La sera, a cena, raccontai sia a mamma che a papà quello che era successo a scuola quella mattina. I miei genitori si dimostrarono felici della mia risposta positiva. Era vero, ero felice di essere in quella scuola, perché tutto sommato gli insegnanti non erano male e l'ambiente era semplice e accogliente. Non nominai nemmeno una volta Elizabeth, non potevo certo esprimere ai miei genitori quello che avevo provato nel vederla. Parlai loro di Michael, e sorrisero, felici che ci fosse un amico al mio fianco in una scuola nuova.
Mi diedero quasi il permesso di andare in camera mia, così mi chiusi in bagno, feci una lunga doccia e mi lavai i denti. Quando tornai in camera vidi che lo schermo del mio cellulare stava lampeggiando. Lo presi al volo prima di perdere la chiamata di Michael.
<< Sei sparita per tutto il pomeriggio. Che è successo?>> mi chiese senza neppure salutare. Sorrisi e gli raccontai quello che era successo con Thomas, e del fatto che si fosse concluso tutto troppo in fretta, non soltanto perché dovevo tornare a casa presto. Michael non disse niente di negativo, soltanto che gli dispiaceva per me, che avrebbe voluto aiutarmi in qualche modo. Scossi la testa. Per un po' parlammo della scuola. La mia curiosità riguardo Elizabeth si fece sentire di nuovo. Avrei voluto fargli qualche domanda ma mi vergognavo troppo, così tenni tutto per me, nascondendo i miei sentimenti come al solito. Verso le 22 Michael mi diede la buonanotte e mi sentii subito triste e sola. Presi gli auricolari e ascoltai Troye per tutto il tempo, fino a che i miei occhi si fecero pesanti e mi addormentai con ancora le cuffie nelle orecchie.
Il giorno dopo mi alzai alle 6 come la mattina precedente. Si rivelò davvero complicato, perché il sonno mi attirava al letto, e mi alzai con molta forza di volontà. Mi trascinai in bagno, poi in camera per vestirmi e in cucina per bere del caffè. Uscii di casa leggendo il Buongiorno ❤️ di Thomas, alzando poi il volume della musica. Attesi l'arrivo dell'autobus in silenzio. Attorno a me c'erano tantissimi ragazzi della mia età, ma tutti loro andavano a licei, alle scuole professionali. Mi sentii diversa e sola di nuovo. Alzai di più il volume e nascosi il volto dietro ai capelli.
Seduta in autobus non mi guardai neppure intorno, mi concentrai soltanto a guardare fuori dal finestrino, cercando di tenere la mente occupata. Ma era tutto inutile, un'impresa ardua. Continuavo a pensare, a pensare a cose brutte, e quello strano bisogno di ferirmi tornò con prepotenza. Chiusi gli occhi, pregando la mia mente di lasciarmi stare.
Il viaggio in autobus duró tantissimo, fu uno strazio, ringraziai la presenza della musica almeno cento volte. Ripensare a tutto quello che avevo passato in autobus alle medie mi metteva inquietudine. Tutte le prese in giro, le risate, le offese indirizzate alla mia persona. Mi sentii male, e sperai di arrivare nella nuova scuola presto. Per fortuna quasi tutti i ragazzi scesero per andare ai licei, restai soltanto io, e quando arrivai alla stazione prenotai la fermata e scesi. Decisi di fare due passi, non di scendere proprio difronte alla scuola, e mi accorsi che se l'autobus fosse sempre stato in orario, avrei potuto ripetere gli stessi gesti tutte le mattine.
Quando ripresi il cellulare per cambiare canzone, notai un sms di Michael. Mi aveva scritto che era in ritardo, che sarebbe arrivato alla seconda ora. Gli chiesi come mai e lui mi rispose che non aveva sentito la sveglia e aveva perso la prima corriera. Sorrisi e gli dissi di non preoccuparsi, che avrei avvertito l'insegnante della prima ora. Non ricordavo chi fosse, forse quello di inglese.
Quando arrivai a scuola notai i soliti ragazzi accanto alla panchina, concentrati a fumare. Mi trovai a cercare con lo sguardo Elizabeth, ma non la trovai. Una lieve nota di delusione mi invase, ma scossi la testa, entrando nel cortile. Ignorai i ragazzi che non si risparmiarono le occhiate nella mia direzione, ed entrai a scuola. Mi recai alla mia aula, trovando un mio compagno di classe seduto in fondo, quasi disteso sul banco. Sembrava dormire. Scossi la testa e mi tolsi il giubbotto di pelle sistemandolo sulla sedia in terza fila. Prima di pentirmene mi sedetti al posto di Michael. Accanto al banco vuoto di Elizabeth. Osservare il suo banco vuoto mi trasmise tristezza. Volevo vederla. Non sapevo come avrei fatto ad alzarmi una volta iniziata la lezione. Non sapevo come l'avrebbe presa Michael. Quando alzai lo sguardo per sfilarmi lo zaino dalla spalla, vidi Elizabeth accanto alla porta. Quando notò il suo banco vuoto in terza fila sorrise. Si rivolse a me.
<< Vieni con me in prima fila?>> mi chiese. Sbiancai. Stava parlando davvero con me? Quando non le risposi lei sorrise un'altra volta, poi percorse i banchi vuoti della prima fila e si sedette all'ultimo banco, quello affianco al muro. Sbattei più volte le palpebre e mi alzai, prendendo il mio zaino e la giacca, superando i banchi e sedendomi accanto a lei. Elizabeth sorrise, poi appoggiò la tracolla sul banco, cercò le sue sigarette e tornò fuori. Mi lasciai andare ad un sospiro. Mi aveva parlato.
Non riuscii a crederci. Il mio cuore non la smetteva di battere nel mio petto. Mi stava togliendo il fiato.Al suono della prima campanella, tutti ragazzi che erano ancora fuori in cortile entrarono in aula ridendo e rimettendo gli accendini in tasca. Elizabeth fu una delle ultime a tornare in classe, ma non disse nulla dell'assenza di Michael. Superò i banchi come al solito, e si sedette al suo posto, accanto a me.
L'insegnante di inglese, una signora bassa con un paio di bellissimi occhiali, fece il suo ingresso in classe, esclamando un "goodmorning". Mi piacque subito, sembrava essere allegra. Si sedette alla sua cattedra, iniziò a spiegare come gli altri insegnanti le regole della scuola, poi fece l'appello. Al nome di Michael alzai la mano, e le dissi che sarebbe arrivato alla seconda ora perché aveva perso l'autobus.
<< Ah bene>> esclamò la professoressa, << iniziamo già bene>>. Poi sorrise e scrisse l'assenza di Michael. Al mio nome, Jessica Moore, alzai la mano e dissi presente. A quello di Elizabeth, Elizabeth Stonem lei si limitò a sorridere. La professoressa sembró conoscerla perché ricambió il sorriso. Chissà da quanto tempo frequentava quell'istituto. Essendole così vicina, ebbi modo di osservare con più cura le sue mani. Ieri non mi ero sbagliata. Erano davvero cicatrici prodotte dal filtro delle sigarette premuto sulla pelle. Erano bianche, vecchie di qualche mese, ma c'erano. Il mio cuore battè di nuovo, rimbalzò nel mio petto, ebbi paura che lei lo potesse sentire. Quando la prof iniziò a spiegare mi sforzai con tutta me stessa di non guardala più.
🌸🌸Quarto capitolo :) Che ne pensate? È un pochino corto, spero non sia un problema :( vi piace Elizabeth?
Aggiornerò domenica o al massimo lunedì, intanto vado avanti a scrivere XD
Un bacio ❤️25 aprile 16
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She's not afraid
FanfictionJess è costretta a lasciare il suo liceo per iscriversi in un istituto privato. I suoi voti bassi nelle materie scientifiche l'hanno penalizzata. Nella nuova scuola incontrerà vecchie conoscenze ma anche una compagna di classe che attira la sua atte...