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Mi voltai per incrociare il suo sguardo. Mi fissava. Le pupille dilatate, gli angoli della bocca leggermente curvi verso l'alto.

"É meraviglioso. È tutto meraviglioso, Kyle. Grazie" sussurrai, con le lacrime agli occhi. Lacrime di gioia. Sensazioni mai provate prima si affacciavano alla porta del mio cuore. Certezza che, al mondo, qualcuno mi voleva bene.

"Non era così bella quando l'ho presa, al negozio. Ti sta d'incanto. Sembra brillare di luce propria" bisbiglió. I nostri visi così vicini, i respiri che si confondevano. Che si mischiavano, l'uno nell'altro.

"Grazie di cuore. Kyle, veramente. Non dovevi.. è splendida. Buon Natale" risposi, un po' titubante.

Mi accarezzó una guancia.

"Sono tanto contento di essere qui".

"Anche io".

Il silenzio carico di tensione avvolgeva i nostri corpi. I nostri visi, vicini, si osservavano. Incapaci di allontanarsi.

Feci un respiro profondo.

"Anche io ho qualcosa per te, ricordi?" ridacchiai. Senza aspettare una sua risposta, mi scansai. Stava diventando tutto troppo per me. Ero certa di non essere ancora pronta.

Recuperai il pacchetto dorato che avevo accuratamente realizzato quella mattina e glielo porsi. Lo osservai mentre lo guardava, tentando di immaginare quello che stava pensando.

"Però io ti avevo detto di non prendermi niente. Sei tu il mio regalo, scricciolo. Tu, nella mia casetta sull'albero. Tu, la mia stella. Non ho bisogno di un regalo" mi allungò la scatolina, facendo per ridarmela.

Scossi la testa. "Non se ne parla. Non ti ho fatto un regalo perché dovevo farlo, Kyle. Ma perché volevo. Anche se, effettivamente, in confronto al tuo..".

"Zitta. So quello che stai per dire. Non pensarlo nemmeno. Cazzo, sei perfetta. E questo regalo lo sarà tanto quanto te" mi sorrise.

La curva delle sue labbra mi incantó. Non l'avevo mai visto così sereno prima d'allora. Non eravamo mai stati così in intimità, in complicità, fino a quel momento. Tanti muri che ci avevano separati si stavano lentamente distruggendo. Lo sentivo più vicino. Meno amico. E più... Scossi il capo. No. Amici. Migliori amici. E basta. Mi promisi mentalmente di concentrarmi di più, in futuro, per evitare di perdermi in pensieri assurdi, senza un briciolo di fondamento.

Neanche me n'ero accorta. Kyle aveva slegato il fiocco rosso e si accingeva a sollevare il coperchio.

Tre.

Due.

Uno.

Trattenni il fiato. Si meritava qualcosa di meglio. Mi sentivo di averlo deluso, di essere stata decisamente troppo banale. Tentai di rimediare come meglio potevo. "Io, ecco.. ho pensato che, dato quanto ami sentire la musica mentre guidi, ti servisse qualcosa per farlo anche in altre occasioni. Non so, quanto vai a correre.. oppure, quando sei qui al ranch con i tuoi genitori a lavorare. O quando ti fai la doccia. Insomma..".

"Dannazione, Phoebe. Smettila di essere così insicura. É perfetto. Ti giuro, non avrei potuto desiderare niente di meglio. Ma come posso farti capire che devi avere un po' più di fiducia in te stessa?" mi domandò sinceramente, passandosi una mano nei capelli. Oh, quel gesto.

Sorrisi. "Accendilo" dissi, con un cenno del capo ad indicare l'mp3 che Kyle teneva tra le mani.

Mi rivolse uno sguardo curioso, prima di accontentarmi. Ero così concentrata ad osservare ogni suo movimento, che non mi accorsi che nell'aria si sentivano già le note della sua canzone preferita.

"Phoebe... ci sono tutte le mie canzoni preferite. Oh, anche quelle che odio ma che ti lascio sempre ascoltare in macchina. Traditrice!" mi tirò un pugno sul braccio con fare scherzoso.

"Almeno, forse, se sono sul tuo mp3 me le lascerai sentire. No?" ridacchiai.

"Solo perché é il miglior regalo che potessi desiderare".

"Lo dici per farmi contenta. Cioè, io.. no. Volevo dire.. il tuo é mille volte meglio. Questo posto é meraviglioso!" replicai convinta.

Mi sorrise. "La faccio finita solo perché altrimenti due testardi come noi andrebbero avanti a discuterne per ore!".

Mi godetti le note finali della canzone ad occhi chiusi, la testa poggiata su un cuscino, le mani di lui ad accarezzarmi i capelli. Ero sul punto di addormentarmi da un momento all'altro, quando Kyle parlò.

"Dovremmo tornare, scricciolo. Dobbiamo riposare. Domattina i bambini ci butteranno giù dal letto all'alba" disse a voce bassa.

Io annuii e mi sollevai. Tornammo con i piedi per terra e ci incamminammo verso l'abitazione. O meglio, io seguivo Kyle. Non ero ancora abituata ad orientarmi tra quell'infinitá di campi, strade di campagna, boschetti.

Ad un tratto gli presi la mano, rivolgendogli la domanda che mi tormentava da qualche minuto. "La casa sull'albero, é tua?".

Strinse la presa sulla mia mano. Mi sembrò quasi di sentirlo trattenere il fiato, come se non si aspettasse quella domanda. Ma probabilmente, era soltanto la mia fantasia che galoppava.

"Sì" rispose "l'ho costruita con mio padre quando ero piccolo. Ci ho passato tanti momenti bellissimi. Veramente tanti".

Tra di noi calò il silenzio. Il suo tono era basso, sembrava carico di tristezza, nostalgia.

"Deve essere un posto speciale" commentai.

Lo vidi annuire con la coda dell'occhio, per quanto la scarsa illuminazione rendesse possibile la vista. "Lo é, puoi starne certa".

Non me la sentii di aggiungere altro. C'era qualcosa, nell'aria, che non andava. Una tensione negativa. Un velo di malinconia. Diedi la colpa alla stanchezza, ai ricordi che - immaginai - la mia domanda aveva suscitato in lui.

Raggiungemmo il cuore del ranch. Le luci, in casa, erano spente. I bambini era senz'altro crollati da tempo. Già quando ce ne eravamo andati, erano sul punto di addormentarsi.

Quell'abitazione era veramente enorme. Anche con la presenza di tutti i familiari - al contrario della volta precedente che ero stata dagli Hudson - restava comunque una stanza vuota per me.

La porta si aprì cigolando, nonostante tutta la nostra attenzione per evitare che ciò succedesse. La chiudemmo alle nostre spalle e ci incamminammo in punta di piedi verso la rampa di scale che conduceva al piano superiore. Ogni gradino richiedeva un enorme concentrazione, per evitare di andare a sbattere contro qualcosa. Era impossibile vedere con quel buio pesto.

Per poco non mi lasciai cadere a terra quando, alla fine delle scale, credevo ci fosse un ulteriore gradino. Kyle, che conosceva quella casa senz'altro meglio di me, fu pronto ad afferrarmi in vita, evitandomi una caduta poco piacevole.

"Grazie" sussurrai, voltandomi verso di lui.

Era buio. Molto buio. Ma ero certa di averlo visto sorridere.

Continuai la mia camminata silenziosa fino alla porta della stanza degli ospiti, dove avrei dormito.

Feci per aprire la maniglia, quando Kyle mi fermò.

"Dormi con me, stanotte?" chiese, la voce bassa e - a mia impressione - un po' tremolante. Che fosse.. agitato?

Restai di stucco, di fronte a quella proposta. É vero, avevamo già dormito insieme. La sera della festa in cui mi ero ubriacata e poi gli avevo parlato della mia famiglia.

Deglutii. Stava passando troppo tempo dalla sua domanda. Dovevo muovermi a trovare velocemente una risposta. Una parte di me, quella convinta che il confine dell'amicizia fosse stato superato da tempo, mi diceva di non accettare. Forse, per paura delle conseguenze. Forse, timorosa di quello che sarebbe potuto succedere. Forse, semplicemente per paura di essere attratta da lui e non riuscire più a fermarsi. Ma l'altra parte di me, quella della migliore amica, mi convinse che non c'era niente di male. Specialmente, tenendo in considerazione che noi, insieme, avevamo già dormito.

"Ci sto" affermai con sicurezza, seguendolo nella sua stanza.

InconsapevolmenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora