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Quando riaprii gli occhi mi resi conto di essere ancora nella sua camera da letto. Mi misi a sedere sul letto sperando di non svegliarla e controllai l'ora.
Erano le 18.
Accidenti, dovevo tornare a casa, altrimenti mamma si sarebbe preoccupata. Lentamente mi alzai dal letto di Elizabeth, poi la coprii con la coperta con i fiori viola ricamati che era sistemata tra i cuscini e le scrissi un bigliettino.

Scusa se sono andata via senza salutarti, ma dormivi così bene e non volevo svegliarti. Sono dovuta scappare, altrimenti avrei perso l'autobus del ritorno :( A dopo, ti amo

Lo sistemai accanto al suo cuscino, poi uscii dalla camera in silenzio.

Tornai a casa appena in tempo. L'auto di mamma svoltò l'angolo quando io entrai dalla porta d'ingresso. Sperai che non mi avesse vista. Mi tolsi il cappotto in fretta poi le scarpe, sistemandole al loro posto e correndo al piano di sopra. Feci appena in tempo a sedermi alla scrivania che sentii mamma rientrare. Mi lasciai andare ad un sospiro di sollievo.
<< Jess?>> mi chiamò.
<< Sono di sopra>> risposi riprendendo fiato.
Ce l'avevo fatta per un soffio.

Mi manchi. Potevi restare qui! Comunque, sei riuscita a non perdere l'autobus?

Il messaggio di Elizabeth mi fece sorridere. Le risposi che ero riuscita ad arrivare a casa in tempo. Lei mi rispose con un grazie per oggi, ed io con non ti preoccupare ❤️
Parlammo un po' per sms, poi papà mi chiamò al piano di sotto perché era pronta la cena. Scesi a mangiare anche se non avevo molta fame, e parlai un po' con i miei di cose di lavoro, delle notizie del telegiornale. Della scuola no, non mi chiesero nulla, ma sapevano che andavo bene, che mi impegnavo come avevo sempre fatto. Non erano andati ai colloqui con i professori perché avevano avuto da lavorare entrambi, ma dissi a mamma che nei pomeriggi in cui era libera poteva andare a scuola tranquillamente. Ma lei e papà dissero che non ce n'era bisogno, che si fidavano di me e dei voti che mostravo a loro. Sorrisi e tornai alla mia cena più tranquilla.
Non ero brava come Elizabeth, lei aveva la media dell'otto, ma me la cavavo con i miei 7 e 8 in psicologia. Ero davvero soddisfatta. La classe lasciava a desiderare, ma i professori e la scuola mi piacevano molto. Ti aiutavano di più, ti seguivano con passione, ed i professori amavano il loro lavoro. Alcuni insegnanti erano giovani, e quel lavoro a loro piaceva, adoravano insegnare e vedere i frutti del loro tanto studiare all'università quando prendavamo tutti voti sufficienti. I miei compagni erano maleducati, ma si impegnavano tutti, e nessuno prendeva mai un 4 o un 5.
La cosa negativa era Michael. Da quel giorno in cui io ed Elizabeth gli avevamo detto la verità lui non mi aveva più parlato. Cercavo in tutti i modi di iniziare un qualsiasi tipo di dialogo con lui, ma era freddo e assente nei miei confronti. Una mattina arrivai a scuola in ritardo, come al solito avevo perso l'autobus, ma questa volta lo avevo scritto ad Elizabeth, non a Michael. Quando entrai in classe scusandomi con l'insegnante di inglese vidi il posto accanto a me occupato da un ragazzo che di solito stava in seconda fila. Quel posto che prima era di Michael. Il mio amico era seduto dietro, stava guardando il suo quaderno e non alzò lo sguardo verso di me.
<< Scusami, ti dispiace se sto qua?>> mi chiese Lucas.
<< No, non ti preoccupare. Come mai sei qui?>> gli chiesi cercando di sorridere e sedendomi accanto ad Elizabeth.
<< Perché la prof mi vuole qua davanti. Ha parlato con mio padre e hanno detto che devo stare davanti e seguire di più. Ho fatto cambio con Michael. Non volevo rubargli il posto, mi sarei seduto anche accanto a James, ma Michael ha insistito>> disse guardandomi. Io annuii e mi voltai a guardare Elizabeth che mi sorrise comprensiva.
Bene, molto bene. La mia amicizia con Michael era ufficialmente finita, e non per causa mia. Era ottuso, non capiva.
Soffrii, come sempre. Ero ancora troppo buona con le persone.

<< È un cretino, e poi è colpa mia se si è spostato>> disse Elizabeth seduta accanto a me sulla panchina, intenta a fumare come sempre. Io mi ero calmata, fumavo soltanto qualche sigaretta, tre in tutto a settimana.
<< No, non è colpa tua. Mi dispiace che abbia smesso di parlare anche con te>> dissi restando accanto a lei anche se la voglia di prenderle la mano era forte. Avevo paura, lei un po' meno di me, ma non volevo che i pettegolezzi prendessero di mezzo anche lei.
<< Non mi importa, a me importa di te>> rispose sussurrando. Le sorrisi e la vidi spegnere la sigaretta nel posacenere.
<< Andiamo, mi prendo un caffè>> disse per poi alzarsi dalla panchina. La seguii a scuola e decisi di pendere anche io un caffè, ne avevo davvero bisogno.

She's not afraidDove le storie prendono vita. Scoprilo ora