Per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva. Che cosa?!
"Ma non dire cazzate, per favore" replicai, stanca di essere presa in giro anche da lui. Sapeva bene, conoscendomi, che non avrei mai retto di fronte a loro. E poi, non sarebbe mai venuto con me. Perché farlo? In ogni caso, non lo avrei voluto. Non mi serviva il suo aiuto. Non mi serviva l'aiuto di nessuno.
Lui insistette. "Sono dannatamente serio. Su cosa devo giurartelo? Lo giuro su mamma e papà, sulle mie sorelle, su Garrett e Peter, sui miei nipoti, su Faith e su mia figlia, sui miei migliori amici. Perché non capisci che lo dico davvero?".
Risi. Di gusto, godendomi quel momento. Risi per non scoppiare a piangere, perché ancora una volta lui mi aveva ricordato quanto fossi sola al mondo.
"Ti sei appena risposto da solo, Kyle".
Lo osservai mentre sgranava gli occhi, pensieroso. "Cosa?".
Gli feci un sorriso tirato. "Non verrai a Birmingham con me perché non ho bisogno della tua compassione. Mi hai appena elencato tutte le persone che contano per te. Sono tante. Devo fare un elenco anche io? Mia nonna. Ed é morta. Non compatirmi, ti prego" bisbigliai, tentennando nonostante mi stessi impegnando al massimo per apparire forte.
Lui si alzò in piedi, improvvisamente. Con i muscoli in tensione, il viso contratto.
"Stai zitta una buona volta!" mi urlò contro, facendomi sobbalzare "Cazzo, Phoebe. Mi sembra di averti dimostrato quanto tengo a te. Così tanto che ho paura. Non ti compatisco, diamine. Oh, cielo. Lo vuoi capire? Ti voglio aiutare, perché tengo a te e voglio aiutarti. Metti da parte quel fottutissimo orgoglio una buona volta e fatti aiutare!".
Non lo avevo mai visto in quelle condizioni. Strillava, infuriato.
Mi trovai a riflettere sulle sue parole. Era serio, su questo non avevo dubbi. Pensava tutto quello che mi disse, dalla prima all'ultima virgola.
"Non sono orgogliosa. Non ho bisogno del tuo aiuto" tentai di difendermi a tono.
Si passò una mano tra i capelli. "Ti ricordi la prima volta che mi hai parlato della tua famiglia? Eri ubriaca. E ti sei lasciata confortare. Perché ora che sei sobria devi per forza far credere di potercela fare da sola?".
Ahia. Domanda pericolosa. "Kyle, io.. me ne sono andata da Birmingham perché dovevo dimostrare di potercela fare da sola. E ce la farò, da sola" replicai, convinta. O meglio, tentando di esserlo. Dentro di me, vacillavo. Così tanto che ero convinta di crollare da un momento all'altro.
"Ma devi dimostrarlo ai tuoi genitori. Non a me. Sei forte e indipendente anche se per una volta chiedi aiuto. Anzi, se accetti quello che ti viene offerto" mi spiegò, tornando al suo solito tono dolce e comprensivo. Si abbassò, piegandosi sulle ginocchia, per raggiungere la mia stessa altezza. E mi prese le mani, stringendole forte. "Non devi per forza affrontare i tuoi genitori. Non devi per forza urlargli contro, prenderli a botte. Voglio essere con te perché so che sarà un momento difficile. Come tu sei stata accanto a me e mi hai aiutata. Non c'è niente di male. Te lo ripeto, sei forte e indipendente anche se mi dai la possibilità di starmi accanto".
Ma chi gli aveva insegnato a parlare così bene? A toccare le corde giuste, per far arrivare le sue parole dritte al mio cuore. Chiusi gli occhi, respirai, cercai un attimo di pace.
E mi spinsi ad abbracciarlo. Gli buttai le braccia al collo con così tanta foga che gli caddi addosso, facendogli perdere l'equilibrio.
E mi ritrovai sdraiata su di lui, sul pavimento del mio appartamento.
"Devo prenderlo come un permesso di accompagnarti a Birmingham?" ridacchiò. Sentii il suo petto muoversi per la sua risata. Eravamo.. vicini. Tanto.
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Inconsapevolmente
RomanceDall'Alabama alla California con il suo pick up blu. Phoebe sta scappando da una vita che non sentiva più sua, o che non era mai stata sua. Stockton é il luogo giusto per inseguire i suoi sogni, cancellando tutto ciò che é accaduto prima del trasfer...