26. Damon

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Dopo essermi svegliato, stamattina, ed aver chiamato Jack per informarlo che sarei arrivato entro qualche ora, ho iniziato a prepararmi e a fare colazione.

-Damon, che cosa hai fatto ieri sera? Perché sei tornato così tardi? – domanda mia madre, passandomi un cornetto ed una tazzina con il caffè. Mio padre è già andato a lavoro, ci siamo solo io e lei a casa.

- Primo, non era tardi, erano solo del undici di sera. Secondo, che t'importa? – La guardo addentando il mio cornetto.

-Sono tua madre, se non te lo fossi dimenticato – mi ammonisce – quindi non parlarmi così. –

Alzo gli occhi al cielo finendo il mio caffè. Sono stanco di sentirla lamentarsi ogni volta che rincaso tardi, o che faccio qualcosa che a lei non va a genio. Sono libero di fare ciò che voglio.

-Sono giorni che non ti vedo andare a scuola, ma che ti prende? Hai intenzione di ripetere l'anno? Lo sai che tuo padre lavora giorno e notte per te, per noi, per farci stare bene economicamente. Lo avrai anche notato, dato come viviamo. Il minimo che tu possa fare è cercare di comportarti bene ed essere fiero di come vivi, sforzarti di andare almeno bene a scuola. –

-Ti prego, sono appena le nove del mattino, non mi fare una paternale su cosa devo fare o meno. Papà ha sempre lavorato come lavora adesso, anche prima che io nascessi lo faceva. Ti sembra che mi dispiaccia? No, per niente. Anzi, meglio che sia andato via, non ce la facevo più a vederlo fare colazione con quella sua aria distratta, il suo tablet alla mano, il suo computer sul tavolo, un giornale in una mano che nemmeno leggeva, ed infine la sua solita tazzina di caffè. Ha così tante cose da fare, sempre, che nemmeno si dedica alla vita familiare – le faccio notare, alzandomi e prendendo le chiavi della mia moto.

-Questo non è vero! Tuo padre è sempre presente per noi. E se tu avessi un minimo di rispetto sapresti che ti vuole bene e che fa di tutto per tornare prima dal lavoro. Dovresti stare più a casa, invece di uscire sempre ed andare non so dove e dire falsità e cattiverie su tuo padre. –

Annuisco distratto, dandole ragione. Se non faccio così, non me la leverò più di torno.

-Esco- annuncio andando alla porta.

-E adesso dove vai se non a scuola, dato che non hai lo zaino? – urla mia madre venendomi dietro.

-Te l'ho detto, esco. Non aspettarmi per pranzo, non tornerò. –

-Damon! - la sento urlare prima di chiudermi la porta alle spalle e salire sulla mia moto. Menomale che è finita, non ce la facevo più a starla a sentire. Le madri, quando vogliono, sanno essere piuttosto ficcanaso e scassa palle. Metto in moto e parto verso casa di Jack.

Quando arrivo e lo vedo fuori, ansioso e impaziente, ad aspettarmi, ripenso alla sera precedente, a com'era disperato per ciò che era successo, a come si era dato la colpa per tutto. Spero che dopo tutto quello che è successo, e dopo aver fatto una lunga dormita, stia meglio. Ieri era proprio nervoso, adesso lo sembra di meno.

-Damon, finalmente sei arrivato – dice, venendomi incontro, il casco alla mano.

-Te lo avevo promesso, amico. Ora dai, salta su, andiamo a trovare tua sorella – dichiaro. Lui fa come gli ho detto e dopo aver messo il casco parto, di nuovo.

Uno Strano Incontro // VERSIONE ORIGINALEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora