Questo capitolo contiene una piccola parte erotica.
Buona lettura ❤️Il panico mi avvolse quando arrivai a casa. Non ero riuscita ad ascoltare la musica in autobus, mi ero mangiucchiata le unghie delle dita in preda ad una crisi di nervi. Con papà avevo parlato, ma sapevo che lui non aveva avvertito mamma perché non tornava mai a casa per pranzo. Non sapevo neppure da dove iniziare a parlare con lei. Mi avrebbe ammazzata.
Entrai in casa e mi tolsi il cappotto e le scarpe, poi appoggiai lo zaino sul divano in salotto. Mi incamminai in cucina con l'intenzione di bere un bicchier d'acqua, quando sussultai colta di sorpresa. Mamma era seduta su una sedia in sala da pranzo, mi guardava con il fuoco nello sguardo. Restai immobile davanti alla porta della cucina, incapace quasi di respirare.
<< Si può sapere dove accidenti sei stata ieri?>> chiese a voce bassa. Quando papà si arrabbiava con me riuscivo a resistere e a non crollare in un pianto disperato, perché lo conosco e so che per farlo calmare devo soltanto dargli ragione. Ma quando è mamma ad arrabbiarsi, la paura mi immobilizza. Non riesco mai a stare nella stessa stanza con lei quando è arrabbiata. Adesso vorrei scappare ma non posso, devo restare ed affrontarla.
<<Sono stata al cinema con Michael>> iniziai << il film è finito tardi e...>>
<< E cosa?>> chiese senza scomporsi. Deglutii a disagio.
<<Siamo rimasti a mangiare fuori e poi... Era troppo tardi per tornare a casa e lui mi ha chiesto di restare a dormire da lui. Sono rimasta sul divano>> sottolineai. Bugie su bugie. Mamma non si mosse dalla sedia, si limitò a guardarmi con lo sguardo serio. Restò in silenzio per qualche minuto poi si alzò dalla sedia.
<< E perché non mi hai telefonato?>>
<< Perché me ne sono dimenticata mamma>> dissi con un filo di voce. Questa volta stavo dicendo la verità. Lei si avvicinò a me, temetti che volesse darmi uno schiaffo, ma mi guardò negli occhi e sospirò.
<< Mi hai fatto venire un infarto Jessica. Ero in pensiero, tu non rispondevi al cellulare. Stavo per morire dalla paura. Non ho chiuso occhio, ho fatto impazzire tuo padre. Volevo chiamare la polizia, poi lui mi ha detto che lo avevi chiamato e che stavi bene. Non farlo mai più, te ne prego>>
La guardai negli occhi, ora lucidi e pieni di lacrime, poi lei mi abbracciò forte togliendomi il respiro. Mi aggrappai alle sue spalle, chiusi gli occhi ed iniziai a piangere. Lei mi accarezzò i capelli, stringendomi più forte a se e sussurrandomi che mi voleva bene. Chiesi perdono a Dio per tutte le bugie che le avevo detto.Marzo arrivò in un baleno. Mi sentivo sempre più in ansia e dormivo pochissimo. Le cicatrici aumentarono, era l'unico modo che avevo per sopravvivere. Elizabeth trascorreva interi pomeriggi a studiare quando non ci vedevamo, e nei giorni in cui mamma lavorava anche al pomeriggio stavamo assieme il più possibile. Era sempre così seria a scuola, ma quando eravamo soltanto io e lei tornava ad essere dolce e sensuale.
Una sera mi invitò ad uscire, per spezzare un po' la monotonia. Non avevo idea di cosa dire a mamma e a papà, non volevo nominare sempre e solo Michael, così dissi loro la verità. Che sarei uscita con una mia compagnia di classe. Loro non fecero domande, furono soltanto felici che uscissi un po'. Odiavo continuare a far finta di non parlare più con Elizabeth per non far arrabbiare mamma.
Io e la bellissima ragazza dai capelli castani ci incontrammo in un bar. Lei indossava un paio di jeans chiari ed una camicetta bianca sotto al lungo cappotto. Quando se lo sfilò mi soffermai a guardarla estasiata, così lei appoggiò la mano sul tavolo e gliela accarezzai piano, guardandola negli occhi.
<<Che c'è?>> mi chiese sorridendo, arrossendo lievemente.
<< Niente, sono solo così fortunata ad averti>> risposi disegnando cerchi sul palmo della sua mano con le dita. Elizabeth rise di cuore, allungando la mano libera verso di me, poi mi carezzò la guancia.
<< No, io sono fortunata ad avere te. Sei così importante per me>> disse seria. Sentirmi dire quelle bellissime parole mi fece esplodere il cuore, mi tolse il fiato, e non potei fare altro che sorridere.
Trascorremmo la serata bevendo qualcosa, poi uscimmo per recarci in un altro locale dove ballammo strette l'una all'altra. Elizabeth non smise un attimo di accarezzarmi le gambe, di baciarmi, di sussurrarmi cose all'orecchio. Mi baciò a lungo, senza staccarsi da me, infischiandosene della gente attorno a noi, ma tutti erano felici, anche un po' brilli, e non fecero caso a noi.
<< Vorrei che venissi da me>> mi disse portando le mani al mio sedere. Le sorrisi arrossendo.
<< Abbiamo un po' di tempo, ma poi devo tornare a casa>>
<< No, non intendevo questo. Vorrei che ti trasferissi da me>> disse seria. La guardai negli occhi confusa. Avevo sentito davvero? Voleva che andassi a stare da lei?
<< Si, sono seria>> disse lei ridendo quando notò il mio sguardo << voglio che tu venga a stare da me. Voglio dormire con te, svegliarmi con te, guardare la tv con te. Io ti amo Jess>>
Quelle parole mi fecero uscire di testa. La guardai in quei bellissimi occhi azzurri e la baciai, facendola gemere, cogliendola di sorpresa. Non sapevo che cosa dirle, ero così euforica. Dovevo rispondere e dirle qualcosa, ma non trovavo le parole. Elizabeth non aggiunse altro, come sempre mi comprese e si limitò a baciarmi, continuando a ballare con me. Sapeva che mi serviva del tempo.
Volevo stare con lei, ma dovevo affrontare i miei genitori. Non avevo idea di come fare a parlarne con loro.

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She's not afraid
Fiksyen PeminatJess è costretta a lasciare il suo liceo per iscriversi in un istituto privato. I suoi voti bassi nelle materie scientifiche l'hanno penalizzata. Nella nuova scuola incontrerà vecchie conoscenze ma anche una compagna di classe che attira la sua atte...