. Portai la maglietta attraverso la nuca e poi infilai anche le braccia nelle maniche. Fatto. Non era stato difficile, ci avevo messo anche meno del previsto.

"Puoi voltarti, ho fatto" annunciai.

Mi spostai di qualche metro. Ripiegai i miei vestiti e li appoggiai sullo schienale della sedia della sua scrivania. Quando tornai con lo sguardo verso di lui, restai pietrificata.

Mi fissava.

Senza dire una parola.

Il pomo d'adamo si muoveva ripetutamente su e giù. E il suo sguardo lo seguiva, percorrendo lentamente ogni singolo centimetro del mio corpo.

Improvvisamente mi sentii troppo nuda. La maglietta mi arrivava a metà coscia, non era più corta di altri vestiti eleganti che avevo provato ad indossare. Non era nemmeno scollata e, per di più, era anche larga. Eccessivamente, direi. Di certo non si vedevano le curve del mio corpo. Ero convinta che fosse tutto opportunamente nascosto dietro il tessuto. Nonostante questo, però, il suo sguardo su di me mi faceva sentire nuda.

Mi fissava, semplicemente. Come se non avesse mai visto delle gambe nude. E potevo esserne certa: ne aveva viste.

"No. Non ci siamo" ricominciò a parlare.

"Che ti prende?" sbottai. Il tono della sua voce non mi era piaciuto per niente. E poi, non capivo a cosa si stesse riferendo.

"Non ci dormo vicino a te, con addosso quella maglia".

Lo guardai contrariata, aggrottando un sopracciglio. Cosa aveva la maglietta di così sbagliato? Era la sua, no? Perché non gli piaceva?

A questo punto cercò di spiegarsi meglio, probabilmente essendosi reso conto che le sue frasi erano assolutamente sconnesse e prive di ragionamento logico.

"Non hai capito, Phoebe. Non posso dormire vicino a te sapendo che indossi solo la mia fottutissima maglietta. A meno che tu non voglia fare l'amore con me, questa notte. Sei dannatamente eccitante, cazzo. Non.." si passò una mano tra i capelli "..non ce la faccio. Ti cerco dei pantaloni, okay?".

InconsapevolmenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora