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Lo aveva detto veramente. Ne ero certa, non stavo sognando. Mi ero già data qualche pizzicotto per esserne certa, ma non mi ero svegliata. Quindi, lo aveva detto veramente. E si riferiva a me.

Il cuore mi batteva all'impazzata, ma cercai di non prestarci troppa attenzione. Per quanto fosse possibile, almeno.

"E cosa dovremmo dirci?" feci finta di non capire. Forse per paura di quello che lui mi avrebbe detto, forse per paura di quello che avrei dovuto dire io. In ogni caso, avevo paura.

"Beh.." disse pensieroso "Io devo raccontarti di Faith, per rimediare almeno in parte al fatto che non te ne ho mai parlato prima. E tu devi dirmi che cosa ti ha fatta arrabbiare ieri, perché ci ho pensato tanto ma non credo di saperlo".

Ah, non lo sapeva? Bene, non lo sapevo nemmeno io. O meglio, in quel momento mi erano frullati per la testa così tanti pensieri che avrei dovuto metterli in ordine con cura prima di riuscire a parlarne. Sempre che volevo realmente raccontare.

"Inizi tu?" domandai, sperando con tutta me stessa che rispondesse di sí. Non perché morivo dalla voglia di sentir parlare della famosa Faith, ma più che altro perché io non avrei saputo che cosa dire.

"Certo, solo.. ecco, ti chiedo di lasciarmi parlare. Non sarà facile per me, non l'ho mai raccontato a nessuno. Io cercherò di dirti tutto, ma se poi dovesse essermi sfuggito qualcosa, tu potrai chiedermelo. Solo, fallo quando avrò finito. Fa male, Phoebe. Voglio cercare di limitare il dolore il più possibile" mi confessò.

Vederlo così vulnerabile mi distruggeva. Avrei voluto abbracciarlo, ma mi imposi di fermarmi. Non volevo metterlo in difficoltà più di quanto non lo era già. Stava male, e faceva stare male anche me. Era questo l'amore? Condividere tutti i sentimenti dell'altro? Perché se lo era.. beh, ne avrei fatto volentieri a meno.

Io annuii, dandogli il silenzioso permesso di iniziare a parlare. E così fece.

"Come avrai notato da sola, i Campbell non abitano molto lontano dalla tenuta. Per questo, conosco Faith da quando eravamo due neonati. I nostri genitori erano colleghi, se così posso definirli. Anche loro avevano un maneggio, che poi ci hanno venduto alla morte della figlia, dato che i cavalli erano la sua passione. Faceva troppo male, a due genitori che avevano perso l'unica figlia, rivivere le attività quotidiane che compiva lei. Comunque, mi sto perdendo" ridacchiò imbarazzato "Si vede che non sono abituato a parlarne, mi sono già perso".

Gli sorrisi. "Stai andando alla grande, Kyle".

Lui continuò. "Andavamo d'accordo, moltissimo. Stavamo insieme da quando avevamo dodici, forse tredici anni. Da quando sapevamo realmente cosa fosse un fidanzato, insomma. Prima non lo eravamo ufficialmente, ma era come se lo fossimo; il nostro comportamento é cambiato di poco con il fidanzamento, insomma. La nostra prima volta è stata a 15 anni, ma forse questo non ti interessa.. non ha molto a che fare con il racconto. In ogni caso, durante un rapporto qualcosa é andato storto. Credo mi si fosse rotto il preservativo. Siamo andati nel panico, eravamo piccoli e non avevamo idea di cosa fare. Avevamo appena 16 anni, non avevamo neppure terminato l'high school. Non era nei nostri piani fare i genitori. Nonostante questo, Faith non se l'è sentita di abortire. Non mi chiedi cosa avrei voluto io?".

Lo guardai incuriosita. "Mi hai detto di lasciarti parlare, Kyle".

"Okay, hai ragione" ridacchiò "ma voglio dirtelo lo stesso. Inizialmente pensavo fosse una follia portare avanti quella gravidanza. Avrei voluto abortisse, é vero. I nostri genitori non si erano pronunciati su questo. Non posso dire che erano, emh.. felici. Ma alla fine, l'avevano accettato. E sto tralasciando le infinite ramanzine di mio padre. Comunque, tornando all'aborto. Ho accompagnato Faith alla prima ecografia. Ho visto la nostra bambina.. e ho capito che era il frutto del nostro amore. E che non avrei voluto perderla per nessun motivo al mondo".

Mi si gelò il sangue all'udire quelle parole. Perché, alla fine, quella tragica storia era finita esattamente in quel modo. A quel punto, non potei più resistere. Afferrai la sua mano, lasciando che le nostre dita si intrecciassero. E la strinsi forte. Io c'ero, per Kyle. Ci sarei sempre stata. E volevo che anche lui lo sapesse.

"Andava tutto bene. Fantasticavamo spesso su come sarebbe stata la vita da mamma e papà, avevamo già preparato una camera per tutti e tre a casa dei suoi genitori. Sí, mi sarei dovuto trasferire. Ma la cosa non mi dispiaceva affatto. Ed ora arriva la parte difficile. Faith era di poco più di sette mesi, mi sembra sette mesi e mezzo. La sera del 28 dicembre di quattro anni fa era in paese. Aveva appena comprato una torta.. per me" sussurrò appena, in particolare le ultime due parole.

Qualcosa non andava. Era triste, ovviamente. Ma c'era dell'altro. Però, come mi aveva detto, lo lasciai parlare senza domandare nulla.

Lui proseguì nel suo racconto dopo qualche istante di silenzio. "Stava attraversando la strada, quando un pazzo al volante l'ha travolta. Dicono che fosse ubriaco, sinceramente non mi importa. Quello che mi fa rabbia é che é scappato senza prestare soccorso. Comunque, Faith é stata presa in pieno. Ha fatto un volo di una decina di metri ed é atterrata di schiena. Ha pestato la testa, svenendo immediatamente. Trauma cranico. Per fortuna l'ambulanza é arrivata quasi subito. Io sono andato con i suoi genitori direttamente all'ospedale. I medici hanno spiegato subito a Gloria e Alexander che le condizioni della figlia erano gravi. Era entrata in uno stato di coma molto profondo e non era più in grado di respirare autonomamente. Parti del cervello direttamente collegate a funzioni vitali erano rimaste danneggiate permanentemente dal trauma. Insomma, se anche si fosse svegliata, non si sarebbe mai più ripresa. L'avevamo persa, per sempre. I dottori non si fecero molti scrupoli nel dirci la verità, anche perché il tempo a disposizione per salvare almeno la bambina era pochissimo. Gloria e Alex diedero l'okay per il cesareo d'urgenza. Nonostante fossero sconvolti, non persero del tutto la lucidità e acconsentirono all'operazione. Helena è nata un'ora dopo, ma Faith... si é spenta durante il cesareo d'urgenza. Piansi tanto, Phoebe. Anche perché mia figlia non stava bene. L'impatto violento prima con l'auto e poi con il suolo non l'aveva risparmiata. Non respirava bene, così l'hanno attaccata subito ai macchinari. Era piccolissima, la sua mano sarà stata lunga come metà del mio dito mignolo. Non potevo prenderla in braccio. Non potevo prendere in braccio mia figlia, capisci? Perché se l'avessi tolta da quell'intrigo di fili, sarebbe morta".

Deglutii. Kyle stava piangendo, di fianco a me. Non era una lacrima sfuggita per sbaglio, ma un vero e proprio pianto di disperazione. Singhiozzava, come avevo sentito fare solo da bambini molto più piccoli.

Mi sentivo in imbarazzo, perché non avevo idea di come comportarmi. Così mi sporsi verso di lui e gli baciai la guancia. O forse, l'angolo della bocca. E forse, esitai un po' troppo a ritirare le labbra. E forse, lui se ne accorse.

Mi prese per i fianchi e mi trascinò sulle sue gambe. Mi ritrovai, così, in braccio a lui. Stretta attorno al suo corpo, con il viso poggiato nell'incavo del suo collo.

"Se non te la senti, non continuar" bisbigliai a contatto con la sua pelle. Lui mi strinse un po' di più, mentre calmava i singhiozzi.

"No, no, ci sono. Dove ero rimasto? Ah, sí. Siamo andati avanti così due giorni. Io di fianco ai macchinari, lei lì attaccata alla sua fonte di vita. Gloria e Alex hanno pensato bene di farla battezzare. Helena era il nome che avevo scelto con Faith, pensa.. era pure abbinato al cognome. Helena Hudson suona bene, no?".

Io annuii leggermente. "É un bel nome, Kyle" dissi soltanto.

"Ha avuto una crisi respiratoria, la sera dell'ultimo dell'anno. Anche un arresto cardiaco. Da cui non si é più ripresa, nonostante i continui tentativi da parte dei medici. Oh, ci hanno provato tanto, Phoebe. Ed io ci speravo" sussurrò appena.

Mi accoccolai sempre di più contro il suo petto, tentando di fargli sentire la mia presenza.. lui non era solo. E doveva saperlo.

"Ti voglio bene" gli dissi, accarezzandogli il palmo della mano.

"Anche io, piccola. Non immagini quanto".

InconsapevolmenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora