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Era arrabbiata con me. Non mi voleva più. Questo pensai quando la vidi seria. Era a disagio, quelli erano sempre stati i suoi amici e adesso la guardavano male quando lei non poteva vederli, ne ero sicura. Mi sentivo terribilmente in colpa.
Andammo in palestra in assoluto silenzio. L'idea di giustificarmi per quella volta mi invase, ma decisi di resistere per non consumare giustificazioni. Elizabeth mi sorrise di nascosto in spogliatoio, quando uscii dal bagno dove mi ero cambiata. Poi attese che tutte le nostre compagne fossero uscite per correre da me e baciarmi delicatamente sulla guancia.
<< Non sei arrabbiata con me?>> le dissi colta di sorpresa
<< No! Perché dovrei?>> mi chiese accarezzandomi i capelli.
<< Per quello che stanno facendo in classe. Loro ce l'hanno con me, non con te El, non c'entri niente>> dissi seria. Lei scosse la testa e sorrise in modo triste.
<< Io non sono arrabbiata con te, ma con loro. Li detesto per quello che ti stanno facendo. Vorrei prendergli a pugni ogni volta che noto i loro sguardi cattivi>> disse guardandomi negli occhi. Sorrisi ed annuii, incapace di fare altro.
<< Dai andiamo al massacro>> disse sfiorandomi la mano ed uscendo di corsa dallo spogliatoio. La seguii in silenzio.

Io e e eravamo impegnati a raggiungere la stazione quando lui si voltò verso di me con uno sguardo serio. Era strano da quando avevamo lasciato la palestra. A dire la verità ero stanca di quella sua aria corrucciata.
<<Stai bene?>> gli chiesi guardandolo. Lui scosse velocemente la testa e appoggiò una mano sulla mia spalla.
<< Ho scoperto delle cose, e voglio chiederti il permesso prima di dirtele>>
<<Il permesso? Il permesso per dirmele?>> dissi sottolineando l'ovvio. Volevo soltanto essere sicura di aver capito bene. Lui annuì.
<<Ehm, ok. Di che si tratta?>>
Qualunque cosa avesse da dirmi volevo saperla. Michael prese un lungo respiro e mi guardò negli occhi.
<< Ho sentito quello che hanno detto, in classe. Dicono brutte cose>> disse serio. Non distolsi lo sguardo e lo invitai a continuare.
<< Dicono che tu sia lesbica, che tu voglia fare qualcosa di strano ad Elizabeth o altre cose, che tu la voglia condizionare e portare a far cose spiacevoli per lei o...>> ma in quel momento alzai la mano per zittirlo.
<< Arrivano a dire certe cose solo perché passo del tempo con lei a ricreazione? Non mi conoscono neppure. Mi hanno vista con Thomas, quel giorno in cui è venuto a prendermi. Sanno che ho un ragazzo, anche se tu sai come stanno le cose>> dissi cercando di  stare calma.
<< No ecco... Io l'ho detto>> esclamò lui. Iniziai ad agitarmi.
<< Hai detto cosa?>> cercai di non aggredirlo.
<< Ecco, siamo andati sul discorso di Thomas appunto, ed io ho detto che... Mi è scappato Jess, scusami>>
<< Avete parlato di me e Thomas? Che cosa gli hai detto cazzo?>> urlai.
<< Ho detto che lui ti ha lasciata>> confessò. Mi portai le mani ai capelli, disgustata. Non era possibile.
<< Oh ma bene. E gli ha pure detto che mi ha tradita vero?>>.
Ero furiosa.
<< No, io..oh Dio>> esclamò Michael chiudendo gli occhi.
<< Come hai potuto dire una cosa del genere a quella gente?>> gli chiesi a pezzi. Michael non mi rispose, non aveva più alcuna parola da dirmi. Ero stanca. Ero sfinita. Non potevo crederci.
<<Tu ci credi vero?>> gli chiesi seria, senza distogliere lo sguardo dal suo viso. Lui spalancò gli occhi, mi guardò in modo strano ma non disse nulla. Allora mi zittii, comprendendo. Ma certo, lui ci credeva eccome. Credeva alle brutte cose che dicevano di me. Lo superai, senza dire una parola, raggiungendo a passo spedito il mio autobus parcheggiato alla stazione. Michael comprese la mia rabbia perché mi seguì ma non parlò più con me. Gli diedi le spalle e salii sul mezzo, furiosa.
Non mi interessava quello che dicevano, ero abituata alle pugnalate alle spalle da parte delle persone, ma quello che mi infastidiva di più era il fatto che Michael pensasse che fossi una brutta persona.
Non avrei mai detto a lui la verità su di me ed Elizabeth, mai. Soprattutto dopo aver saputo quello che aveva fatto. Aveva detto una cosa così personale a quella gente, quelle gente che mi odiava, e che non vedeva l'ora di avere tra le mani una notizia su di me di cui sparlare e ridere. Odiai ogni singola persona accanto a me sull'autobus, anche se non mi aveva fatto niente. Avevo un disperato bisogno di farmi del male, perché a quel senso di panico e dolore non sarei sopravvissuta.
Ero una pessima persona. Facevano bene a parlare male di me.

Avevo bisogno di piangere, ma non ci riuscii. Mi rintanai nella mia camera da letto, dopo aver chiuso la porta a chiave. Non avevo neppure la forza di andare al bagno per farlo, per la prima volta nella mia vita l'avrei fatto in camera mia.
Bruciai il filtro quando il mio cellulare lasciato sul comodino suonò. Cazzo, mi ero dimenticata di spegnerlo, non potevo mai stare tranquilla nel mio dolore. Lanciai uno sguardo allo schermo e vidi una chiamata da parte Elizabeth. Iniziai a tremare, mi sentii esposta, ma lei sapeva già quello che che facevo. Lasciai che il piccolo fuoco si spegnesse e presi il cellulare.
<< Jess>> disse lei soltanto << Stai bene?>>
Attesi qualche secondo, restando in silenzio. Non stavo bene per niente.
<< No>> risposi con la voce rotta dal pianto. In quel momento iniziai a piangere.
<< Lo stai per fare vero?>> mi chiese seria. Sospirai e le lacrime mi bagnarono le guance.
<< Si>> ripetei con lo stesso tono di prima.
<< Resisti, ti prego, e vieni qui da me>> mi imploró restando comunque seria. Scossi la testa.
<< Ne ho bisogno El>> sospirai. Lei restò in silenzio per qualche minuto poi sospirò
<< Va bene, lo capisco. Ma vieni qui quando hai finito>> e detto questo riattaccó. Quando avrò finito, come se stessi svolgevano un lavoro. Le lacrime mi annebbiarono la vista, mi stropicciai gli occhi per cacciarle poi passai ad un nuovo filtro gettando nella spazzatura quello inutilizzato.

Le sue dita si fermarono sul livido ancora dolorante. Non la guardai neppure, mi limitai a restare a testa bassa. Poi Elizabeth portò le dita al mio mento così da poterla guardare negli occhi. Mi baciò, ma io tornai a piangere e mi staccai da lei. Non volevo che mi vedesse in quello stato. Eravamo ferme al centro della sua camera da letto. Lentamente mi avvolse in un abbraccio e poi mi condusse al suo letto. Mi fece stendere tra le lenzuola, poi si stese accanto a me e mi strinse a se. La mia schiena aderì al suo petto e chiusi gli occhi. Avevo bisogno di soffrire e lei mi lasciò stare nel mio dolore pur restandomi accanto. Soltanto lei capiva che cosa provavo, soltanto lei, perché soffriva in questo modo a sua volta.

Dopo averle raccontato tutto quello che era successo con Michael quel pomeriggio, lei mi baciò piano sulla tempia, senza dire nulla. Mi sedetti al centro del letto aprendo piano le gambe, facendole spazio, e lei si inginocchiò davanti a me. Sentii le sue mani sulle mie cosce. Mi tolse piano la maglietta che indossavo, poi mi sfiorò le cicatrici, ed io feci lo stesso con le sue. Immaginai tutto il dolore che aveva subito nel procurarsele e lei immaginò il mio. Poi, lentamente, tornò a baciarmi e la strinsi forte a me. Avevo bisogno del suo corpo, ora più che mai, così lei si staccò piano da me per farsi spogliare, senza muoversi.  Sciolsi la sua alta coda di capelli, poi portai le dita sulla sua spalla scoperta, sfiorando la spallina del reggiseno. Elizabeth mi guardò con quei suoi bellissimi occhi azzurri, a bocca chiusa, poi mi baciò. Reclamai il suo corpo, così le feci alzare le braccia e le sfilai il maglioncino. Mi limitai a portare le dita sulle sue spalle e le labbra sul suo seno ancora coperto dal reggiseno. La strinsi in un abbraccio quando le mani scesero sui suoi fianchi, ed iniziai a baciarle il seno, lentamente. Lei portò la testa all'indietro e le dita sotto la mia maglia, toccandomi la schiena. Baciai e leccai la sua pelle, poi salii lentamente e le sfilai anche il reggiseno. Lei mi guardò premendo i seni contro di me, portando le mani ai miei capelli e giocando con qualche ciocca, poi iniziò a muoversi piano. Voleva ricevere piacere ma io volevo soltanto il suo seno. La feci stendere piano tra le lenzuola, lei aprì le gambe avvolgendomi poi i fianchi, e mi stesi su di lei, tornando sul seno.
<< Ti prego...>> sospirò sotto di me, ma scossi la testa. Baciai e leccai un seno alla volta, piano, facendola mugolare. Quando stava per urlare l'accontentai, portando le dita in mezzo alle sue gambe, abbassando la cerniera dei jeans. Sfiorai le mutandine e la trovai già pronta per me. Ma rimasi immobile, con le labbra sempre sul suo seno. Allora Elizabeth prese la mia mano,ed esigente la condusse di nuovo tra le sue gambe. Risi e baciandole il petto iniziai ad infilare piano le dita oltre le sue mutandine. Lei sospirò di piacere, dopo aver ottenuto finalmente quello che voleva.

<<Come hai fatto a sapere che stavo male?>> le chiesi, la guancia appoggiata sul suo petto coperto dal lenzuolo. Lei mi sfiorò lentamene le braccia con le dita senza fermarsi.
<< Perché con una scusa mi sono fatta dire qualcosa da quei deficienti che abbiamo in classe, e sono andata nel panico. Sapevo che ti avrebbero ferita, e sono così stanca di tutto questo casino>> disse seria. Rimasi in silenzio, senza riuscire a parlare, poi lei aggiunse.
<< Sono stanca che ti trattino in quel modo. Prova a reagire e affrontali>>
Sospirai ad occhi chiusi.
<< Ci proverò>>.
🌸🌸

Ecco il nuovo capitolo :) Che ne pensate di Michael a questo punto della storia?
Ci vediamo al prossimo aggiornamento ❤️

She's not afraidDove le storie prendono vita. Scoprilo ora