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L'aereo correva rapidissimo lungo la pista, rallentando quasi impercettibilmente. La forte velocità mi spingeva all'indietro, tenendomi attaccata al sedile.

Mi sembrava di non riuscire a respirare, avevo il fiato corto e un peso sul petto. Mi imposi di resistere, consapevole che non sarebbe durato a lungo e che presto tutto sarebbe finito.

Dannazione, come faceva la gente a dire che amava volare?

Era la prima volta che prendevo un aereo. Christabel e Robert non mi avevano mai mandata da nessuna parte, di certo non in vacanza. Ma quella volta, per tornare a Birmingham, non potevo permettermi di passare ore in automobile. Dovevo arrivare in tempo per il funerale. E Kyle mi aveva convinta a buttarmi in quella nuova esperienza. Quanto mai. Se avessi saputo che sarei stata così male, non sarei mai salita su quell'aereo.

Non sapevo come andassero le cose tra di noi. Dopo i baci nel mio appartamento.. la situazione si era ristabilita. O almeno, non ci eravamo più baciati. Le cose non sarebbero mai tornate come prima, visto che il confine dell'amicizia era stato superato ormai da tempo. Però facevamo finta fosse possibile. Con scarsi risultati, visto che ogni tanto calavano situazioni di imbarazzo comune che non sapevamo come superare.

Il volo nel primo pomeriggio, così prima di partire eravamo andati alla famosa creperia della nostra prima uscita. Cioccolato e rum, che spettacolo. Mi era sembrato di tornare indietro nel tempo. E invece, quante cose erano passate da quel momento. Anche brutte, ma avrei rifatto tutto da capo. Perché quegli avvenimenti, nel bene o nel male, mi avevano cambiata. Ed io ero andata a Stockton proprio per quello.

Appena ci diedero il permesso di scendere dall'aereo, corsi rapidamente giù dalle scale e mi buttai al suolo, intimandomi di respirare profondamente. Non sarei mai più salita su uno di quei cosi.. ah, no. Il viaggio di ritorno! Stavo già per andare di nuovo nel panico, quando sentii una mano sulla spalla.

"Com'è andata, scricciolo?" mi domandò gentile il mio compagno di viaggio.

"Male, terribilmente male" mi lamentai, ancora con lo stomaco in subbuglio. Lasciai che mi massaggiasse dolcemente le spalle, chiudendo gli occhi e godendomi quegli attimi di relax.

Lui ridacchiò. "Su, Phoebe. Al ritorno avremo i posti vicini, così potrai conficcarmi le unghie nella mano" disse con una smorfia, che fece ridere anche me. Era stata dura dover passare il viaggio separati. Non perché non riuscissi a stargli lontano, anche se ormai la sua presenza faceva parte della quotidianità. Più che altro perché era la mia prima volta su un aereo, avrei avuto bisogno di un po' di conforto. La mia vicina, invece, si era addormentata ancora prima del decollo. Ed io ero rimasta sola con le mie angosce.

Avevamo trovato miracolosamente posto in un hotel economico in centro alla città, così prendemmo in taxi che ci avrebbe condotti lì.

Da fuori non era male, tutto sommato. Non cercavamo la comodità, per due notti era più che sufficiente. Il funerale sarebbe stato l'indomani. Mi sarebbe anche piaciuto tornare a Stockton subito dopo la celebrazione, ma non avevamo trovato alcun volo disponibile. Non vedevo l'ora di andarmene da quel posto così pieno di brutti ricordi. Ma in tre giorni non avrei dato di matto, giusto? Sarei stata in grado di reggere la tensione. Perché io ero forte, matura e indipendente. Ed in grado di controllarmi.

Ci avvicinammo alla reception trainando i due trolley. Le ruote rotolavano sul pavimento perfettamente liscio della hall, provocando un rumore fastidioso. Ma mi sforzai per non farci troppo caso.

Dietro il bancone una donna in tailleur parlava al telefono, gesticolando così tanto che mi sembrò assatanata. Ci fece intuire che si stava per liberare dalla chiamata e che ci avrebbe raggiunti presto.

Mi appoggiai con i gomiti al bancone, sporgendomi poco più avanti per leggere un volantino appoggiato sulla scrivania, poco lontano da me. A quanto pare, aveva aperto l'ennesimo nuovo bar. Era incredibile quanti ce ne fossero in quella città. Non li conoscevo perché non li frequentavo. Ma soltanto spostandomi in macchina avevo notato quanti fossero. Nel tragitto dall'aeroporto all'hotel mi erano sembrati ancora di più di quando ero partita mesi prima. Birmingham non era Stockton. E ne ero felice. Troppo caotica, troppo rumorosa. Non faceva per me.

La donna chiuse la chiamata, ma me ne accorsi solo quando sentii il rumore del cordless che veniva scaraventato da qualche parte sulla scrivania. Si diresse verso di noi con un sorriso smagliante sul viso. "Spero possiate perdonare l'attesa, i soliti fornitori che non ne fanno mai una giusta" commentò, alzando gli occhi al cielo. Non era una brutta donna, avrà avuto al massimo una trentina d'anni. Capelli neri come la pece raccolti in uno chignon ordinatissimo, occhi scuri e pelle chiarissima.

"Nessun problema" replicò Kyle, sfoderando la sua migliore espressione. Un misto tra gentilezza e tentativo di sedurre. Ma speravo con tutto il mio cuore fosse solo la prima opzione. Eh, no. Quello non avrei dovuto pensarlo. Merda.

Mi ripresi e, non vedendo l'ora di andarmene in camera a riposare dopo il trambusto del volo, mi presentai per ricevere la chiave della stanza. "Abbiamo prenotato due singole a nome Parker".

Controlló sul registro dell'hotel per conferma e consegnò a ciascuno di noi una tessera magnetica con il numero della stanza stampato a caratteri cubitali su un lato. "Siete entrambi al quarto piano, 405 e 414. Signorina, posso fare una domanda indiscreta?" si rivolse direttamente a me con uno sguardo che non riuscii a decifrare.

Io mi limitai a confermare con un cenno del capo e un timido sorriso, che scomparve non appena udii la domanda.

"É lei l'erede dei Parker che ha lasciato la città? Mi scusi ma.. si parla tanto di lei, in giro" ridacchiò.

La fulminai con lo sguardo, strigendo gli occhi. "No" grugnii, prima di allontanarmi in direzione dell'ascensore.

Non ero stata gentile, rispondendo in quel modo. Ma d'altronde, come si permetteva? Non erano di certo affari suoi. Avevo dimenticato quanta fosse l'influenza della mia 'famiglia' in quella città. I Parker controllavano tutto ed erano conosciuti da tutti. A dir poco ripugnante. Altro buon motivo per essermene andata.

Appena mi sentii al sicuro tra le pareti strette dell'ascensore, mi lasciai andare contro il muro e chiusi gli occhi per un secondo. Poi mi ripresi, schiacciai il numero 4 per essere portata al piano dove si trovava la stanza. Chiusi nuovamente gli occhi, aspettando che l'ascensore partisse. Ma niente. Si era bloccato? Quando li riaprii, notai Kyle fermo all'ingresso. Ecco perché la porta non si chiudeva e l'ascensore non partiva.

"Hai intenzione di levarti da lí?" sbottai acida, incrociando le braccia al petto.

Fece un passo avanti, schiacció nuovamente il numero 4 e poi passò su di me. Mi si avvicinò rapidamente, prendendomi le mani con forza e bloccandomele sopra la testa. Ma cosa diamine aveva intenzione di fare?

Lo fissai in cagnesco, irrigidendomi improvvisamente quando sentii il suo petto a contatto con il mio. Era vicino. Tanto.

"Rilassati" mi sussurrò, causandomi l'effetto opposto. Mi venne la pelle d'oca ed una scarica di eccitazione mi percorse la colonna vertebrale. Dannazione, non potevo andare in iperventilazione ogni volta che si avvicinava più del dovuto.

Eppure, me ne stavo lì, in piedi, contro la parete, con le gambe che tremavano come gelatine. Avevo completamente perso il mio autocontrollo.

Deglutii e trattenni il fiato quando le nostre labbra si avvicinarono così tanto da potersi sfiorare.

E poi un bip ci riportò alla realtà. Eravamo al quarto piano.

Scattai il più velocemente possibile per scendere ed allontanarmi, seguendo le indicazioni appese al muro per la stanza 404, la mia.

Passai la tessera magnetica nell'apposito sensore, aprendo la porta. Nemmeno mi guardai intorno, semplicemente mi fiondai all'interno e mi lanciai sul letto a pancia in giù, stringendo il cuscino.

Ero in Alabama da poco più di un'ora e già non vedevo l'ora di tornare a casa. Il mio cognome aveva già attirato troppo l'attenzione, il mio compagno di viaggio mi mandava in tilt.

Mi scappò una lacrima. Era troppo, troppo doloroso per me stare lì. Kyle si sbagliava, non avrei mai retto di fronte a Christabel e Robert.

Ancora una volta, avrebbero vinto loro. Ancora una volta, sarei scappata. Perché sapevo fare solo quello.

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