Questo capitolo contiene scene erotiche. Buona lettura :*
Il giorno dopo decidemmo di non andare a scuola. Non parlammo più di quello che avevo fatto, ma Elizabeth mi costrinse a fare una visita medica al pronto soccorso per assicurarsi che andasse tutto bene. Aveva fatto appena in tempo. Non avevo subito danni, quelle poche pastiglie che avevo ingerito non mi avevano corroso nulla, soltanto il cervello, secondo me, perché mi scoppiava la testa e avevo un sonno allucinante. Il dottore che mi visitò quella stessa notte mi disse che dovevo mangiare qualcosa, ma non avevo per niente fame. Elizabeth mi aiutò a mangiare un panino al prosciutto. Mi venne da vomitare ma fortunatamente riuscii a tenere il cibo nello stomaco.
Tornammo a casa alle 2 di notte. Una doccia poi crollammo a letto.
Quando mi alzai erano le 10 del mattino. Elizabeth era seduta sul letto accanto a me, indossava soltanto la biancheria. La guardai negli occhi e lei mi accarezzò il volto, le spalle.
<< Non farlo mai più>> mi disse seria. Io annuii e le chiesi scusa, per l'ennesima volta. Ero impazzita, non avevo riflettuto su quello che stavo facendo. Non avrei mai voluto lasciarla, cercavo soltanto un modo per far sparire il dolore.
<< Non ti deve importare un cazzo di quello che pensa quella gente>> mi disse lei seria, portando le mani sulla mia pancia.
<< Sto male perché per colpa mia se la sono presa con te>> dissi piangendo, ma lei mi baciò sulle labbra, sospirando.
<< Non mi importa, non mi importa di niente. Mi importa soltanto di te, e ti difenderò sempre. Che pensino quello che vogliono, non mi allontaneranno da te>>
La guardai in quei bellissimi occhi azzurri e le sorrisi tra le lacrime, baciandola a mia volta. Non sapevo più che cosa dire. Il mio corpo parlò per me. Mi avvicinai a lei e in poco tempo le sue mani finirono su di me e le sue labbra sulla mia pelle. Il suo amore mi avvolse, illuminandomi e riscaldandomi, e mi sentii così protetta. Stavo soffrendo così tanto ma Elizabeth non mi lascio mai piangere, mi fece soltanto ridere con il solletico, mi fece provare piacere toccandomi piano, baciandomi e dicendomi quanto mi amava.
Mi sentii speciale. Nonostante il dolore, mi sentii bene. Ed era soltanto merito suo.La parte più razionale di me mi costrinse a pensare al fatto che mi aspettavano giorni di scuola pesanti ed orribili. Avrei dovuto affrontarli. Ma per il momento ero lontana da loro, e dovevo vivere al meglio quelle ore preziose.
Io ed Elizabeth trascorremmo metà mattina stese tra le sue coperte, poi lei mi trascinò letteralmente fuori di casa. Dopo una doccia veloce mi spinse nella sua auto e mi accompagnò ad un bar per fare una colazione un po' in ritardo. Non avevo fame, a colazione non mangiavo mai nulla, così mi accontentai di un caffè.
Poi girammo per negozi mano nella mano, scambiandoci qualche bacio. Nessuno attorno a noi si fermò per rimproverarci o guardare con uno sguardo orribile le nostre labbra unite, nessuno ci insultò. Ci lasciarono semplicemente in pace, com'è giusto che sia.<< Jess, ciao tesoro. Stai bene?>>
No papà, non sto bene. A scuola mi odiano, mamma non mi parla e non mi vuole vedere più, mi sento morire sempre di più.
<< Si papà, va tutto bene. Tu?>>
Il suo silenzio mi allarmò, e mi fece anche capire che sapeva che non andava tutto bene. Mi conosceva alla perfezione, sapeva riconoscere il tono della mia voce. Capiva quando dicevo una bugia o la verità. Sapevo anche che avrebbe compreso ogni cosa se solo l'avessi detta.
<< No, non va tutto bene. Dimmi la verità>> mi disse serio. Non avrei voluto ma lo feci e basta. Gli dissi come mi sentivo e cosa era successo a scuola, ma non nominai mai l'incidente con i farmaci. Quello no, l'avrei fatto morire d'infarto.
<< Tesoro mio. Mi dispiace. Ma puoi non andare a scuola per qualche giorno. Stai studiando molto ,lo so, sei brava, sicuramente i professori potranno spiegarti quello che hai perso quando tornerai, lo sai che lo fanno>> disse papà comprensivo.
Si, lo sapevo eccome. Tutti parlano male della scuola privata, pensando chissà che, pensando a cose cattive, ma forse non ne parlerebbero male se sapessero che gli insegnanti sono disponibilissimi se tu chiedi loro di rispiegarti anche cento volte la stessa nozione. Finché non ti entra in testa e sei capace di ripeterla in modo corretto, senza difficoltà.
Loro conoscono ogni singolo studente e sanno anche chi si applica e chi no. Sono onesti e sempre presenti.
<< Lo farò papà>> dissi soltanto.
<< Brava tesoro. Nel vecchio liceo ti sei distrutta andando a scuola praticante ogni giorno. Avrai fatto forse tre assenze e non è servito a nulla>>
Scoppiai a ridere. Era vero. Andavo a scuola ogni singolo giorno, studiavo come una cretina, e alla fine i professori del liceo non hanno neppure guardato la mia condotta, il fatto che fossi sempre presente, sempre. Mi hanno punita comunque. E menomale che tenevano conto dell'impegno.
Pensai ad altro per non stare male di nuovo.
Chiesi a papà come andasse a lavoro, e lui mi disse che se la cavava anche se c'erano problemi con il datore di lavoro. Non mi diede i dettagli per non farmi preoccupare. Ma sapevo che, una volta riattaccato, avrebbe iniziato a pensare, pensare fino a farsi venire il mal di testa.
Papà era come me.
Riattaccai quando mi disse che doveva tornare a lavoro. Erano le 15 e lui era in pausa. Non mi disse nulla di mamma. Ebbi voglia di chiamarla ma lei non l'aveva ancora fatto e non avevo idea di cosa dirle.
Elizabeth uscì dal bagno con un asciugamano che le copriva il corpo snello. Mi sorrise e si sedette sul letto asciugandosi i capelli. Volevo stare con lei, era bellissima.
<< Te li asciugo io? Posso?>> le chiesi. Lei annuì sorridendo, così mi alzai dalla sedia della scrivania e la raggiunsi sul letto. Mi misi in ginocchio tra le coperte poi mi sistemai alle sue spalle ed iniziai a sfilarle l'altro asciugamano, quello usato per asciugare i capelli.
Frizionai la sua nuca con l'asciugamano, poi scesi piano sul collo. La sentii sospirare pianissimo. Per i primi dieci minuti le pettinai piano i capelli per poi asciugarli con il phon, ma le mie mani finirono sulle sue spalle poco dopo. Gliele accarezzai piano, inebriata dal profumo della sua pelle. Elizabeth sospirò, più voltò la testa verso di me. Sentii le sue dita sul mio mento.
Spensi il phon per baciarla. Lei mi morse lentamente il labbro inferiore, poi si staccò da me lasciandomi sola per un momento. Si alzò dal letto, lasciò cadere l'asciugamano in terra e salì su di me. Ammirai il suo splendido corpo. Senza dire nulla Elizabeth portò le mani ai miei pantaloni, e me li sfilò assieme alle mutandine. Poi mi fece sollevare le braccia per togliermi la maglia e il reggiseno. Mi alzai piano e mi inginocchiai di nuovo, sentendo le sue mani sul mio sedere quando il suo corpo nudo aderì al mio. Spinse piano il pube contro il mio, affondando le dita nella pelle dei miei fianchi, per poi baciarmi avida. Le sue labbra scesero sul mio mento, sul collo, sul petto, mentre le unghie della dita mi graffiarono la pelle della schiena. Iniziai a gemere quando avvertii la sua lingua su di me, le sue dita sempre sul mio sedere. Me lo pizzicò piano, leccandomi. Mi sfiorai il seno gemendo, muovendo il pube al ritmo delle sue carezze, poi la sentii aumentare i movimenti. Urlai, mandando la testa all'indietro, desiderosa di essere soddisfatta, e lei mi accontentò. Mi conosceva molto bene, così si spostò sul clitoride. Venni poco dopo, mugolando, ma non me ne vergognai.
Quando Elizabeth si stese sul letto scivolai su di lei per baciarla. Mi spostai dal mento ai seni, prendendone uno tra le dita e succhiando il capezzolo. Lei ansimò, senza smettere di toccarmi i glutei. Mi alzai piano, lei anche, le sue gambe attorno ai miei fianchi, ed iniziò a muoversi quando infilai le dita in lei.
<< Ti prego>> mi implorò, spingendo il sesso contro la mia mano. Tornai a mordere il suo capezzolo, senza smettere di muovere le dita. Si stese di nuovo sul letto, colta dal piacere, e fui felice di poterle toccare il seno in tutta libertà. Mossi di più le dita, lei gridò e venne poco dopo, tremando. Smisi di leccare il suo capezzolo ed ovviamente non le lasciai modo di riprendersi perché gemette per tutto il tempo. Quando mi strinse a se dopo essersi alzata non compresi più nulla. Ci baciammo, lei mi toccò la schiena e poi il petto, leccando a sua volta il mio seno, poi mi spinse sulle coperte. Iniziò a muovere il sesso contro il mio. Io restai distesa, lei seduta. Fu intenso. Mossi il corpo contro il suo, lei fece lo stesso, mi sentii morire di piacere. Non smise di muoversi, premendo sempre più forte la vagina contro la mia, poi sentii le sue dita alle mie cosce. Le strinsi la mano ed urlai mandando la testa all'indietro, colta dal piacere.
Venni urlando, era così bello. Lei non smise di muoversi, poi la sentii stendersi sul letto e venire a sua volta.
<< Ti amo>> mi disse quando scivolai sopra di lei per baciarla.
<< Ed io amo il tuo seno>> le dissi facendola ridere.Separata da lei, tornai a pensare a quanto stavo male. Dovevo affrontare gli ultimi mesi di scuola in una classe piena di gente che mi odiava. Ero stanca, non ce la facevo più.
Quando Elizabeth uscì di pomeriggio per fare un po' di spesa, mi rifugiai in camera sua, stesa sul letto. Papà aveva ragione, dovevo stare a casa qualche giorno, ma non potevo continuare a scappare dai miei problemi. Avrei soltanto attirato su di me le malignità. I miei compagni non vedevano l'ora di vedermi crollare sotto alle loro critiche e occhiate.
Dovevo cercare la forza, e non sapevo neppure da dove iniziare.Tornammo a scuola soltanto per non perdere altre lezioni. Quella mattina mi alzai con un terribile mal di testa, poi scappai in bagno per rigettare. Mi sentivo una schifezza. Non avevo neppure la forza di alzarmi da terra. Restai immobile sul pavimento per un po', poi sentii che Elizabeth si era svegliata e per non farla preoccupare ancora di più mi alzai con uno sforzo immane. Sciacqua il viso, quel viso pallido. Lo specchio mi mostrò un paio di orribili occhiaie. Decisi di farmi una doccia, poi mi lavai anche i capelli e i denti in modo accurato, lentamente.
Tornai in camera da letto e trovai Elizabeth seduta tra le lenzuola. Indossavo ancora l'accappattoio, così mi sedetti accanto a lei e la strinsi forte.
<<Oggi è il grande giorno>> disse lei baciandomi il collo. Anziché rispondere a parole la feci stendere piano sul letto salendo sul suo corpo dopo essermi sfilata l'indumento di spugna.Scesi dalla sua auto con l'ansia. Non capivo nulla, il mio cervello si era spento. Elizabeth mi prese la mano, poi mi sistemò la bretella dello zaino che mi era scivolata dalla spalla.
La seguii in silenzio.
Superammo il cancello, poi la solita panchina dove erano seduti i ragazzi che cercai di ignorare, e entrammo a scuola. Non appena i miei occhi si posarono sula porta della classe iniziai a sudare freddo. Mi si ghiacciò il sangue nel corpo, ero gelida. Elizabeth non interruppe il suo cammino, continuò a camminare senza voltarsi. Entrammo in classe e ci sedemmo ai nostri posti, sentii gli occhi degli altri puntati sulla schiena.
Ce la potevo fare, non sarei crollata. Non avrei lasciato che mi facessero del male.Ma avevo parlato troppo presto.
Sentii una mano sulla spalla. Mi voltai e vidi James. Spalancai gli occhi. Era furioso, le pupille dilatate, come un gatto in preda all'euforia. James mi sollevò con una forza che non pensavo potesse avere, stringendo con le dita tremante ma ferree il colletto della mia maglietta. Lo guardai negli occhi e provai terrore unito a rabbia, ma non potei fare nulla, non fui in grado di reagire. Lui fu troppo veloce. Mi spinse contro il banco vuoto accanto a me, quello in cui una volta era seduto Michael. Persi l'equilibrio andando contro il mio zaino appoggiato alla gamba di ferro del tavolo. Fu tutto troppo rapido, non compresi nulla. Mi sentii mancare la terra sotto ai piedi. La mia mano mancò il banco, sentii il nulla e sentii soltanto il dolore alla testa. Avevo sbattuto a tempia sullo spigolo del banco.
Il dolore si tramutò in buio.La gif l'ho creata io. E' molto indicativa, soprattutto per quanto riguarda le immagini di Lauren ed Elizabeth in intimità, e quella finale di James. Mi serviva un James serio e ho trovato soltanto quella xD Ho dovuto ridurla altrimenti non ci stava ;(
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She's not afraid
FanfictionJess è costretta a lasciare il suo liceo per iscriversi in un istituto privato. I suoi voti bassi nelle materie scientifiche l'hanno penalizzata. Nella nuova scuola incontrerà vecchie conoscenze ma anche una compagna di classe che attira la sua atte...