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Gli scritti erano andati bene, mi sentivo  soddisfatta. Avevo preso un 12 in tutte le prove, la seconda era andata meglio di tutti perché avevo preso il massimo dei punti.
Elizabeth aveva preso 15 in tutte le tre prove, ero così felice per lei.
Mancava ancora qualche giorno all'esame orale. Per ironia della sorte era stata estratta la lettera l, quindi avevamo gli orali abbastanza vicini.
Ci stavamo già preparando per il ripasso finale e conclusivo, ma io avevo un altro esame da affrontare, e quello mi spaventava più di tutti quelli che avevo affrontato fino ad ora.
Era arrivato il momento di parlare con mia madre. Dovevo farlo, dovevo essere sicura del suo amore per me. Non potevo stare con lei se non era serena. Volevo che pensasse di trascorrere dei bei mesi, degli anni con me, soltanto con me. Non volevo rovinarle niente.
L'avrei compresa anche se mi avesse detto di volersi trasferire da un'altra parte, bastava che io potessi andare con lei.
Elizabeth mi disse che quel sabato potevo andare da mia mamma tranquillamente, perché lei avrebbe visto suo padre. Ero curiosa di conoscerlo, ma volevo lasciarle spazio, così acconsentii.
Per festeggiare l'esito positivo delle prove scritte uscimmo per bere qualcosa, guardammo un film al cinema, poi tante, tantissime coccole nel suo letto.
I suoi capelli erano sempre più lunghi e mi piaceva accarezzarglieli quando dormiva, la guancia sulla mia pancia. Anche a lei piaceva toccare i miei, mi faceva sempre le trecce.
Con Elizabeth ero completa. Non avevo bisogno di altro. Ma non potevo lasciare sola mia madre. La dovevo affrontare. Ma non me la sentivo.
Dovevo.

Qui sabato mattina Elizabeth mi preparo la colazione, poi ci facemmo la doccia a turno, e prima di andare dei rispettivi genitori corremmo al supermercato per comprare qualche bibita. Mi accompagnò a casa di mamma, la mia casa dire il vero, ma quando arrivammo, ancora seduta sul sedile del passeggero della macchina di Elizabeth pensai che non era più così mia, che non mi apparteneva più. Custodiva benessere ma anche dolore e volevo staccarmici.
<< Chiamami quando hai finito, ti vengo a prendere subito>> disse Elizabeth, sistemandomi i capelli che aveva acconciato lei stessa.
<< Va bene. Buona fortuna con tuo padre>> dissi chinandomi su di lei per baciarla. La sentii sorridere, poi le sue dita sul mio collo. Ci baciammo piano, poi fui costretta, a malincuore, a separami.
<< Buona fortuna anche a te>> disse carezzandomi la guancia prima di lasciarmi scendere dall'auto.
<< Grazie piccola, ne avrò bisogno>>
Lei mi sorrise, mi fece l'occhietto, e dopo aver chiuso lo sportello dell'auto mise in moto. Seguì con lo sguardo l'auto finché non affrontò una curva e spari. Mi lasciai andare ad un lungo sospiro e raggiunsi il cancello.
Pensai che fosse meglio suonare al campanello. Poco dopo, mamma comparve davanti alla porta e quando mi vide apri subito il cancello. Non mi aspettò sulla porta. Entrai in casa, chiusi la porta. Lei era già tornata in cucina.
Ancora una volta mi guardai intorno e vedi la desolazione di quella casa. Non era egoistico pensarlo ma senza di me e papà era vuota. Sentivo anche che mamma non voleva più abitarci, ed ebbi paura.
<< Vieni pure>> disse mamma dalla cucina. Smisi di guardare il pavimento e le scale e la raggiunsi. La trovai accanto al fornello, stava preparando il suo solito caffè. Erano le 16 del pomeriggio.
<< Come sono andati i suoi scritti?>> mi chiese, e la vidi sorridere dopo tanto tempo.
<< Bene. Ho preso un bel punteggio, anche nella terza prova. Inglese è andato meglio di tutte>> dissi annuendo.
<< L'hai detto a papà?>> chiese versando il caffè in due tazzine per poi portarle sul tavolo. Dopo aver seguito i suoi movimenti e aver constatato che era tranquilla, mi sedetti a tavola stringendo tra le mani la tazzina di caffè.
<< Ho provato a chiamarlo ma non mi hai risposto, penso sia impegnato>> dissi. Mamma annuì, sedendosi poi di fronte a me.
Era tranquilla ma quasi assente. Volevo chiederle come stesse, se fosse contenta di vedermi, ma avevo paura.
Per qualche minuto non parlammo, bevemmo soltanto il caffè silenzio, poi presi coraggio e dissi <<Stai bene?>>
Lei socchiuse gli occhi, sistemò il cucchiaino dentro la tazza e la spostò lontano da se. Poi incrociò le dita delle mani e mi guardò.
<< Non lo so Jess. Mi manchi più tu che tuo padre>> disse seria. Feci per parlare quando lei mi interruppe.
<< Tesoro, io non ti odio. Io ti amo, sei mia figlia. Non condivido la tua scelta di vivere con una ragazza ma non posso farci nulla. Io non amo più tuo padre. Non ci siamo separando per colpa tua tesoro>>
Sentii un disperato bisogno di piangere. Ero sollevata di sapere che non era colpa mia, ma avevo paura che continuasse a parlare. Conoscevo mamma molto bene e sapevo che cosa voleva dire con quel discorso. Lei voleva stare da sola, senza mio padre, ma lui non era come lei. Lui era debole, in solitudine e senza di lei soffriva. Sapevo perfettamente che aveva bisogno di me, perché adesso lei non sarebbe stata più al suo fianco.
Avevo compreso tutto quello che dovevo fare e avevo paura. Le mie peggiori paure si erano concretizzate.
<< Hai un altro mamma?>> le chiesi, ma il mio tono di voce non era accusatorio. Mamma rise, scuotendo la testa.
<< No Jess. Io odio gli uomini. Ho sposato tuo padre perché lo amavo ma adesso...>>
Attesi due continuasse ma decise di restare in silenzio, lasciando in sospeso la frase.
Entrambi i miei genitori sapevano perfettamente di poter fare qui discorsi con me. Mi avevano sempre trattata con rispetto, considerandomi una persona adulta. Ma adesso avrei voluto tornare indietro, tornare bambina e vedere i miei genitori amarsi. Non volevo stare in un mondo di adulti, dove i miei genitori non stanno più insieme. Non volevo vedere mio padre soffrire, sapevo perfettamente che se lo avessi lasciato solo, lui non sarebbe stato in grado di continuare la sua vita. Non senza mia madre.
Mio padre amava mia madre e senza di lei non era nulla.
Dovevo porre a mia madre la domanda più importante. Bevvi il mio ultimo sorso di caffè, chiusi gli occhi e mi lasci andare ad un lungo sospiro per affrontare il discorso. Ma quando tornai guardare mamma, lei alzò la mano per poter parlare prima di me.
<< Non voglio più stare in questa casa Jessica. Ho troppi brutti ricordi. Ovviamente non la venderò ma non voglio più stare qui>> disse guardandomi e allungando la mano verso di me. Gliela strinsi anche se avrei voluto scuoterla per le spalle.
<< Che vuoi dire?>> chiesi.
<< Voglio dire che voglio andare ad abitare da un'altra parte. Ho tornato un lavoro part-time in un'altra città, un lavoro migliore, che ho scelto io, non tuo padre. Finalmente posso fare quello che ho sempre sognato di fare. Separarmi da tuo padre mi aiuterà a vivere Jess>> e poi pianse. Mi alzai subito, andando verso di lei e l'abbracciai. Ora, era lei la bambina. Mamma si lasciò stringere da me, senza più parlare.
Le parole ormai non servivano più, avevo capito ogni cosa.
Lei si sarebbe trasferita, ma con quell'abbraccio mi fece capire che dovevo aiutare mio padre, perché lei non aveva più la forza di farlo. Lei aveva bisogno di vivere la sua vita, quella vita che aveva sempre sognato quando era ragazza. Sapevo che amava ancora mio padre anche se lei diceva di no, aveva soltanto bisogno di tornare a vivere, perché aveva rinunciato a troppe cose per lui.
Io amavo a mio padre e lo avrei aiutato perché lui aveva soltanto me ora.
Dovevo stare con lui ma questo voleva dire trasferirmi e lasciare Elizabeth. Lasciarla alla vita che meritava di avere, lasciarla al futuro che sognava. Lasciarla alla vita che sarebbe stata perfetta per lei.
L'amo, e voglio solo il meglio per lei.
Aveva già sofferto troppo, anche a causa mia, e anche se l'amo più di qualsiasi cosa non potevo obbligarla a trasferirsi con me e papà in una nuova città. Non volevo che rinunciasse ai suoi sogni.
Quando piansi, mamma scambiò le mie lacrime per tristezza, riguardo alle sorti della mia famiglia. Ma piangevo per la perdita imminente del mio amore.

She's not afraidDove le storie prendono vita. Scoprilo ora