Chapter XLIV

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"Dovresti provare a respirare"-Disse Noah stringendomi forte la mano.

"Stai scherzando spero"-Risposi quasi urlando.

"Forse dovresti scendere" 

"Tu dici? Ti avevo detto che era una brutta idea"

"Pensavo che sarei riuscito a farti rilassare" 

"FACENDOMI SALIRE SU UNA RUOTA PANORAMICA SAPENDO CHE SOFFRO DI VERTIGINI?" 

Il moro mi guardò per un attimo e poi si mise accanto a me.

"Okay, stai tranquilla e non guardare giù"

Mi cinse la spala con un suo braccio e mi strinse a se.
Io appoggiai la testa al suo petto.

Potevo perfettamente sentire il suo cuore battere forte e le sue mani tremare leggermente sulla mia spalla ed ero certa che non era per il freddo.

Avevo sempre avuto la sensazione che per lui fossi più di una semplice amica. 
I suoi atteggiamenti nei miei confronti mi facevano capire che provava qualcosa.

Ma forse mi facevo troppo film mentali.

Quando la ruota si fermò mi catapultai fuori da quella piccola navicella blu scuro, seguita da Noah che cercava di farmi tranquillizzare, e mi fiondai verso la ringhiera in metallo.

"Che bello avere i piedi per terra"-Esclamai facendo un grosso sospiro. 

"Ti va se andiamo a prenderci qualcosa?" 

Annuii prima di lasciare il metallo gelido della barra. 

Per qualche strana ragione, ad Edimburgo avevano deciso di costruire un parco giochi per una festa di cui non ricordavo assolutamente il nome. 

A me piacevano le giostre, se non implicavano le grandi altezze. 
Quando ero piccola io e mio padre facevamo le gare a chi buttava giù più lattine possibile con una pistola a pallini. Di solito vinceva lui e poi mi regalava il premio.

Mi guardavo attorno, alla disperata ricerca di qualche bancarella che facesse quel gioco che a me piaceva tanto. 

Quando i miei occhi si fermarono su quello che speravo di trovare presi Noah per mano, che chiaramente non se lo aspettava, e lo trascinai pregandolo di fare quel gioco insieme a me. 

"Okay okay, ma so già che vinco"-Disse lui con tono di ovvietà.

"Non sottovalutarmi"

Alzai il sopracciglio destro e lui si mise a ridere portando la testa all'indietro. 

Mi piaceva il suo sorriso. 

"Avete dieci tiri a testa, se buttate giù tutte e dieci le lattine entro il limite di tempo di un minuto vincete il peluche gigante"-Disse il ragazzo dietro il bancone in legno. 

"Va bene" 

Un suono stridulo ci diede il via. 

Noah buttò giù cinque lattine in meno di dieci secondi.

Io arrancai un po', i primi venti secondi ero nel panico perché ne presi solo una, ma poi feci un bel respiro e li centrai ad uno ad uno sotto lo sguardo vigile del ragazzo che cronometrava il tempo.

Li buttai tutti giù prima che scadesse il tempo previsto, mentre a Noah restavano tre lattine.

"Mi hai battuto"-Disse posando la pistola sul bancone.

"Te l'avevo detto" 

"Vuoi il panda o il pinguino?"Chiese il ragazzo dai capelli color miele.

"Il pinguino" 

Amavo i pinguini, erano i miei animali preferiti sin da quando ero bambina, li avevo sempre amati. E trasmisi questo mio amore anche a mio fratello Dennis. 

"Ora che mi hai fatto fare questa brutta figura, possiamo andare mangiare?"-Chiese il mio amico mentre prendevo il peluche tra le mani.

"Si"

Gli sorrisi e poi ci incamminammo verso una meta a me sconosciuta.

Camminammo per un bel po' e parlammo di tutto quello che ci era successo nell'ultimo periodo. 

Noah mi raccontò di aver avuto una relazione con una ragazza assolutamente pazza, che non faceva altro che metterlo in imbarazzo.

"Urlava in continuazione"-Disse ridendo-"Comunque siamo arrivati"-Mi bloccò con una mano e mi fece girare alla sua destra. 

Davanti a me si presentò un palazzo in mattoni, tipicamente scozzese, con dei gerani di colori diversi che pendevano da alcune attaccature poste sul muro. 

La cosa che mi colpii particolarmente era la disposizione dei tavoli fuori, uno sotto ogni finestra. Particolare era l'insegna in legno, con su scritto "Cafe Hub" . 

"Lo so che ti piace"-Sussurrò Noah.

"Si"-Esclamai contenta. 

Quando entrammo mi stupii quanto fosse bella all'interno. Tutto arredato perfettamente, con alcuni divani bianchi posizionati contro il muro, sopra di essi vi erano alcuni cuscini colorati che rendevano la stanza allegra e accanto dei tavolini bassi, in legno scuro, che la rendevano accogliente.

Il resto della serata passò tranquillamente, Noah era sempre stato un ragazzo di compagnia, sapeva sempre cosa dire e mi faceva sempre ridere. 

Mi era mancato.

***

Scesi dalla sua costosissima macchina ed andai verso la porta d'entrata, seguita da Noah.
Presi le chiavi di casa e mi girai verso di lui. 

Sussultai quando vidi che il suo volto era fin troppo vicino al mio.
Cercai di indietreggiare ma la porta mi bloccava.

Abbassò la testa mentre con una mano si spostava i capelli castani all'indietro, poi i suoi occhi ritornarono su di me.

Si avvicinò al mio orecchio e lo sfiorò leggermente con le labbra.

"Grazie per la bella serata Miles" 

Poi si allontanò con un sorriso stampato sul volto mentre io cercavo disperatamente d'infilare la chiave dentro la serratura. Le mie mani tremavano troppo ed ero davvero scossa dall'accaduto. 

"Forza Julie, ma che ti prende"-Sussurrai a me stessa. 

Respirai profondamente ed aprii la porta per poi richiudermela velocemente alle spalle.
Corsi al piano di sopra e mi precipitai nella mia camera cercando di fare silenzio.

Chiusi delicatamente la porta e mi appoggiai sul suo legno freddo. 
Guardai verso il letto e vidi Genn sotto le coperte, che dormiva come un bambino.

Mi avvicinai e mi stesi di fianco a lui, appoggiando il gomito sul cuscino e la testa sulla mano mentre con l'altra gli accarezzavo delicatamente la testa.

La mia mano scese verso il suo viso, sentendo quel poco accenno di barba che gli stava crescendo. 

Lo guardavo con occhi innamorati, come se non avessi mai visto nulla di più bello.

La sua pelle era totalmente pallida, le sue occhiaie all'oscurità sembravano non esistere, i suoi capelli coprivano le palpebre e la sua morbida mano era poggiata sul cuscino. 

Poggiai delicatamente le mie labbra sulla sua candida guancia, che in quel momento era calda, strinsi la mia mano alla sua e poggiai la testa sul mio cuscino prima di cadere in un sonno profondo. 

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