Sedetti a tavola per la cena. Tutti quei piatti, in ordine uno dopo l'altro, erano una situazione nuova per me. Consideravo un pasto affollato quello che facevo, di tanto in tanto, con le Hamilton, Kyle, Tyson e Logan. Ed eravamo soltanto in sei.
Pian piano tutte le sedie si riempirono. Ringraziai mentalmente i bambini, infatti grazie alle loro chiacchiere e alle loro vocine allegre mi distrassi da quella situazione spiacevole. Cercai di restare in silenzio con il viso chino durante la cena, concentrandomi sui buoni piatti che venivano serviti da Lysette, senza far caso alla famiglia allegra attorno a me.
Quando la madre di famiglia sparì in cucina, seguita dal marito, per ultimare la preparazione del dolce che avrebbe concluso quell'ottimo pasto, però, dovetti rimpiangere ciò che avevo pensato poco prima.
Noah, seduto di fronte a me, mi guardò con i suoi occhi azzurri pieni di vitalità. Le sue labbra si mossero e pronunciò una semplice domanda. Una richiesta del tutto lecita, del tutto spontanea. Ma che mi causò un insopportabile groppo alla gola.
"Perché non festeggi il Ringraziamento con la tua famiglia?".
Nel salotto si fece improvvisamente silenzio. Il tempo era scandito dai battiti dell'orologio a cucú appeso sopra al camino. Kimberly lanciò uno sguardo d'aiuto al marito, ma Garrett si limitò a ricambiarlo, facendole sapere che non aveva idea di come rimediare.
Deglutii più volte.
In quel momento mi resi conto che quello che Lysette mi aveva raccontato raccontato sulla complicità tra i suoi nipoti era assolutamente vero. Infatti, anche la piccola Nanette si intromise in quella conversazione già di per sé disastrosa.
"Perché non rispondi?" domandò.
Temetti di scoppiare immediatamente a piangere. Chiusi gli occhi, tentando di calmarmi. Non mi andava di fare sceneggiate davanti ai bambini, ma nemmeno davanti alla famiglia di Kyle.
Il mio amico, nel frattempo, mi mise una mano sulla spalla. Mi fece dei piccoli massaggi muovendo le dita circolarmente. Di solito, aveva il potere di tranquillizzarmi. Ma quella volta non funzionò.
Allontanai di poco la sedia dal tavolo, giusto lo spazio che mi permetteva di alzarmi. "Scusate, vado un secondo al bagno" dissi in un sussurro, prima di dileguarmi.
Appena uscita dalla porta, iniziai a correre senza meta su per le scale. Correvo e correvo, un passo dopo l'altro, un piede davanti all'altro. Mi fermai soltanto quando fui certa di essere al sicuro, chiusa nella stanza in cui avrei dormito per quei giorni.
Mi lasciai scivolare con la schiena lungo la porta della camera, fino ad arrivare a sedermi sul pavimento. Feci cadere la testa sulle ginocchia, in preda ai singhiozzi. Mentre piangevo, tuttavia, mi sentivo tremendamente in colpa per la situazione che ero andata a creare con i miei capricci e le mie fissazioni. Era importante, per me, arrivare a fregarmene del mio passato disastroso. Sarebbe stato un successo superare quel trauma e, magari, riderci sopra. Ma avrei avuto ancora molta strada da percorrere.
Pearle mi si materializzò davanti. Identica a me, in tutto e per tutto. Ricordavo perfettamente come mi guardava, mentre portavo a termine il capriccio che le costò la vita. Probabilmente, le facevo pena. Sapeva quanto era terribile, per me, un pomeriggio allo studio legale con Christabel e Robert. In qualche modo, ero certa che avrebbe voluto aiutarmi.
Bussarono alla porta. I miei pensieri si allontanarono, ma al loro posto tornò ciò che era successo durante la cena a casa Hudson. Mi resi conto di dove mi trovavo, di cosa era accaduto e della figuraccia che avevo fatto.
"Aprimi, Phoebe" disse una voce che conoscevo molto bene.
"Aprimi, ti prego" ripeté una seconda volta. Mi alzai di malavoglia e girai la chiave nella serratura.
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Inconsapevolmente
RomanceDall'Alabama alla California con il suo pick up blu. Phoebe sta scappando da una vita che non sentiva più sua, o che non era mai stata sua. Stockton é il luogo giusto per inseguire i suoi sogni, cancellando tutto ciò che é accaduto prima del trasfer...