Chapter XLVI

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Perché avevo promesso che ti avrei dedicato qualcosa di migliore.

JULIE'S POV 

La vita qualche volta è strana. L'ho sempre pensato. 
E' un misto di emozioni incomprensibili ed è inutile che noi tentiamo di capirle, è impossibile.

Qualche volta ci avviciniamo a qualche possibile soluzione, quasi plausibile, ma non riusciremo mai a capire veramente quello che la vita ci riserva. 

Qualche volta mi sarei voluta nascondere, in silenzio, per non pensare a nulla

"Penso poco e sto meglio"-Ripetevo al mio subconscio e poi mi auto-convincevo. 

Alla fine non riuscivo a non pensare.
Una cosa che però ero riuscita a capire era che la vita è un costante tentativo di allontanamento dall'ansia.

Terribile ed onnipresente ansia.
Me la immaginavo come una ragazza alta, dai corti capelli neri e gli occhi inespressivi, coperta da un mantello invisibile, come quello di Harry Potter, che la nascondeva alla vista dell'essere umano ma non dalla sua mente. 

E me la immaginavo mentre rideva con gusto, con quei suoi denti bianchi e allineati alla perfezione, mentre fissava una persona in particolare e la scrutava con attenzione, spogliandola delle sue insicurezze e rendendola vulnerabile e priva di qualsiasi metodo di difesa.

E se l'ansia fosse stata davvero quella persona che la mia mente immaginava, a quest'ora mi stava già guardando, mentre Genn metteva le nostre valigie dentro la macchina, pronti per tornare a Londra.

"Dov'è la faccia di cu..."-Genn fece un colpo di tosse e si corresse-"Noah"

"Verrà domani" 

"Grandioso, se la prende pure con comodo" 

"Smettila"-Dissi terribilmente seria.

Lui mi guardò e poi mi sorpassò per andare da Alex, che stava armeggiando con la borsa di Anne alla ricerca di qualcosa, probabilmente il suo telefono. 

Io entrai in casa ed andai a salutare la mia famiglia, chissà quando ci saremmo rivisti.

Probabilmente prima di quanto io mi aspettassi, ma anche solo una settimana via da loro mi faceva stare male. 

Ricordo la gita che feci il primo anno di liceo.
Con la classe andammo due settimane in Spagna, fu molto bello ma nel mio cuore volevo essere con la mia famiglia. 

Ogni sera chiamavo mia madre per sapere come stavano. 

Forse dovevo imparare ad allontanarmi da loro. 
Ma tutto con calma.

"Ciao piccola mia, non combinare casini"-Sussurrò mia madre sul mio orecchio mentre mi abbracciava. 

Ed ecco che potevo sentire la risata malefica di quella stramba figura incappucciata, mentre lei prendeva il sopravvento del mio corpo e mi faceva battere forte il cuore. 

Quando finii di salutare tutti mi diressi verso la porta e la chiusi velocemente dietro di me, per poi avvicinarmi alla figura di Genn che portava una felpa nera con il cappuccio che gli copriva quasi gli occhi.

Mi chiedevo come diavolo facesse a vedere.

Mi buttai tra le sue braccia e lui mi strinse, senza dire nulla sapevo che aveva capito.

"Sei pronta?"-Disse dandomi un bacio sulla testa. 

Io annuii e mi allontanai da lui.

Genn fece segno ad Alex che poteva partire con l'auto, mentre io entravo nella sua macchina. 

Il viaggio fu particolarmente silenzioso, ma non era imbarazzante, era solo pieno di frasi in sospeso e domande che non volevano uscire dalle nostre bocche. 

E intanto la radio riempiva quel silenzio.

All we do is drive
All we do is think about the feelings that we hide
All we do is sit in silence waiting for a sign
Sick and full of pride  
All we do is drive 

"So che stai pensando a qualcosa"-Esordì Genn coprendo il vuoto di quell'auto, dopo ore di quiete.

Ci avvicinavamo sempre di più alle luci di Londra e il mio cuore si riempì di una strana gioia.
Amavo Londra e amavo viverci, era il mio posto sicuro. 

"Io penso sempre, sarebbe strano il contrario" 

Il suo braccio sinistro era teso sul volante, la sua giacca di pelle era leggermente corta e gli lasciava il polso scoperto, facendo vedere i suoi bracciali, l'altro suo braccio si spostò dal cambio verso la mia gamba.

La sua mano si fermò sulla mia coscia e la strinse leggermente, come se con quel gesto stesse cercando di calmarmi. 

Le mie dita scivolarono involontariamente sulle vene, abbastanza visibili, del dorso della sua mano e le percorsero dolcemente. 

Dopo qualche secondo prese di scatto la mia mano e se la porto alla bocca, lasciando qualche umido bacio che mi fece venire i brividi.

Circa mezz'ora dopo varcai la soglia di casa mia e l'odore del vuoto pervase i miei sensi, come se quella casa non fosse abitata da anni. 

Alex si avvicinò a me e posò le valigie a terra.
Avevamo deciso che saremmo rimasti insieme fino a quando la mia famiglia non sarebbe tornata. 

Avere loro in giro mi rincuorava e mi sentivo più sicura. 

"Porta le valigie nella stanza di mia madre, starete li"-Dissi rivolgendomi ad Alex che mi sorrise amorevolmente, come al suo solito. 

"Andrà tutto bene Ju"

La mano di Anne si poggiò sulla mia spalla ed i suoi occhi mi guardarono pieni di dolcezza. 
Da un lato mi piaceva essere sostenuta da lei, ma dall'altro mi sentivo debole e non volevo esserlo. 

Le sorrisi leggermente prima di salire le scale ed entrare nella mia stanza.
Mi affacciai dalla finestra e rimasi ferma per un bel po' a fissare il vuoto. 

Quella casa era stranamente silenziosa e sentivo già la nostalgia delle urla incessanti di mio fratello e dei costanti lamenti di Jess, che normalmente odiavo ma la loro assenza mi faceva apprezzare quelle fastidiose abitudini.

Lo scricchiolio della porta mi distrasse da quei pensieri.
Dal vetro della finestra vidi il riflesso di Genn, che mi fissava con le mani dentro le tasche della felpa. 

"Vorrei davvero sapere a cosa pensi" 

Mi voltai verso di lui e mi sorpresi quando lo vidi ad un palmo dal mio viso.

"Sono spaventata Genn, tutta questa situazione mi sta facendo impazzire" 

Fece un sospiro e posò la sua mano sulla mia guancia.

"Fin quando ci sarò io accanto a te non ti succederà nulla"-Fece una pausa per potermi guardare negli occhi mentre il mio cuore perdeva qualche battito a causa dei suoi occhi sui miei-"Non permetterò mai a nessuno di farti del male" 

Quelle parole andarono dritte al cuore e lo fecero fermare per un attimo.

"Ti amo"-Mi lasciai scappare fin troppo piano.

In realtà avevo voglia di urlarlo, tutti dovevano sapere quanto quel ragazzo contasse per me. 

In quei secondi di silenzio mi rendevo conto che non era solo la mia casa che mi faceva sentire sicura, non erano solo i miei amici ma principalmente era lui. 

Ero consapevole del fatto che ovunque si trovasse, qualsiasi cosa stesse facendo e con chiunque fosse, sarebbe corso da me per qualsiasi cosa.

Ed in quel momento potevo perfettamente percepire la presenza infuriata di quella ragazza, solitamente sorridente, che questa volta non era riuscita nel suo intento.
Questa volta avevo vinto io su di lei. 

Perché Genn era riuscito a calmare il mio stato d'ansia. 

Perché lui era il mio posto sicuro.

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